Un medico dalla parte dei poveri
Le virtù e le miserie della cooperazione internazionale
Eduardo Missoni racconta la sua esperienza in Nicaragua
Indice puntato contro i limiti dell'azione del ministero degli Esteri
di Emanuele Giordana
Prima enfant prodige, poi enfant terrible, Eduardo Missoni, qualifica di
esperto responsabile delle iniziative di cooperazione socio-sanitaria in
America Latina e in parte dell'Africa subsahariana, riflette bene le
difficoltà in cui si dibatte il Dipartimento per la cooperazione del
ministero degli Esteri.
L'occasione per parlarne, è un libro che Missoni ha scritto per l'editore
Borla, in cui ricorda le sue esperienze di volontario in Nicaragua:
formazione cattolica, generazione sessantottina, Missoni è tra i tanti
volontari che vanno a fare il medico in America Latina, quando nel
continente si apre la promessa (tradita) di una rivoluzione socialista che
soppianti una delle più spietate dittature del Centramerica. Sono gli anni
della «guerra di bassa intensità» nel Salvador, delle efferatezze militari
in Guatemala e dei bagliori di speranza che si aprono nel Nicaragua
sandinista. Tra promesse deluse e una voglia che non si assopisce di fare
comunque bene il proprio lavoro, Missoni passa indenne tra i due capitoli -
rivoluzionario e post rivoluzionario del Nicaragua. E, tutto sommato, ne
esce, anziché depresso, forse con maggior voglia di fare.
Ma il suo libro è anche una riflessione su quello che l'Occidente, sotto i
nomi di cooperazione, volontariato, solidarietà, va a fare nei Paesi in via
di sviluppo. E l'attualità del suo racconto, che altrimenti rischierebbe di
essere soltanto una rassegna di emozioni passate, sta proprio nel ruolo che
gioca oggi la cooperazione internazionale.
Forse proprio per la sua passione nel lavoro di cooperante, Eduardo è
finito spesso nel mirino dell'Amministrazione, che tra richiami e
pressioni, ha mal digerito le sue denunce, ultima delle quali, quella
veicolata su alcuni settimanali al tempo del G8 di Genova. Missoni, cui era
stato affidato il compito scrivere le linee guida italiane in materia di
sanità, si vede sul più bello «scippare» il dossier da chi sa poco o nulla
di sanità. E lo scippo delle competenze tecniche, sacrificate per altri
scopi, sembra oggi essere il modo in cui si muove, o meglio annega, la
cooperazione italiana. Trascurata dal ministro Ruggiero, che aveva ben
altro cui pensare, abbandonato a se stessa, il Dipartimento ha finito per
essere un ente di finanziamento delle Nazioni Unite; rinunciando a diventare
uno strumento in prima persona del Paese e delegando l'azione a chi non
rischia di farci fare figuracce (brucia ancora l'inchiesta giudiziaria
degli anni '90, che alla fine si concluse in un nulla di fatto).
Medico, specialista in medicina tropicale (un master alla London School of
Hygiene and Tropical Medicine), Eduardo non ha disdegnato nemmeno un
ingresso in politica, quando si schierò contro Gianfranco Fini, durante le
elezioni a Roma. La sua carriera di enfant prodige-terrible, gli ha ben meritato
quello che, nella prefazione, Isabel Allende, dice di lui. Di Missoni, la
colpì la «forte vocazione di medico e di servitore pubblico, che lo
portavano a donarsi completamente nelle comunità più povere del Chiapas e
di Guerrero, per dedicarsi nei fine settimana ancora all'assistenza medica
in un quartiere della cintura di miseria della capitale messicana... Quando
conosco dei professionisti con tale livello di impegno, non posso fare a
meno di ricordare mio padre Salvador Allende e la sua dedizione ai poveri».
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