lunedì 7 gennaio 2002

 

 CULTURA

Un medico dalla parte dei poveri
Le virtù e le miserie della cooperazione internazionale
Eduardo Missoni racconta la sua esperienza in Nicaragua
Indice puntato contro i limiti dell'azione del ministero degli Esteri

di Emanuele Giordana

Prima enfant prodige, poi enfant terrible, Eduardo Missoni, qualifica di esperto responsabile delle iniziative di cooperazione socio-sanitaria in America Latina e in parte dell'Africa subsahariana, riflette bene le difficoltà in cui si dibatte il Dipartimento per la cooperazione del ministero degli Esteri.
L'occasione per parlarne, è un libro che Missoni ha scritto per l'editore Borla, in cui ricorda le sue esperienze di volontario in Nicaragua: formazione cattolica, generazione sessantottina, Missoni è tra i tanti volontari che vanno a fare il medico in America Latina, quando nel continente si apre la promessa (tradita) di una rivoluzione socialista che soppianti una delle più spietate dittature del Centramerica. Sono gli anni della «guerra di bassa intensità» nel Salvador, delle efferatezze militari in Guatemala e dei bagliori di speranza che si aprono nel Nicaragua sandinista. Tra promesse deluse e una voglia che non si assopisce di fare comunque bene il proprio lavoro, Missoni passa indenne tra i due capitoli - rivoluzionario e post rivoluzionario del Nicaragua. E, tutto sommato, ne esce, anziché depresso, forse con maggior voglia di fare.
Ma il suo libro è anche una riflessione su quello che l'Occidente, sotto i nomi di cooperazione, volontariato, solidarietà, va a fare nei Paesi in via di sviluppo. E l'attualità del suo racconto, che altrimenti rischierebbe di essere soltanto una rassegna di emozioni passate, sta proprio nel ruolo che gioca oggi la cooperazione internazionale.
Forse proprio per la sua passione nel lavoro di cooperante, Eduardo è finito spesso nel mirino dell'Amministrazione, che tra richiami e pressioni, ha mal digerito le sue denunce, ultima delle quali, quella veicolata su alcuni settimanali al tempo del G8 di Genova. Missoni, cui era stato affidato il compito scrivere le linee guida italiane in materia di sanità, si vede sul più bello «scippare» il dossier da chi sa poco o nulla di sanità. E lo scippo delle competenze tecniche, sacrificate per altri scopi, sembra oggi essere il modo in cui si muove, o meglio annega, la cooperazione italiana. Trascurata dal ministro Ruggiero, che aveva ben altro cui pensare, abbandonato a se stessa, il Dipartimento ha finito per essere un ente di finanziamento delle Nazioni Unite; rinunciando a diventare uno strumento in prima persona del Paese e delegando l'azione a chi non rischia di farci fare figuracce (brucia ancora l'inchiesta giudiziaria degli anni '90, che alla fine si concluse in un nulla di fatto).
Medico, specialista in medicina tropicale (un master alla London School of Hygiene and Tropical Medicine), Eduardo non ha disdegnato nemmeno un ingresso in politica, quando si schierò contro Gianfranco Fini, durante le elezioni a Roma. La sua carriera di enfant prodige-terrible, gli ha ben meritato quello che, nella prefazione, Isabel Allende, dice di lui. Di Missoni, la colpì la «forte vocazione di medico e di servitore pubblico, che lo portavano a donarsi completamente nelle comunità più povere del Chiapas e di Guerrero, per dedicarsi nei fine settimana ancora all'assistenza medica in un quartiere della cintura di miseria della capitale messicana... Quando conosco dei professionisti con tale livello di impegno, non posso fare a meno di ricordare mio padre Salvador Allende e la sua dedizione ai poveri».