sabato 27 aprile 2002    
 CULTURA
 




Eduardo Missoni racconta la sua esperienza di medico volontario nel Nicaragua sandinista
Dieci anni e morì la speranza
Il gioco che copre gli affari delle multinazionali
Si è dimesso dalla presidenza del gruppo per la sanità del G8 dopo aver constatato che anche l'Italia rinunciava agli impegni

di Battista Careddu

Con una donazione di 500mila dollari (pari al profitto che la Glaxo-Smith Kline realizza in mezz'ora), una multinazionale dell'industria farmaceutica conquisterebbe il diritto di partecipare alle decisioni sulla gestione delle risorse che gli stati devolvono per i progetti nei paesi in via di sviluppo. È un gioco al quale Eduardo Missoni, che coordina il gruppo di esperti sanitari del G8, non si può prestare, ma le sue istanze si infrangono contro un muro di indifferenza; è utilizzato come paravento per un'operazione vergognosa; il 19 aprile 2001 si dimette da presidente del gruppo sanità del G8. Un affare che chi ha lavorato per anni in Nicaragua e ha visto bambini morire di diarrea, perché manca l'acqua pulita, non può coprire. Nei giorni scorsi Missoni ha presentato a Sassari il suo libro «Misa Campesiña».
«Il libro è nato quando sono tornato in Nicaragua quindici anni dopo - spiega l'autore - e ho visto che il progetto di costruire, in quel paese, una società equa, giusta, libera per tutti, era stato interrotto, spezzato, deluso. Il Nicaragua era un paese rivoluzionario, in fermento, in cui persone che venivano da ogni parte del mondo, canadesi, argentini, tedeschi, cileni, italiani, avevano un progetto comune: costruire la società nuova, libera, dell'uomo biblico. Quindici anni dopo tutto è tristezza, frustrazione e amarezza, tutto quello che era stato costruito è perso; il nuovo governo vuole cancellare anche il ricordo di quel periodo: "La decada perdida" si dice, dieci anni persi. Quelli che per noi erano stati i dieci anni della speranza e dell'entusiasmo». Esperienze, progetti e modalità per l'azione che Eduardo Missoni racconta ad una platea di studenti universitari, professori e volontari della cooperazione: «Bisogna insegnare all'università che si può condividere la costruzione del mondo; l'università, oggi come ieri, non forma ad essere medico; io sono d'accordo con quanto sosteneva, qualche anno fa, Giulio Maccacaro, che per capire come la gente si ammala bisogna andare nelle fabbriche».
Nell'introduzione, il presidente del Sis Rosario Musmeci, ha descritto il libro come una storia di persone: Ramòn, Doña Armidia, Fulgenzio: «Persone che tu pensi di aiutare - risponde Eduardo Missoni - ma che in cambio ti danno molto più di quanto ricevono».
È la storia di Ernesto Cardenal, un prete che il Papa non seppe riconoscere come ministro della chiesa, lui che era anche ministro del governo del governo sandinista; ma è anche la storia delle crociate per l'alfabetizzazione e l'educazione delle persone, delle giornate popolari della salute, di una rivoluzione vista dalla parte di quella gente che spera nella società nuova. «In questi ultimi vent'anni, cosa è cambiato - chiede Rosario Musmeci - e cosa hanno prodotto le politiche per l'assistenza ai paesi poveri: il numero delle persone che vivono con meno di due dollari al giorno è cresciuto del 50%, sono due miliardi e mezzo di persone che corrispondono al 40% della popolazione mondiale».
«L'organizzazione internazionale - risponde Eduardo Missoni - che aveva proposto "Salute per tutti entro l'anno 2000", al volgere del millennio ha cambiato slogan, "Salute per tutti nel Ventunesimo secolo". È sbagliato il modello di sviluppo che è perseguito dagli stati. È stato identificato come parametro di sviluppo la crescita economica, in realtà anche recenti studi hanno dimostrato che non basta essere ricchi perché un paese possa essere definito sviluppato, bisogna vedere come la ricchezza si distribuisce. Io sostengo che il migliore indicatore di sviluppo potrebbe essere la salute. Se il miglior indicatore di povertà sono i bambini che muoiono per la diarrea, inversamente il miglior indicatore di sviluppo è la salute, ma tutte le politiche finora adottate dagli stati sono orientate a conseguire sviluppo economico e che l'economia fosse sana. "Della salute dei cittadini non ce ne importa nulla" hanno detto gli organismi finanziari internazionali».
Nel dibattito seguito alla presentazione sono emerse le differenti prospettive entro cui si muove la cooperazione internazionale. L'obiettivo, qualche tempo fa poteva essere quello di mantenere il paese in via di sviluppo dentro la propria sfera di influenza. Oggi con la fine della contrapposizione dei due blocchi Russia, America, le prospettive sono cambiate, gli obiettivi di destinare ai paesi in via di sviluppo risorse pari allo 0.7% del Pil rimangono sulla carta. «In media - spiega Eduardo Missoni - gli aiuti arrivano allo 0.2% del Pil; l'Italia corrisponde lo 0.13%; la nazione più sviluppata al mondo, gli Stati Uniti, fa ancora peggio dell'Italia, che è gia agli ultimi posti della graduatoria. Le Nazioni Unite sono forse il migliore strumento di governo di cui disponiamo; ultimamente si voleva costituire un Fondo mondiale per la salute, e affidare la gestione delle risorse ad un comitato esterno, di cui potevano far parte quelle stesse multinazionali farmaceutiche che sulle malattie ci speculano. Si volevano spogliare le Nazioni Unite delle prerogative di decisione sulla gestione delle risorse del Fondo: l'Italia era d'accordo per questo mi sono dimesso dalla presidenza del gruppo sanità del G8».