sabato 27 aprile 2002    
 CULTURA
 


Un coinvolgimento pieno nelle vicende di un paese che voleva liberarsi
Il mitra del medico cattolico
Sotto un motto che univa cristianesimo e ribellione

b. c.

Alto, magro, barba, occhiali. Sposato con la cilena Maria Ines Bussi, nipote di Salvador Allende. Ha 47 anni. Medico, specializzato in medicina tropicale all'Università La Sapienza di Roma, ha studiato anche alla London School of Hygiene and Tropical Medicine.
Dal 1987 è responsabile delle iniziative di cooperazione al Ministero degli Affari Esteri. Nei primi anni Ottanta, ha operato come medico volontario, esperto di malattie tropicali, in Nicaragua durante la rivoluzione sandinista.
Ha scritto un libro, «Misa Campesiña», che racconta quell'esperienza; qualche giorno fa lo ha presentato nell'aula magna della facoltà di Medicina di Sassari.
- Ci si aspetta un libro che parli di malattie e miseria, invece i protagonisti sono le persone, le loro storie. C'è la storia di un paese in piena rivoluzione. C'è il racconto di tanti viaggi sui vecchi e sovraffollati pullman Blue bird, di tutti i colori, che gli americani avevano venduto in tutta l'America latina.
«La nostra attività di medici non poteva non confrontarsi con la realtà che ci stava intorno. Io non ho fatto il militare, ma durante la rivoluzione ho dovuto anch'io imbracciare il fucile la notte e fare il mio turno di vigilancia revolucionaria, per difendere l'ospedale dove di giorno lavoravo. Ricordo che una notte il vecchio guardiano dell'ospedale, Nicanor, mi disse, indicando dei puntini luminosi che si accendevano a momenti spostandosi lungo il fianco della montagna: "A quest'ora i contadini dormono; quelli probabilmente sono contras... bisogna stare in guardia". In quelle notti stringevo il Garand e ascoltavo il buio. Su quei pullman solo due anni prima la gente viaggiava senza rivolgersi nemmeno una parola, si guardava intorno con sospetto e paura: era la dittatura. Ora la gente protestava contro "La Prensa", il giornale conservatore dell'opposizione; protestava contro gli Stati Uniti, che avevano tagliato le forniture; ma protestava anche contro il bigliettaio del pullman che pretendeva il prezzo del biglietto da un bambino. Il motto della rivoluzione era: "Entre cristianismo y revoluciòn no hay contraddicion"».
- È anche il titolo di un paragrafo del libro.
«Il messaggio della trasformazione sociale è insito nel cristianesimo, nella nostra fede; la parola detta l'etica quotidiana. C'erano molti cristiani fra i martiri della rivoluzione, quattro preti ministri partecipano al governo sandinista; la partecipazione attiva dei cristiani ha rappresentato la garanzia contro le deviazioni totalitarie, tipiche delle rivoluzioni precedenti. Questo rappresenta l'aspetto più originale e innovativo della rivoluzione nicaraguense. Il fatto che la Conferenza episcopale nicaraguense fosse contraria a questo movimento, apparve chiaramente quando chiese ai preti ministri di abbandonare l'attività politica; ciò denota il carattere fortemente popolare della rivoluzione.
- Recentemente è stato presentato un progetto per costruire le reti in alcuni paesi in via di sviluppo: Mozambico, Nigeria, Tunisia, Egitto e Albania. È questa la soluzione migliore per eliminare la fame e le malattie che affliggono quei popoli?
«Gli stati sviluppati continuano a pensare che i problemi dei paesi non sviluppati possano essere risolti esportando modelli, culture e soluzioni proprie. È lo stesso discorso che faceva Truman nel 1944: "Dobbiamo aiutare i paesi sottosviluppati ad essere sviluppati come noi". La crescita economica si può ottenere sia costruendo carri armati che pozzi per l'acqua potabile; la costruzione delle reti avrà senz'altro aspetti positivi, ma a quella gente manca ancora una casa, l'acqua, il cibo e l'alfabetizzazione. Sento regolarmente parlare di Telemedicina, operazioni a distanza, tutto ciò è molto suggestivo, ma sono cose che in realtà per la medicina in se non rappresentano nessun progresso. Mi chiedo chi utilizzerà, ma soprattutto chi riparerà quelle tecnologie; e poi serviranno veramente?»
- Dopo le dimissioni da presidente del gruppo degli esperti sanitari del G8, la sua attività alla Direzione generale per la cooperazione e lo sviluppo del ministero degli esteri ha subito contraccolpi?
«Mi sono stati tolti progetti e la facoltà di firmarli. Un'umiliazione. Sono stato isolato ed emarginato, non dai colleghi, con i quali peraltro mantengo un buon rapporto di collaborazione. Ho subito invece un boicottaggio dagli organi di governo, un mobbing dall'alto».