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Eduardo Missoni racconta la sua esperienza di medico
volontario nel Nicaragua sandinista Dieci anni e morì la
speranza Il gioco che copre gli affari delle
multinazionali Si è dimesso dalla presidenza del gruppo per la
sanità del G8 dopo aver constatato che anche l'Italia rinunciava
agli impegni
di Battista Careddu
Con una donazione di 500mila dollari (pari
al profitto che la Glaxo-Smith Kline realizza in mezz'ora), una
multinazionale dell'industria farmaceutica conquisterebbe il diritto
di partecipare alle decisioni sulla gestione delle risorse che gli
stati devolvono per i progetti nei paesi in via di sviluppo. È un
gioco al quale Eduardo Missoni, che coordina il gruppo di esperti
sanitari del G8, non si può prestare, ma le sue istanze si
infrangono contro un muro di indifferenza; è utilizzato come
paravento per un'operazione vergognosa; il 19 aprile 2001 si dimette
da presidente del gruppo sanità del G8. Un affare che chi ha
lavorato per anni in Nicaragua e ha visto bambini morire di diarrea,
perché manca l'acqua pulita, non può coprire. Nei giorni scorsi
Missoni ha presentato a Sassari il suo libro «Misa
Campesiña». «Il libro è nato quando sono tornato in Nicaragua
quindici anni dopo - spiega l'autore - e ho visto che il progetto di
costruire, in quel paese, una società equa, giusta, libera per
tutti, era stato interrotto, spezzato, deluso. Il Nicaragua era un
paese rivoluzionario, in fermento, in cui persone che venivano da
ogni parte del mondo, canadesi, argentini, tedeschi, cileni,
italiani, avevano un progetto comune: costruire la società nuova,
libera, dell'uomo biblico. Quindici anni dopo tutto è tristezza,
frustrazione e amarezza, tutto quello che era stato costruito è
perso; il nuovo governo vuole cancellare anche il ricordo di quel
periodo: "La decada perdida" si dice, dieci anni persi. Quelli che
per noi erano stati i dieci anni della speranza e dell'entusiasmo».
Esperienze, progetti e modalità per l'azione che Eduardo Missoni
racconta ad una platea di studenti universitari, professori e
volontari della cooperazione: «Bisogna insegnare all'università che
si può condividere la costruzione del mondo; l'università, oggi come
ieri, non forma ad essere medico; io sono d'accordo con quanto
sosteneva, qualche anno fa, Giulio Maccacaro, che per capire come la
gente si ammala bisogna andare nelle
fabbriche». Nell'introduzione, il presidente del Sis Rosario
Musmeci, ha descritto il libro come una storia di persone: Ramòn,
Doña Armidia, Fulgenzio: «Persone che tu pensi di aiutare - risponde
Eduardo Missoni - ma che in cambio ti danno molto più di quanto
ricevono». È la storia di Ernesto Cardenal, un prete che il Papa
non seppe riconoscere come ministro della chiesa, lui che era anche
ministro del governo del governo sandinista; ma è anche la storia
delle crociate per l'alfabetizzazione e l'educazione delle persone,
delle giornate popolari della salute, di una rivoluzione vista dalla
parte di quella gente che spera nella società nuova. «In questi
ultimi vent'anni, cosa è cambiato - chiede Rosario Musmeci - e cosa
hanno prodotto le politiche per l'assistenza ai paesi poveri: il
numero delle persone che vivono con meno di due dollari al giorno è
cresciuto del 50%, sono due miliardi e mezzo di persone che
corrispondono al 40% della popolazione
mondiale». «L'organizzazione internazionale - risponde Eduardo
Missoni - che aveva proposto "Salute per tutti entro l'anno 2000",
al volgere del millennio ha cambiato slogan, "Salute per tutti nel
Ventunesimo secolo". È sbagliato il modello di sviluppo che è
perseguito dagli stati. È stato identificato come parametro di
sviluppo la crescita economica, in realtà anche recenti studi hanno
dimostrato che non basta essere ricchi perché un paese possa essere
definito sviluppato, bisogna vedere come la ricchezza si
distribuisce. Io sostengo che il migliore indicatore di sviluppo
potrebbe essere la salute. Se il miglior indicatore di povertà sono
i bambini che muoiono per la diarrea, inversamente il miglior
indicatore di sviluppo è la salute, ma tutte le politiche finora
adottate dagli stati sono orientate a conseguire sviluppo economico
e che l'economia fosse sana. "Della salute dei cittadini non ce ne
importa nulla" hanno detto gli organismi finanziari
internazionali». Nel dibattito seguito alla presentazione
sono
emerse le differenti prospettive
entro cui si muove la cooperazione
internazionale. L'obiettivo,
qualche tempo fa poteva essere quello
di mantenere il paese in via
di sviluppo dentro la propria sfera di
influenza. Oggi con la fine della
contrapposizione dei due blocchi
Russia, America, le prospettive
sono cambiate, gli obiettivi di
destinare ai paesi in via di
sviluppo risorse pari allo 0.7% del Pil
rimangono sulla carta. «In media
- spiega Eduardo Missoni - gli
aiuti arrivano allo 0.2% del
Pil; l'Italia corrisponde lo 0.13%; la
nazione più sviluppata al mondo,
gli Stati Uniti, fa ancora peggio
dell'Italia, che è gia agli ultimi
posti della graduatoria. Le
Nazioni Unite sono forse il migliore
strumento di governo di cui
disponiamo; ultimamente si voleva
costituire un Fondo mondiale per
la salute, e affidare la gestione
delle risorse ad un comitato
esterno, di cui potevano far
parte quelle stesse multinazionali
farmaceutiche che sulle malattie
ci speculano. Si volevano spogliare
le Nazioni Unite delle prerogative
di decisione sulla gestione delle
risorse del Fondo: l'Italia era
d'accordo per questo mi sono dimesso
dalla presidenza del gruppo sanità
del G8».
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