Marzo 1980. Arrivavo in Nicaragua. Iniziava in quei giorni la campagna di alfabetizzazione. Così la raccontavo nel mio libro Misa Campesina.
“Il raccolto dei fagioli procedeva bene. Le pianticelle, strappate dal terreno con tutte le radici e riunite al centro del campo, si erano seccate al sole. Ora i contadini battevano sui piccoli mucchi con un bastone, raccogliendo in un telo i fagioli che saltavano fuori dalle loro guaine. Quei fagioli costituivano il pasto base della popolazione locale e di qualche malcapitato volontario italiano.
Anche la “crociata” di alfabetizzazione era andata bene e gli studenti dopo sei mesi nella montaña da insegnanti, stavano ora rientrando in città. A Terrabona era stata organizzata una grande festa di chiusura. Ancora una volta le brigadas di alfabetizzatori sfilarono per il paese, ognuna preceduta da uno striscione o un cartellone con il nome della comunità dove avevano prestato il proprio servizio. I brigadistas entrarono in paese cantando o gridando consignas, le loro cotonas grigie ormai scolorite. Per molti studenti cittadini l’alfabetizzazione fu la prima occasione per scoprire un’altra parte, così diversa, del proprio paese. Una mondo che in certi ambienti, si preferiva non conoscere se non atraverso un’immagine folcloristica. Molte famiglie benestanti non avevano permesso che i propri figli partecipassero a quella mobilitazione nazionale.
La piazza dinanzi alla chiesa si riempì di ragazze e ragazzi.
“Puño en alto; libro abierto!” il grido echeggiava in tutto il paese.
Il sagrato della chiesa “di” padre Jorge, tornò ad essere il palco per l’ “acto político cultural” con l’alternarsi dei discorsi dei responsabili locali della cruzada e semplici rappresentazioni teatrali. Anche Toño -il coordinatore della Giunta di Terrabona- prese la parola e con l’occasione comunicò la nomina di Salomé – l’amico di El Rincon – a membro della Giunta in rappresentanza dell’area rurale. La musica si protrasse fino a tarda notte.
“Terrabona: territorio liberado del analfabetismo!”. Forse non del tutto. Quelle percentuali – che su base nazionale sommavano ad uno straordinario e forse improbabile 12% residuo di popolazione analfabeta – non erano a volte del tutto affidabili. Forte era stata la tentazione in molti brigadistas di mostrare risultati migliori di quelli effettivamente ottenuti nel proprio lavoro di alfabetizzazione. In una gara di orgoglio, peraltro senza alcun premio in palio, avevano talvolta chiuso un occhio nel valutare i risultati della prova finale dei loro alunni. Certo è che dovetti continuare a prescrivere farmaci usando opportuni disegnini.
Era altrettanto certo però che quegli ottantamila giovani relegati per cinque mesi nella montaña con i campesinos, rappresentavano un segno tangibile della volontà di cambiamento.
Purtroppo anche la Cruzada de alfabetizaciòn ebbe i suoi martiri. L’assassinio di Georgino Andrade, il primo degli alfabetizzatori uccisi dalla contra, indicò che c’era chi il cambiamento non lo gradiva affatto La ex-guardia nazionale somozista si stava riorganizzando in bande armate, che avrebbero ben presto trovato nel nuovo presidente degli Stati Uniti, Ronald Reagan, il principale sostenitore.
Alcune famiglie contadine che avevano ospitato quei ragazzi nelle loro case per quel periodo, li vollero accompagnare fino a Terrabona; al momento di salutarsi la commozione era forte. I brigadistas lasciavano tra quelle montagne genitori, sorelle e fratelli adottivi.”