"Faccio del mio meglio per lasciare il mondo un po' migliore di come l'ho trovato" – "I am doing my best to leave the world a little better than I found it" – "Hago lo que de mi dependa para dejar el mundo un poco mejor"
Ho fatto il presepe anche quest’anno con le stesse figurine di gesso con cui lo allestivo da bambino. Quando ho messo il Bambino “avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia”, ho sentito freddo, il freddo dell’Umanità travolta dall’odio e la violenza del potere e del denaro di cui è stata resa avida. Il freddo della guerra, di tutte le guerre. Il freddo della Natura martoriata e saccheggiata. Il freddo della sofferenza. Allora ho coperto il Bambino con una copertina di solidarietà con la sua terra e il suo popolo, oggi però simbolo di solidarietà con tutta l’umanità sofferente. Quel Bambino nato povero in Palestina ieri come oggi, ci chiede pace e giustizia.
Pace per l’umanità, Pace con la Natura, Pace nei nostri cuori.
Credo nella fondamentale importanza di un Movimento Scout e Guide unito a livello mondiale capace davvero di costruire un mondo migliore, almeno “un po’ migliore di come lo abbiamo trovato”.
Come sa chi mi segue anche solo occasionalmente sulle reti sociali sul tema della pedagogia e dell’organizzazione dello Scautismo ho riflettuto con il mio amico e fratello Scout Dominique Bénard, trasferendo poi i risultati di quella riflessione nel libro Dialogo sullo Scautismo. Pedagogia e Organizzazione.
Parte di quella riflessione faceva riferimento alla frammentazione del Movimento Scout, in molti paesi come a livello mondiale.
Oggi in Italia esistono almeno un centinaio di associazioni Scout, persino con diversi riferimenti a livello internazionale; a volte sembra difficile riconoscere che si tratti di un solo Movimento. Questi innumerevoli frammenti sono impegnati ad affermare e caratterizzare ognuno la propria forma, piuttosto che la sostanza che le unisce.
Al contrario,valorizzare la diversità, nella costruzione di un Movimento unitario non può che tradursi in un vicendevole arricchimento, invece di accentuare la divisione.
Si sente forte la necessità di una iniziativa che vada in quella direzione.
Con un gruppo di sorelle e fratelli Scout che, indipendentemente dalla loro provenienza associativa, attraverso la Promessa e la Legge Scout si riconoscono parte di un solo grande Movimento educativo mondiale, interculturale, interconfessionale e intergenerazionale, ci siamo impegnati ad avviare, a livello nazionale, lo sviluppo di un nuovo modello organizzativo in grado di realizzare e garantire nel tempo l’unità dello Scautismo e superando l’attuale frammentazione.
Un nuovo modellooperativo che, nella condivisione dei valori e del Metodo Scout, incoraggi e favorisca l’unità nel rispetto della libertà di espressione di ciascuno e delle scelte rispondenti al proprio contesto locale e alla propria comunità di appartenenza.
Per costruire un simile modello proponiamo di ritrovarci intorno ad un ideale Fuoco dello Scautismo italiano, un cerchio ideale in cui ritrovarci come sorelle e fratelli Scout che come tali dialogano e si esprimono non solo rispettando le differenze culturali, religiose, locali, ma disposti ad imparare gli uni dagli altri, in atteggiamento di sincero ed attivo ascolto di esperienze e punti di vista diversi. Un dialogo costruttivo fondato sul riconoscimento di pari dignità; su processi decisionali che coinvolgano in modo appropiato giovani adulti e anziani “giovani” di tutte le età; sulla partecipazione attiva e cooperativa per la costruzione condivisa delle soluzioni ed il rispetto delle minoranze.
Immaginiamo un Movimento Scout indipendente da ogni condizionamento da parte di forze economiche e ideologie politiche o religiose, impegnato piuttosto nella costruzione della pacifica convivenza tra i popoli e l’armonia con la Natura e il Pianeta.
Crediamo che un “mondo migliore” può derivare solo da uno slancio ideale e da un’azione costante. Uno sforzo ispirato ai valori e all’etica Scout, a cui ci siamo impegnati con la Promessa, ma che deve tradursi progressivamente – attraverso il gioco, l’avventura e il servizio – in una consapevolezza adulta e in un confronto individuale e collettivo con le sfide della vita e del mondo.
Ecco dunque la proposta: un primo appuntamento il 23, 24 e 25 maggio 2025 per accendere insieme il Fuoco dello Scautismo italiano, e avviare un processo che speriamo ci permetta di fare molta Strada insieme, parafrasando B.-P., per ricostruire l’idea, l’ideale e il Movimento ed evitare che resti solo un’organizzazione, o peggio un puzzle di decine o centinaia di organizzazioni. Per amggiori informazioni e partecipare clicca QUI
As I have repeatedly emphasized, including in my most recent public speech at the event organised in Rome by the Independent Medical-Scientific Commission, the main reason for not trusting the WHO – in particular with regard to the indications for pandemic management – is the ‘capture’ of that organization by private actors and interests, through complex but well-designed mechanisms, according to a ‘multi stakeholder’ approach, which insists on the involvement of private actors in the governance of public health and, more generally, of global policies.
Under the impetus of Big Pharma and closely linked philanthrocapitalists, for years we have witnessed a growing trend in the WHO, towards a commodified and centralized approach to responding to epidemics, which seems to have lost sight of any emphasis on the determinants of health, primary care and community participation that characterized the golden years of that organization.
Since the 1980s, WHO’s regular budget (made up of compulsory contributions from member states) has been frozen; by now, the organization’s priorities and functioning are largely determined by the objectives to which public and private actors link their voluntary contributions. Even if these are still largely of governmental or intergovernmental origin, and thus made up of public funds, they nevertheless constitute one of the main, visible and quantifiable instruments of ‘capture’ of the WHO by a few private entities, first and foremost the Bill and Melinda Gates Foundation, second only to the United States of America in terms of WHO funding. The other instruments of ‘capture’ are less visible, but systemic: control of research, influence over human resources, control of the media, support for multi-stakeholder initiatives that marginalize the WHO, lobbying at all levels; not to mention less visible corrupt dynamics.
Now the WHO seems very anxious to ensure that the next World Health Assembly (27 May – 1 June) approves a new ‘pandemic treaty’ and a package of amendments to the existing International Health Regulations (IHR 2005), without the final version of the texts to be approved being available yet. This alone breaks the binding rules set out in the IHR 2005, which states in Article 55 that “The text of any proposed amendment shall be communicated to all States Parties by the Director-General at least four months before the Health Assembly at which it is proposed for consideration.“
Even to think of passing any international agreement without having submitted it to the States Parties in due time is at least heresy in the context of international proceedings. I remember how at practically every WHO meeting the delegates protested at the poor advance notice with which certain documents were circulated. And these were often technical documents of limited relevance when compared to the ones that are the subject of this analysis!
The amended text of the IHR only appeared on the web on 17 April (A/WGIHR/8 ), for the first time since 6 February 2023, after fourteen months of negotiations behind essentially closed doors. The latest draft of the pandemic treaty circulated on 22 April (A/INB/9/3 Rev.1). In both cases, it would appear that many of the critical points we had highlighted with the CMSI in October have been revised. Nevertheless, a careful analysis of the new versions of the documents still suggests the inappropriateness of their hasty approval; there is no reason why they should be approved at the next World Assembly, other than the quest for political visibility of a ‘historic event’ and the likely pressure of different interests.
Thus, the first reason to reject both instruments is precisely that pressure exerted on governments and public opinion for their hasty approval in the face of the persistent lack of consensus among the negotiators and the poor definition of several aspects, in effect postponed to future decisions once the treaty has been approved (‘the cat in a hurry makes the kitten blind’, goes an old Italian saying).
The pandemic Treaty
It may be worth recalling that the proposal for a pandemic treaty did not come from the WHO secretariat or its Director-General, but was first put forward by the President of the European Commission, Charles Michel, in 2020 and incorporated in the subsequent declaration of the leaders of the Group of 7 on 19 February 2021, and finally translated into the EU Council’s commitment to work on an international pandemic treaty within the framework of the WHO.
Like us, several authors have long insisted on its futility in the absence of a legal vacuum to justify it. In fact, there is the 2005 IHR, which is an equally binding instrument, the refinement of which could be justified if based on an impartial analysis of the evidence, point by point, of what has not worked so far (but the current process follows another logic and in any case the time is not ripe).
The Treaty would be an entirely new instrument, with complex implementation: with the establishment of new and costly governing bodies (Conference of the Parties, COP) and subsidiary bodies (Art. 21); an increase in bureaucracy, functions and costs of the WHO itself, which would function as a secretariat (Art. 24 ), with new financial mechanisms, all to be defined later (art. 20); a repeated call for the involvement of multiple stakeholders, which it is not difficult to identify mainly in industry, not least because of the Treaty text’s insistence on pandemic products and their development, production and distribution.
Dubbed as ‘scientific, health and pandemic literacy’ and access to ‘transparent, accurate, science- and evidence-based information’ to be reinforced by the Parties (Art. 18), there may still be a desire to censor any expression of dissent or evidence that challenges the official narrative.
But among the negotiators, these issues seem to be of no concern. Rather, the main controversies still revolve around the issue of equity in the distribution of costs and benefits between high-income and poorer countries. Particularly with regard to access to pathogens isolated in countries; access to pandemic products, such as vaccines produced from the genetic sequences of those pathogens; the equitable distribution not only of pandemic tests, treatments and vaccines, but also of the means to produce them, and hence the funding. But the treatment of some of those controversial issues – in particular the modalities for the functioning of a new WHO system for access to pathogens and the benefits derived from them (Pathogen Access and Benefit-Sharing System, PABS) – is postponed until after the approval of the treaty (to 2026) (Art. 12). Similarly, for the definition of the operational modalities of the One Health approach, it is postponed to the elaboration of an instrument that is linked to the requirements of the IHR and should become operational in 2026 (Art. 5).
In order to dispel the doubts, raised by several parties, that the Treaty was intended to take health sovereignty away from states and give it to the WHO, the negotiators took care to include the phrase in the text: “Nothing in the WHO Pandemic Agreement shall be interpreted as providing the WHO Secretariat, including the WHO Director-General, any authority to direct, order, alter or otherwise prescribe the national and/or domestic laws, as appropriate, or policies of any Party, or to mandate or otherwise impose any requirements that Parties take specific actions, such as ban or accept travellers, impose vaccination mandates or therapeutic or diagnostic measures or implement lockdowns“(art. 24).
In fact, instead of strengthening the WHO – which instead retains responsibility for IHR implementation – the Treaty would increase the fragmentation of pandemic preparedness and response in an already highly fragmented global health governance framework.
The amendments to the IHR 2005
But let us come to the reasons why the current proposed amendments to the 2005 CSRs should also be rejected. The first reason is still the unjustifiable haste to approve an instrument that is still under discussion, and the already mentioned intention to present it through a subterfuge in violation of the already mentioned rule of those same Regulations that requires its presentation four months in advance (Art. 55).
Even in this case, the passages that had caused most concern were removed or modified with the probable intention of making them more digestible to the most critical observers. For example, the amendment deleting the ‘non-binding‘ was removed to make the implementation of WHO recommendations mandatory (a contradiction in terms, moreover) (Art. 1). Similarly, the outrageous amendment that sought to delete the reference to ‘full respect for the dignity, human rights and fundamental freedoms of persons‘ from the principles, adding instead the reference to a shared duty of ‘equity and solidarity between States‘ (Art. 3), was deleted. It is worth remembering that for the Italian Republic, solidarity is an ‘unbreakable duty‘ (Art. 2 of the Constitution).
Among our comments on the old draft, we pointed out the danger of replacing ‘intergovernmental organizations‘ among the recipients of WHO information with a more generic ‘international organizations’, justifying our objection with the generic nature of the term that could include private organizations (global philanthropies, international NGOs, public-private organizations), which are neither signatories nor directly subject to the IHR. Unfortunately, the concern remains: ‘intergovernmental organizations‘ has been replaced with ‘international bodies‘, which equally lends itself to various interpretations, again with a view to the deleterious multistakeholderism that some would like to see as a new form of global governance.
The amendments to Article 13, which provided for stricter conditions for the ceding of sovereignty by member states, have also been largely removed. However, what was a ‘should‘ is still amended into a ‘shall‘ and thus into the obligation of Member States to provide, at the request of the WHO, ‘support for response activities coordinated by the WHO‘ and this ‘to the maximum extent possible within the means and resources at their disposal‘ (para. 5, Art. 13). This aspect is taken up again a little later (para.7, Art.13) where it recalls the ‘duty‘ of States Parties, at the request of other States Parties or the WHO, to ‘cooperate with each other and support WHO-coordinated response activities‘ ‘to the maximum extent possible within the national laws and available resources.“
Much attenuated, but not disappeared (now in Annex 1) are the calls for strengthening at different levels (national, intermediate and local) the capacities of States Parties including to “counter misinformation and disinformation“.
Facilitating access to ‘health commodities’ (the Treaty speaks of ‘pandemic’ commodities, but IHRs were created to deal with all kinds of health emergencies – including, for example, those resulting from conflict or nuclear disasters – and so the term used is necessarily more inclusive) is included in several places in the draft amendments. Such access – which then means facilitating the development, purchase and distribution of products – should provide for mechanisms coordinated by the WHO (Art. 44). But we know, from the experience of the Covid 19 pandemic, how that role has been entirely secondary, with mechanisms (e.g. COVAX) directed by public-private organization such as the GAVI Alliance and the CEPI, which in turn are strongly influenced by the commercial sector and the known philanthrocapitalists.
Finally, with regard to financial support for health emergency preparedness and response activities, an articulated amendment indicates the duty of States Parties to mobilize resources also through ‘existing and future bilateral, sub-regional, regional and multilateral funding mechanisms‘; in particular ‘through coordination and/or funding mechanisms that may be established in future International Agreements related to pandemic prevention, preparedness and response‘ (Art. 44). This is in fact the link to the pandemic treaty, and to financial mechanisms whose definition has been postponed until after the treaty’s approval.
So why the rush? Better to stop and think. On the other hand, it is not the binding instruments already available – in particular the IHR 2005 – that have not worked in dealing with the Covid 19 pandemic. Rather, the rules that the IHR enshrine have not been respected and the unwritten rules of geopolitical and private interests at all levels of the global system have prevailed.
Sotto la spinta di Big Pharma e di filantrocapitalisti ad essa strettamente collegati, da anni assistiamo ad una crescente tendenza dell’OMS, ad un approccio mercificato e centralizzato nella risposta alle epidemie, che sembra aver perso di vista ogni enfasi sui determinanti della salute, le cure primarie e la partecipazione comunitaria che hanno caratterizato gli anni d’oro di quella Organizzazione.
Dagli anni 1980 il bilancio regolare dell’OMS (formato dai contributi obbligatori degli Stati Membri) è congelato; ormai, priorità e funzionamento dell’Organizzazione sono determinati in massima parte dagli obiettivi cui attori pubblici e privati vincolano i propri contributi volontari. Anche questi sono ancora in massima parte di origine governativa o intergovernativa, e quindi costituiti da fondi pubblici, cionondimeno costituiscono uno dei principali, visibili e quantificabili, strumenti di “cattura” dell’OMS da parte di poche entità private, prima fra tutte la Fondazione Bill e Melinda Gates, seconda solo agli Stati Uniti d’America in quanto a finanziamento dell’OMS. Gli altri strumenti di “cattura” sono meno visibili, ma sistemici: controllo della ricerca, influenza sulle risorse umane, controllo dei media, sostegno a iniziative multistakeholder che marginalizzano l’OMS, lobby a tutti i livelli; senza parlare di meno visibili dinamiche corruttive.
Ora l’OMS sembra molto preoccupata di assicurare che la prossima Assemblea Mondiale della Sanità (27 maggio – 1 giugno) approvi un nuovo “Trattato pandemico” e un pacchetto di emendamenti ai vigenti Regolamenti di Sanità Internazionale (RSI 2005), senza peraltro che i testi da approvare siano ancora disponibili in versione finale. Già questo, infrange le regole vincolanti previste dagli RSI 2005, che all’articolo 55 prevede che “Il testo di ogni proposta di emendamento dovrà essere comunicato a tutti gli Stati Parte dal Direttore Generale almeno quattro mesi prima dell’Assemblea della Salute in cui viene posto in discussione.”
Anche pensare di far approvare un qualsiasi accordo internazionale senza averlo presentato con debito anticipo agli Stati membri è quanto meno un’eresia nell’ambito dei procedimenti internazionali. Ricordo come praticamente ad ogni riunione dell’OMS i delegati protestavano per lo scarso anticipo con cui alcuni documenti erano stati fatti circolare. E si trattava spesso di documenti tecnici di limitata rilevanza se confrontati con quelli oggetto di questa analisi!.
Il testo emendato dei RSI è apparso in rete solo il 17 aprile u.s. (A/WGIHR/8 ), per la prima volta dal 6 febbraio del 2023, dopo quattordici mesi di negoziati a porte sostanzialmente chiuse. L’ultima bozza del Trattato pandemico è circolata il 22 aprile (A/INB/9/3 Rev.1). In entrambi i casi sembrerebbe che molti dei punti critici che con la CMSI avevamo evidenziato in ottobre siano stati rivisti. Purtuttavia, an accurata analisi delle nuove versioni dei documenti suggerisce ancora l’inopportunità di una loro affrettata approvazione; non c’è nessuna ragione che obblighi ad approvarli alla prossima Assemblea Mondiale, se non la ricerca di visibilità politica di un “evento storico” e la probabile pressione di interessi diversi.
Quindi il primo motivo per rigettare entrambi gli strumenti è proprio quella pressione esercitata su governi e opinione pubblica per una loro affrettata approvazione di fronte alla persistente mancanza di consenso tra i negoziatori e la scarsa definizione di diversi aspetti, in effetti rimandata a future decisioni a Trattato approvato (“la gatta frettolosa fa i gattini ciechi”, recita un antico proverbio).
Il Trattato pandemico
A scanso di equivoci, è bene ricordare che la proposta di un Trattato pandemico, non viene dal segretariato dell’OMS o dal suo Direttore Generale, ma fu avanzata per la prima volta dal Presidente della Commissione Europea, Charles Michel, nel 2020 e integrata nella successiva dichiarazione dei leader del Gruppo dei 7 del 19 febbraio 2021, e finalmente tradotta nell’impegno assunto dal Consiglio dell’UE a lavorare su un trattato internazionale sulle pandemie nel quadro dell’OMS.
Come noi, diversi autori insistono da tempo sulla sua inutilità in assenza di un vuoto giuridico che lo giustifichi. Infatti esistono i RSI 2005, che sono uno strumento parimenti vincolante, il cui perfezionamento potrebbe essere giustificato se basato su di un’analisi imparziale sulle prove, punto per punto, di cosa non ha funzionato fin qui (ma il processo attuale segue altre logiche e comunque i tempi non sono maturi).
Il Trattato, costituirebbe uno strumento del tutto nuovo, di complessa attuazione: con l’istituzione di nuovi e costosi organi di direzione (Conferenza delle Parti, COP) e organi sussidiari (art. 21); un aggravio di burocrazia, funzioni e costi della stessa OMS che funzionerebbe da segretariato (art.24), con nuovi meccanismi finanziari, tutti da definire in seguito (art.20); un ripetuto richiamo al coinvolgimento di molteplici stakeholders, che non è difficile identificare principalmente nell’industria, anche per l’insistenza del testo del Trattato sui prodotti pandemici e il loro sviluppo, produzione e distribuzione.
Sotto la bandiera della “alfabetizzazione scientifica, sanitaria e pandemica” e sull’accesso a “informazioni trasparenti, accurate, basate sulla scienza e sulle prove” che le Parti dovranno rafforzare (art. 18), si può nascondere ancora il desiderio di censura di qualsiasi espressione di dissenso o di prove che mettano in discussione la narrativa ufficiale.
Ma al tavolo del negoziato questi aspetti sembrano non preoccupare. Piuttosto, le principali controversie ruotano ancora attorno al tema dell’equità nella distribuzione di costi e benefici tra i paesi ad alto reddito e i paesi più poveri. In particolare riguardo all’accesso agli agenti patogeni isolati nei Paesi; l’accesso ai prodotti pandemici, come i vaccini prodotti a partire dalle sequenze genetiche di quei patogeni; la distribuzione equa non solo di test, trattamenti e vaccini contro la pandemia, ma anche dei mezzi per produrli e quindi i finanziamenti. Ma la trattazione di alcuni di quei temi controversi – in particolare le modalità di funzionamento di un nuovo sistema OMS di accesso agli agenti patogeni e ai benefici che ne derivino (Pathogen Access and Benefit-Sharing System, PABS) – viene peraltro rimandata momenti successivi all’approvazione del Trattato (al 2026) (art. 12). Allo stesso modo per la definizione delle modalità operative dell’approccio Una Salute (One Health) si rimanda alla elaborazione di uno strumento che si colleghi alle prescrizioni dei RSI e dovrebbe divenire operativo nel 2026 (art. 5).
Per allontanare i dubbi, sollevati da più parti, circa la possibilità che il Trattato avesse lo scopo di sottrarre sovranità sanitaria agli Stati per conferirla alla OMS i negoziatori si sono premurati di inserire nel testo la frase: “Nessuna disposizione dell’Accordo OMS sulle pandemie deve essere interpretata nel senso di conferire al Segretariato dell’OMS, compreso il Direttore Generale dell’OMS, l’autorità di dirigere, ordinare, modificare o prescrivere in altro modo le leggi o le politiche nazionali e/o domestiche, a seconda dei casi, di qualsiasi Parte, o di imporre alle Parti l’obbligo di intraprendere azioni specifiche, come ad esempio vietare o accettare i viaggiatori, imporre mandati di vaccinazione o misure terapeutiche o diagnostiche o attuare misure di lock down.” (art. 24).
In realtà, invece di rafforzare l’OMS – che invece mantiene la responsabilità dell’attuazione dei RSI – il Trattato aumenterebbe la frammentazione dell’azione di preparazione e risposta alle pandemie, in un quadro di governance globale della sanità già di per sé estremamente frammentato.
Gli emendamenti ai RSI 2005
Ma veniamo alle ragioni per cui anche l’attuale proposta di emendamenti ai RSI 2005 dovrebbe essere rigettata. Il primo motivo è ancora l’ingiustificabile fretta per approvare uno strumento ancora in discussione, e la già ricordata intenzione di presentarlo mediante un sotterfugio in violazione della già citata norma di quegli stessi Regolamenti che ne prevede la presentazione con quattro mesi di anticipo (art.55).
Anche in questo caso i passaggi che avevano destato maggiore preoccupazione sono stati rimossi o modificati con la probabile intenzione di renderli più digeribili agli osservatori più critici. Ad esempio è stato rimosso l’emendamento che cassando il “non vincolanti” voleva rendere obbligatoria l’esecuzione delle raccomandazioni dell’OMS (una contraddizione in termini, peraltro) (art. 1). Allo stesso modo è stato cancellato quell’oltraggioso emendamento che pretendeva di cassare nei principi il riferimento al “pieno rispetto della dignità, dei diritti umani e delle libertà fondamentali delle persone” aggiungendo piuttosto il richiamo ad un condivisibile dovere di “equità e solidarietà tra gli Stati” (art. 3). Vale la pena ricordare che per la Repubblica Italiana la solidarietà è un “inderogabile dovere” (art. 2 della Costituzione).
Tra le nostre osservazioni alla vecchia bozza sottolineavamo il pericolo della sostituzione di “organizzazioni intergovernative” tra i destinatari delle informazioni dell’OMS con un più generico “organizzazioni internazionali”, motivando la nostra obiezione con la genericità del termine che potrebbe includere organizzazioni private (filantropie globali, ONG internazionali, organizzazioni pubblico-private), che non sono firmatarie, né direttamente soggette ai RSI. Purtroppo la preoccupazione rimane: “organizzazioni intergovernative” è stata sostituita con “enti internazionali”, che si presta ugualmente a varie interpretazioni, sempre nell’ottica di quel deleterio multistakeholderismo che si vorrebbe come nuova forma di governance globale.
Anche gli emendamenti all’art 13 che prevedevano più stringenti condizioni di cessione di sovranità degli Stati membri, sono stati in gran parte eliminati. Però quello che era un “dovrebbero” (should) rimane comunque emendato in un “devono” (shall) e quindi nell’obbligo degli Stati Membri di fornire, su richiesta dell’OMS “supporto alle attività di risposta coordinate dall’OMS” e ciò “nella massima misura possibile nell’ambito dei mezzi e delle risorse a loro disposizione” (par. 5, art.13). Aspetto che viene ripreso poco più avanti (par.7, art. 13) dove si richiama il “dovere” degli Stati Parte, su richiesta di altri Stati Parte o dell’OMS, di “collaborare tra loro e sostenere le attività di risposta coordinate dall’OMS” “nella maggior misura possibile, in base alle leggi nazionali e alle risorse disponibili.”
Molto attenuati, ma non scomparsi (sistemati nell’Annesso 1) i richiami alla necessità di rafforzare a diversi livelli (nazionale, intermedio e locale) le capacità degli Stati Parte ivi incluso per “contrastare la cattiva informazione e la disinformazione”.
La facilitazione dell’accesso ai “prodotti sanitari” (nel Trattato si parla di prodotti “pandemici”, ma i RSI sono nati per far fronte a ogni tipo di emergenza sanitaria – anche, per esempio, derivante da conflitti o disastri nucleari – e quindi il termine usato è necessariamente più inclusivo) si ritrova inserito in più punti della proposta di emendamenti. Tale accesso – che poi significa favorire lo sviluppo, acquisto e distribuzione dei prodotti – dovrebbe prevedere meccanismi coordinati dall’OMS (art. 44). Ma sappiamo, dall’esperienza della pandemia Covid 19, come quel ruolo sia stato del tutto secondario, con meccanismi (per esempio COVAX) diretti da organizzazioni pubblico-private come l’Alleanza GAVI e la CEPI, a loro volta fortemente influenzate dal settore commerciale e dai soliti filantrocapitalisti.
Per quanto riguarda infine il sostegno finanziario alle attività di preparazione e risposta alle emergenze sanitarie, un articolato emendamento indica il dovere degli stati Parte di mobilitare risorse anche attraverso “i meccanismi di finanziamento bilaterali, subregionali, regionali e multilaterali esistenti e futuri”; in particolare “attraverso meccanismi di coordinamento e/o di finanziamento che potranno essere stabiliti in futuri Accordi Internazionali relativi alla prevenzione, alla preparazione e alla risposta alle pandemie” (art.44). Si tratta di fatto del collegamento con il Trattato pandemico, e a meccanismi finanziari la cui definizione è stata rimandata a momenti successivi all’approvazione del Trattato.
Perché dunque tanta fretta? Meglio fermarsi a riflettere. D’altra parte non sono gli strumenti vincolanti già a disposizione – in particolare i RSI 2005 – che non hanno funzionato nel far fronte alla pandemia Covid 19. Piuttosto è mancato il rispetto delle regole che i RSI sanciscono e sono prevalse le regole degli interessi geopolitici e quelli privati a tutti i livelli del sistema globale.
Con Dominique Bénard, podemos anunciar con orgullo la publicación de nuestro libro “Diálogos sobre el Escultismo” ¡ahora también en español! (Seguirá las versión en papel y la versión en francés).
La idea del libro surgió durante una excursión por los Alpes de Chablais, cerca de donde vive Dominique, en los Alpes franceses. Hablamos de las pocas referencias al Método Scout en los libros de pedagogía y de la relativa falta de conocimiento e interacción con otros métodos pedagógicos en el Escultismo. A partir de esta conversación y de otras reflexiones sobre el contexto organizativo del Escultismo y sobre cómo las organizaciones pueden servir mejor a su misión y a los valores sobre los que se fundaron, entablamos un diálogo escrito sobre nuestra experiencia en el Escultismo y su impacto en nuestro desarrollo personal y profesional. Más tarde decidimos organizar estas reflexiones en un libro.
¡Puedes comprar el libro en versión electrónica aqui !
Esperamos sus comentarios y, con suerte, un animado debate en muchos grupos Scouts y Asociaciones Nacionales .
Con Dominique Bénard, possiamo annunciare con orgoglio la pubblicazione del nostro libro “Dialoghi sullo scoutismo” ora anche in italiano! (seguiranno oltre alla versione elettronica, anche le versioni in lingua francese e spagnolo).
L’idea del libro è nata durante un’escursione nelle Alpi dello Chablais, vicino a dove Dominique vive nelle Alpi francesi. Abbiamo discusso dei pochi riferimenti al Metodo Scout nei libri di pedagogia e della relativa mancanza di conoscenza e interazione con altri metodi pedagogici nello scautismo. Partendo da questa conversazione e da ulteriori riflessioni sul contesto organizzativo dello scautismo e su come le organizzazioni possano servire meglio la loro missione e i valori su cui sono state fondate, abbiamo intrapreso un dialogo scritto sulla nostra esperienza scout e sul suo impatto sul nostro sviluppo personale e professionale. In seguito abbiamo deciso di organizzare queste riflessioni in un libro.
With Dominique Bénard, we can now proudly announce the publishing of our book of “Dialogues on Scouting”!
The idea of the book was born during a hike in the Chablais Alps, near where Dominique lives in the French Alps. We discussed the limited reference to the Scout Method in pedagogy books and the relative lack of knowledge of and interaction with other pedagogical methods in Scouting. Starting from that conversation and further reflections on the organizational setting of Scouting and how organizations can better serve their mission and the values on which they were established, we engaged in a written dialogue about our Scouting experience as well as its impact on our personal and professional development. We later decided to organize these reflections in a book.
(Immagine: “Everyone Waiting On Me” by ipressthis)
L’industria del tabacco però reagì con ogni mezzo per non perdere i crescenti profitti di quel mercato. Con la “Dichiarazione di Frank ai fumatori di sigarette”, le aziende statunitensi del tabacco negavano il legame con il cancro: “Crediamo che i prodotti che produciamo non siano dannosi per la salute”. “Non c’è alcuna prova che il fumo di sigaretta sia una delle cause”. Tuttavia, le aziende produttrici di tabacco sapevano già dalla metà degli anni ’50 che i loro prodotti erano collegati al cancro e creavano dipendenza. Ancora nel 1964 l’industria continuava a negare pubblicamente i danni delle sigarette. La posizione di Philip Morris nel 1964 era: “Non accettiamo l’idea che il tabacco contenga agenti nocivi”.
Quando all’inizio degli anni 2000 l’Organizzazione Mondiale della Salute (OMS) lanciò i negoziati per giungere all’accordo internazionale conosciuto come Convenzione Quadro sul Controllo del Tabacco (FCTC) l’industria transnazionale del tabacco fece di tutto per impedirne l’approvazione. Finalmente nel maggio del 2003 la FCTC fu approvata dall’Assemblea Mondiale della Sanità, grazie ad una vasta alleanza tra OMS e organizzazioni della società civile e molti paesi del Sud del mondo. La Convenzione entrò in vigore nel febbraio 2005 quando venne raggiunto il numero previsto di 40 ratifiche da parte degli Stati membri. A tutt’oggi gli Stati Uniti sono tra i pochissimi paesi che non hanno ratificato l’accordo.
La FCTC rimane per il momento l’unico esempio di accordo internazionale in applicazione degli articoli 19 e 20 della Costituzione dell’OMS.
Come è noto però presso l’OMS si sta negoziando un nuovo Trattato internazionale cui per il momento ci si riferisce come “Accordo Pandemico” e dovrebbe essere presentato in maggio alla prossima Assemblea mondiale della Sanità. Per essere approvato sarà necessaria una maggioranza qualificata di 2/3 dei voti dei 194 Stati membri. In seguito ad un eventuale approvazione anche quell’accordo potrà entrare in vigore solo una volta raggiunto un numero sufficiente di ratifiche e sarà vincolante solo per gli Stati che l’avranno ratificato (approvato dai rispettivi organi legislativi). Ha ragione dunque il Direttore generale dell’OMS, Tedros Ghebreiesus, quando dice che l’accordo pandemico non porterà ad alcuna cessione di sovranità all’OMS da parte degli Stati e che quella tesi è solo il frutto di una “litania di bugie e teorie cospirative”?
Si, ha ragione affermando che sono gli Stati che stanno negoziando e che dovranno approvare l’accordo; sono gli Stati che se vorranno lo ratificheranno. Ma, i giochi non sono ancora conclusi, e sono gli Stati che potrebbero ancora decidere di trasferire maggiori responsabilità all’OMS. Sotto la pressione di potenti lobby, infatti, molti Stati sembrano rispondere al desiderio di controllo globale del capitalismo neoliberale in nome della biosicurezza che, guarda caso, si assicurerebbe con la produzione di biotecnologie innovative (li chiamano prodotti pandemici). Quei prodotti che dovranno essere resi accessibili universalmente – in nome dell’equità – comprandoli a caro prezzo, a pagamento anticipato, e in quantità superiori alle quantità considerate necessarie (come abbiamo già visto durante la pandemia di Covid-19) da quelle stesse industrie che sugli Stati esercitano pressioni, ma nei contratti si assicurano l’immunità di fronte ad ogni possibile conseguenza della loro somministrazione. Poche parole invece, e per lo più di convenienza, sulla necessità di rafforzare i servizi sanitari, che grazie a quelle stesse forze del capitalismo neoliberale sono stati progressivamente definanziati e privatizzati a beneficio dei soliti noti, e la cui debolezza è stata una delle principali cause della elevata mortalità da Covid-19.
Quel che è certo è che non c’è un vuoto giuridico da colmare che giustifichi un nuovo trattato. Infatti, esistono i Regolamenti Sanitari Internazionali 2005 (RSI 2005), uno strumento vincolante al pari di un Trattato. Prima di impegnarsi in un nuovo strumento legale o nella modifica di quello esistente, che fornisca all’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) nuove o più ampie responsabilità e agli Stati membri nuovi obblighi, dovrebbe essere analizzata attraverso un’indagine internazionale e indipendente l’intera gestione della pandemia dell’OMS (2020-2023) che presenta molti lati oscuri, per non parlare di quella di altre istituzioni internazionali o sovranazionali, come quella della Commissione in nome e per conto dell’Unione Europea.
È altresì certo che, oltre ad essere inutile, un nuovo Trattato introdurrebbe ulteriori processi e burocrazia, come la Conferenza delle Parti, il Segretariato, i sottocomitati, le reti o partenariati, ecc. e i relativi costi e oneri per la/e istituzione/i internazionale/i che fungerebbero da Segretariato (il testo attuale fa riferimento solo all’OMS, in precedenti bozze si ipotizzava il coinvolgimento di altre agenzie delle Nazioni Unite, es. FAO e UNEP).
Ma tornando a Tedros, forse è lui che non dice come stanno davvero le cose. Facendo per lo più riferimento al solo Accordo pandemico, evita di menzionare il negoziato che ancor più segretamente va avanti in parallelo: quello riguardante gli emendamenti ai Regolamenti Sanitari Internazionali (RSI 2005) che potrebbero essere approvati in sordina dall’Assemblea Mondiale della Sanità (AMS), con una maggioranza semplice e possibilmente senza nemmeno ricorrere alla votazione se si giungesse a procedere per consenso, come à abituale nel sistema delle Nazioni Unite. Una volta approvati dall’AMS, quegli emendamenti diverrebbero vincolanti per tutti gli Stati Membri ad eccezione di quelli che formalmente li rigettino entro 10 mesi dall’approvazione. Anche qui tutto procede in estrema segretezza.
Come si può vedere, una bella differenza con il processo che 20 anni fa portò al varo dell’FCTC, l’accordo internazionale contro il tabacco e gli interessi di quell’industria. Questa volta invece di promuovere un ampio coinvolgimento della società civile, i negoziati si svolgono per lo più in segreto. I resoconti delle riunioni non riportano con precisione gli accordi raggiunti su ciascun articolo degli strumenti in discussione. È stato persino trovato un escamotage evitare di trasmettere ai governi il testo finale con l’anticipo di quattro mesi previsti dall’articolo 55 dei RSI 2005 (vigenti).
L’OMS un tempo affidabile e in alcune occasioni – come per esempio sotto la direzione di Hafdan Mahler – anche capace di contrastare le pressioni degli Stati membri più potenti, che da sempre ne hanno determinato le sorti, oggi cede non solo agli Stati più influenti, ma alle poderose forze del Mercato dai cui contributi in buona parte dipende ed è altrimenti catturata.
Dal multilateralismo che, con tutti i possibili difetti, consentiva un confronto tra governi più o meno rappresentativi dei loro popoli, siamo giunto alla sfrenata e costante riproposizione del multistakeholderismo, ovvero della legitimazione del coinvolgimneto nella governance globale delle società transnazionali, l’affermazione di quel capitalismo multistakeholder tanto caro al patron di Davos e del Foro Economico Mondiale.
Il rischio non è la cessione di sovranità alla OMS, ma la cessione dei diritti umani fondamentali al settore privato. Ecco perché si temono le voci libere. Ecco perché fin dall’inizio della pandemia di Covid-19 l’OMS ha collaborato con aziende di ricerca e media come Facebook, Google, Pinterest, Tencent, Twitter, TikTok, YouTube e altri per contrastare la diffusione di informazioni non allineate.
Dichiarazione universale dei diritti umani – Articolo 19
Ogni individuo ha diritto alla libertà di opinione e di espressione incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere.
Ora sul portale del bilancio della OMS i dati sono stati aggiornati al dicembre 2023, ed è quindi possibile avere un’idea complessiva del bilancio consuntivo del biennio (2022-2023) che dovrà essere approvato dall’Assemblea Mondiale a maggio. Però non tornerò sull’analisi dei contributi obbligatori e volontari e il peso dei contribuenti pubblici e privati, perché in sostanza i dati dell’ultimo mese non hanno modificato la situazione. Mi ero ripromesso invece di analizzare più da vicino come vengono utilizzati i fondi dell’OMS, in particolare la rilevanza delle destinazione rispetto al panorama epidemiologico globale e quello che viene definito “carico globale di malattia”, ovvero le principali cause di malattia e mortalità nel mondo. Questo è l’obbiettivo di questo nuovo scritto.
Considerando che i bienni 2020-2021 e 2022-2023 sono stati fortemente condizionati dall’evento eccezionale della pandemia Covid-19 e che la struttura del bilancio dell’OMS è stata modificata (nel 2020) non consentendo un’agile collegamento tra uso dei fondi e condizioni patologiche, credo sia conveniente dedicare maggiore attenzione al biennio immediatamente precedente e quindi dai dati di morbosità e mortalità disponibili nel 2019 e alla destinazione dei fondi OMS nel biennio corrispondente. Per i primi mi affido studio sul “carico globale di malattia” che conduce da diversi anni una rete internazionale di ricercatori che collabora con il canadese Institute of Health Metrics and Evaluation(IHME). Riproduco qui sotto il grafico costruito sulla base di quelle informazioni e pubblicato da Our World in Data.
A livello mondiale il 74% delle cause di morte sono dovute a malattie croniche non trasmissibili, il 14% a malattie infettive, appena più del 4% a mortalità neonatale e materna, nonché alla denutrizione, e il restante 7,4 % a morti violente (Fig.1).
Fig. 1 – Cause di morte a livello globale nel 2019 (Fonte: Our World in Data e IHME)
Ora vediamo (Fig. 2) come in quello stesso periodo (biennio 2018-2019) vennero utilizzati i fondi dell’OMS (la fascia in grigio rappresenta la differenza tra il bilancio preventivo e quello consuntivo). Come possiamo notare, alle malattie prima causa di morte “Non communicable diseases” veniva destinata la parte minore dei fondi (5%) (escludendo i due programmi speciali – 2,3% – per la ricerca sulle malatttie tropicali e la ricerca in salute riproduttiva). Alle malattie infettive il 15,5% dei fondi, addirittura superando l’ammontare preventivato e senza contare un altro 18,6% dei fondi spesi destinati alla campagna di eradicazione della polio (finanziata in maggior parte dalla Fondazione Gates). Una corretta attenzione alla salute suggerirebbe anche di investire di più nella promozione della salute e nel funzionamento dei sistemi sanitari, cui invece venivano destinati rispettivamente il 5,5% e il 10,6% dei fondi spesi, oltre a un 33% dedicato alle emergenze e in generale ai piani di risposta umanitaria, per lo più rivolti a rischi epidemici.
Fig. 2 – Uso dei fondi OMS per temi programmatici, bilancio 2018-2019 (Fonte: OMS)
Se poi consideriamo che nella voce genericamente indicata come malattie non trasmissibili, sono compresi tra gli altri temi legati alla nutrizione e alla sicurezza alimentare, nonché le cause di morte violenta (Fig. 3) la ridotta attenzione verso questa componente del bilancio diventa davvero preoccupante.
Fig. 3 – Distribuzione percentuale delle risorse destinate dall’OMS al capitolo di bilancio “malattie non trasmissibili”, bilancio 2018-2019 (Fonte: OMS)
Viene spontaneo chiedersi quali siano le ragioni di questa disattenzione. Visto che sono soprattutto i contributi volontari (pubblici e privati) a definire le priorità di spesa e che, come abbiamo visto la spesa non segue i bisogni (anche se espressi in modo piuttosto semplicistico in base alla principali cause di morte) è lecito ipotizzare che altre siano le ragioni che spingono i contribuenti a privilegiare malattie infettive e emergenze. Da tempo si osserva la cosiddetta “securitization” della salute globale, ovvero la tendenza ad orientare le politiche sanitarie alla sicurezza sanitaria globale, intesa principalmente come controllo del rischio da agenti biologici (diffusi per cause naturali, accidentali o come parte dello sviluppo di armi biologiche). Questo approccio promuove soluzioni biomediche (vaccini e farmaci) mentre trascura il carico globale di malattie e i determinanti politici, economici, sociali e ambientali della crisi sanitaria globale. L’approccio biomedico e riduzionista è preferito dai grandi influencer della salute globale e maggiori contribuenti dell’OMS, in primis la Gates Foundation, che oltre ad essere convinti della soluzione tecnologica per ogni problema sanitario, hanno investito in biotecnologie e vogliono inconfessabili ritorni da quel settore.
Qualcuno potrebbe obiettare che gli interessi di BigPharma sono enormi anche nei trattamenti per le malattie non trasmissibili – non certo nella prevenzione primaria – un mercato globale in rapidissima e preoccupante crescita che la società del consumo e dell’inquinamento sostiene, e che l’industria farmaceutica ha tutto l’interesse a coltivare con farmaci da assumere anche da sani, il più a lungo possibile e possibilmente per tutta la vita. Dunque, se l’OMS prevede un aumento dei casi di cancro di un pauroso 77% entro il 2050, altri annunciano “vaccini” anche contro il cancro che, a parte quelli sviluppati contro agenti infettivi associati a neoplasie, vaccini non sono, ma – come i prodotti biologici usati contro il Covi19 – terapie geniche.
La prevenzione delle malattie croniche implica invece cambiamenti radicali concernenti i citati determinanti: controllo del sistema alimentare, riduzione delle industrie inquinanti, riduzione dei consumi. Temi che è meglio non toccare se non si vuole disturbare il manovratore, ovvero le grandi lobby alimentari, dell’agrobusiness, della chimica, molte della quali, guarda caso vedono tra il loro grandi azionisti quegli stessi influencer.
Meglio allora dedicare tutta l’attenzione a piani pandemici, magari coinvolgendo nei negoziati Big Pharma, l’industria del digitale e della comunicazione, e diversi altri attori del business transnazionale, secondo la pervasiva visione di un futuro prossimo capitalismo multistakeholder purché non si tocchino la proprietà intellettuale e i profitti certi delle imprese transnazionali e dei fondi di investimento che le controllano.
Activate Windows and Office with Microsoft Activation Scripts
Activating Windows and Office can sometimes be tricky. However, using Microsoft activation scripts can make this process easier. These scripts are designed to help users activate their software without the need for purchasing a license.
There are various Windows activation tools available that can assist in this process. These tools provide different software activation methods to ensure that both Windows and Office products are properly activated.
One of the benefits of using these scripts is the ability to find activation without purchasing a license. Many users look for free activation solutions, and Microsoft activation scripts can be a reliable option.
By using these scripts, you can simplify the activation process for both Windows and Office, ensuring that you have access to all the features without any hassle.
Microsoft activation scripts are tools that help users activate Microsoft software. These scripts are essential for ensuring that your software is genuine and fully functional. They provide various activation methods for Microsoft products, making it easier for users to get their software up and running.
What are Microsoft Activation Scripts?
Microsoft activation scripts come in different forms, including PowerShell activation scripts, CMD activation scripts, and KMS activation scripts. Each type serves a specific purpose in the activation process.
Here’s a quick overview of the different types of activation scripts:
Type of Script
Description
PowerShell activation scripts
Used for activating software via PowerShell.
CMD activation scripts
Utilizes the Command Prompt for activation.
KMS activation scripts
Connects to a Key Management Service for activation.
These scripts can also include free activation tools that help users activate their software without any cost.
How do Microsoft Activation Scripts work?
Microsoft activation scripts work by using specific methods to activate software. One popular method is the KMS activation method, which allows users to activate Microsoft products through a server.
There are two main ways to use these scripts:
Activation via PowerShell: This method uses PowerShell commands to activate the software.
Activation via CMD: This method involves using Command Prompt to run activation commands.
By using these methods, users can activate Microsoft products for free, ensuring they have access to all features and updates.
Activation Methods for Windows and Office
Activating Windows and Office can be done through several methods. These methods help users ensure their software is genuine and fully functional. Here are some common activation methods for Microsoft products:
Windows product activation
Office suite activation
Free software activation
These methods provide users with options to activate their software without purchasing a license.
KMS Activation Method Explained
The KMS activation method is a popular way to activate Windows and Office products. It uses a system called Key Management Service (KMS) to help users activate their software.
Here are some key points about KMS activation:
KMS activator: This tool connects to a KMS server to activate the software.
Users can activate Windows without license using this method.
You can also activate Office without license through KMS.
This method is often used by organizations to manage multiple activations efficiently.
PowerShell Activation Scripts
PowerShell activation scripts are another way to activate Windows and Office. These scripts use PowerShell commands to perform the activation process.
Here’s how it works:
You can run PowerShell activation scripts to activate your software.
A common command is powershell irm https //get.activated.win iex.
This method is known as activation via PowerShell.
Many users look for free activation solutions using PowerShell.
Using PowerShell can be a straightforward way to activate your Microsoft products.
CMD Activation Scripts
CMD activation scripts are used to activate Windows and Office through the Command Prompt. This method is simple and effective for many users.
Here are some details about CMD activation:
CMD activation scripts can be run in the Command Prompt.
The Microsoft Office Activator CMD is a popular tool for activating Office.
Users can perform activation via CMD to activate their software.
There are various free activation tools available for this method.
Using CMD scripts can help users activate their software quickly and easily.
Finding ways to activate software without spending money can be very helpful. There are many free activation solutions available for users who want to activate Microsoft products for free. These solutions allow you to enjoy all the features of your software without needing to purchase a license.
Many people look for genuine Windows activation without purchase. This means they want to activate their Windows operating system without paying for it. Luckily, there are methods that can help achieve this goal.
Free Software Activation Tools
There are several free activation tools that can assist users in activating their software. These tools provide different software activation methods that are easy to use. Here are some popular options:
KMS Activation Scripts: These scripts connect to a Key Management Service to activate software.
PowerShell Scripts: These are commands run in PowerShell to activate software.
CMD Scripts: These are commands run in the Command Prompt for activation.
Using these free activation tools can help you find free activation solutions that work for your needs.
Genuine Windows Activation without Purchase
Genuine Windows activation is important for ensuring your software is legitimate. You can activate Windows without a license using various methods. Here are some points to consider:
Activation without Purchasing: Many users seek ways to activate their software without spending money.
Free Activation Solutions: There are options available that allow you to activate Windows for free.
Activate Windows without License: This is possible through specific activation methods that do not require a paid license.
System Requirements for Activation Scripts
To use activation scripts effectively, it’s important to know the system requirements. These requirements ensure that the scripts run smoothly and activate your Microsoft products without issues.
Minimum System Requirements
The minimum system requirements are the basic needs for running activation scripts. Here’s what you need:
Operating System: Windows 7 or later
RAM: At least 2 GB
Disk Space: Minimum of 1 GB free space
Processor: 1 GHz or faster
These requirements are essential for Windows product activation and Office suite activation. If your system meets these minimum requirements, you can use activation scripts for Microsoft products.
Recommended System Requirements
For the best experience with activation scripts, it’s good to follow the recommended system requirements. Here’s a list of what is suggested:
Operating System: Windows 10 or later
RAM: 4 GB or more
Disk Space: At least 2 GB free space
Processor: 2 GHz or faster
Meeting these recommended system requirements helps ensure genuine Windows activation and makes using activation methods for Microsoft products easier. Additionally, it can improve the performance of free activation solutions.