di Eduardo Missoni
Fin qui è passato per lo più sotto silenzio quello che sta avvenendo nelle stanze dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) a Ginevra. Alla prossima Assemblea Mondiale della Sanità i 194 Stati membri dell’OMS saranno chiamati ad esprimersi su due risoluzioni: una per approvare gli emendamenti agli attuali Regolamenti Sanitari Internazionali RSI (2005); l’altra per adottare un Accordo pandemico. Entrambi se approvati nelle versioni attualmente note, conferirebbero nuovi poteri all’OMS con una sostanziale cessione della sovranità nazionale degli Stati membri in tema di salute.
Purtroppo da tempo l’OMS non è più un’organizzazione governata dai suoi Stati membri in una dinamica multilaterale classica. Di fatto l’Assemblea mondiale della sanità, massimo organo decisionale dell’OMS, non assicura più la funzione di “indirizzo e coordinamento delle attività di sanità internazionali” come previsto dalla Costituzione dell’OMS. Benché ancora finanziata principalmente dagli Stati membri, l’OMS è oggi fortemente assoggettata a poteri e interessi privati e anche nella governance sanitaria globale gioca un ruolo ormai in gran parte di pura facciata. Altri sono gli attori che dirigono i giochi. È per questa ragione che alle attuali condizioni un’ulteriore cessione di sovranità alla OMS va fermamente rigettata in quanto rappresenterebbe in realtà non un migliore e più efficace coordinamento dell’azione internazionale di prevenzione e controllo delle pandemia, ma la dipendenza delle scelte nazionali in tema di sanità da decisioni vincolate a poteri e interessi privati transnazionali, in una drammatica “cattura del regolatore e del decisore politico”. Questa “cattura” avviene attraverso una molteplicità di meccanismi (vedi grafico). Dopo una breve presentazione dello stato di avanzamento dei citati negoziati, analizzerò brevemente lo strumento finanziario come meccanismo di controllo, rimandando a future riflessioni l’approfondimento degli altri meccanismi.
I negoziati in corso
Presso l’OMS sono in corso negoziati riguardanti il futuro della preparazione e la risposta alle emergenze pandemiche. Si tratta di due processi in parallelo e con momenti di confronto tra i due gruppi negoziali. Il primo, di cui si parla di più, riguarda un eventuale “Convenzione, Accordo o altro strumento internazionale sulla prevenzione, la preparazione e la risposta alle pandemie” sotto l’egida dell’OMS, più noto come “Trattato o accordo pandemico”. Il secondo negoziato riguarda la revisione degli attuali Regolamenti di Sanità Internazionale (RSI 2005). L’avvio di tale processo fu deciso dagli Stati membri dell’OMS con la decisione dell’Assemblea Mondiale della Sanità WHA75(9) (2022). Entrambi i processi nascono da una sola considerazione: l’attuale architettura globale di risposta alle emergenze sanitarie – i RSI (2005), appunto – non è stata sufficiente per un’adeguata gestione della pandemia di Covid-19. Senza peraltro una valutazione indipendente e approfondita della gestione della pandemia da parte dell’OMS, né uno studio che indichi il vuoto giuridico che motivi un nuovo Trattato o accordo internazionale.
Come già scrivevo il 31 di marzo del 2023, nonostante alcuni incontri di coordinamento tra l’organo intergovernativo (Intergovernmental Negotiating Body, INB) che sta negoziando il “Trattato/accordo pandemico” e il gruppo di lavoro che discute gli emendamenti ai RSI (Working Group on International Health Regulations, WGIHR) è ancor poco chiaro come, se adottati, i due strumenti in discussione entreranno in sintonia. L’obiettivo per l’approvazione di entrambi rimane l’Assemblea Mondiale della Sanità che si riunirà nel maggio 2024.
Purtroppo entrambi i processi vengo portati avanti in modo estremamente riservato, senza rendere pubbliche le nuove versioni dei documenti in discussione via via che vengono raggiunti accordi su singole parti di essi. Quindi, senza permettere un dibattito pubblico e tantomeno un’analisi parlamentare su ciò che bolle in pentola. Ciò evidentemente non può che accrescere i dubbi circa i contenuti e i sospetti circa le ragioni di tanta segretezza. Per quanto riguarda gli emendamenti ai RSI (2005) il testo a disposizione porta ancora la data di febbraio 2023, lasciando invariate tutte le perplessità già espresse; mentre per quanto riguarda l’Accordo pandemico l’ultima versione disponibile risale a ottobre 2023. Lasciando comunque senza risposta molti degli interrogativi e le preoccupazioni sollevate da più parti. Se quegli strumenti fossero adottati dall’Assemblea mondiale della sanità, nelle versioni ad oggi pubblicate, le decisioni dell’OMS diventerebbero vincolanti salvo per gli Stati che non rigettino formalmente e nei tempi previsti (entro 10 mesi) gli emendamenti ai RSI o non ratifichino il Trattato pandemico. È evidente che 10 mesi rappresentano un tempo estremamente ristretto anche per l’analisi e decisione sul testo approvato; decisione peraltro interamente affidata al Governo, non essendo previsto un passaggio parlamentare, indispensabile invece per la ratifica dell’Accordo pandemico da parte dei Paesi membri per la quale sono previsti 18 mesi. Se anche solo uno dei due strumenti normativi venisse approvato senza sostanziali cambiamenti rispetto ai testi noti, importanti decisioni di politica sanitaria e con impatto su molteplici aspetti personali e sociali della vita dei cittadini italiani (si veda l’analisi del 31 marzo) verrebbero conferite ad un’OMS da tempo “catturata” da interessi politici ed economici certamente diversi da quelli della salute pubblica.
L’OMS catturata. Il peso dei finanziamenti
Benché l’OMS sia formalmente controllata dai 194 Stati membri, riuniti nell’Assemblea mondiale della sanità, e dai 34 membri del Consiglio esecutivo periodicamente eletti tra quelli, cui il Direttore generale deve render conto, altri meccanismi di “cattura del policy-maker” concorrono all’assoggettamento dell’OMS ai “poteri forti” (finanziamento della ricerca, porte girevoli, lobbismo, controllo dell’informazione) (vedi Fig. 1). Qui mi soffermerò solo sui finanziamenti diretti all’OMS.
Come già ricordato qui nei gruppi e nelle reti sociali più attenti ai processi in corso, si sente spesso dire che l’OMS è una “organizzazione privata” o che “è finanziata in maggior parte dai privati” o analoghe affermazioni inesatte. Per comprendere i meccanismi di finanziamento e del controllo formale dell’OMS, rimando ancora una volta a quanto già scritto.
Sulla base dei dati relativi al biennio 2022-2023 (aggiornati a novembre 2023) i contributi obbligatori degli Stati Membri costituiscono l’11% del totale delle risorse a disposizione dell’OMS nel biennio (poco più di 9 miliardi di dollari US). I contributi volontari degli Stati membri costituiscono poi un altro 43% del bilancio totale. Quindi complessivamente gli Stati membri contribuiscono a circa il 54% del bilancio dell’OMS. Di quei contributi volontari una piccola parte è detta “core” (base) in quanto non vincolata a priorità dello Stato donatore e quindi, come i contributi obbligatori, soggetta solo alle indicazioni strategiche dell’Assemblea mondiale della sanità, quindi alle risoluzioni adottate dagli Stati membri. Il fatto che i contributi obbligatori “core” non siano finalizzati a priorità e progetti del donatore, non significa che quei contributi non “pesino” sulle strategie dell’OMS e le decisioni prese dall’Assemblea. In effetti sono un buona misura del “peso politico” del donatore, cui l’Organizzazione tenderà a prestare maggiore attenzione. La scelta del Regno Unito di destinare la parte più grande (56%) del proprio contributo complessivo a contributi volontari “core”, (scelta seguita in minor misura della Germania) può in questo senso essere considerata una scelta strategica di politica estera.
Tra i fondi non assoggettati a priorità indicate dal donatore rientrano infine i cosiddetti “costi di supporto al programma” (6% del bilancio totale); si tratta di una percentuale destinata alle spese generali dell’OMS applicata a tutti i progetti e le iniziative finanziate da donatori pubblici e privati. Questi ultimi, insieme ai fondi “core” e quelli derivanti da contributi obbligatori, costituiscono circa il 20% non vincolato del bilancio totale.
Il restante 80% circa del bilancio è dunque costituito da contributi volontari vincolati alle priorità o a progetti definiti dai donatori. Questi come abbiamo visto sono Stati membri (50% circa) e organizzazioni intergovernative (ulteriori fondi pubblici) (16,5%, pari al 13% del bilancio totale), nonché una varietà di organizzazioni private e partenariati pubblico-privati. Tra le prime figurano le fondazioni che si autodefiniscono “filantropiche” – di cui la Fondazione Gates fa la parte del leone (13% dei contributi volontari, pari al 10% del bilancio totale) – molteplici ONG (complessivamente 4,7% dei CV e 4% del bilancio totale) e il settore privato dell’industria transnazionale, compresa quella farmaceutica (2% dei CV, 1,9% del bilancio). Tra i partenariati pubblico-privati emerge l’Alleanza GAVI, per le vaccinazioni, iniziata (nel 2000) e fortemente controllata dalla Fondazione Gates e dal settore privato. GAVI apporta 7,8% dei CV e circa il 6% del bilancio totale, cui concorre per un sesto la stessa Fondazione Gates (vedi Fig. 2).
In sintesi, considerando i soli finanziamenti dell’OMS non possiamo dire che il settore privato è il principale finanziatore dell’Organizzazione. Non è però trascurabile che l’80% circa del bilancio sia vincolato alle priorità dei donatori e quindi non possa rispondere con la flessibilità dovuta alle necessità e agli obiettivi individuati dall’Assemblea mondiale della sanità.
Se i privati rispondono a propri interessi, anche commerciali – seppure indiretti – anche gli Stati membri spingono l’uso dei fondi sulla base delle loro priorità geopolitiche o settoriali, influenzati a loro volta da potenti lobby economiche. Quindi può essere interessante analizzare a cosa vengono destinati i fondi dei contributi volontari finalizzati o tematici, prendendo ad esempio solo i primi quattro contribuenti dell’OMS.
La Fondazione Gates (secondo finanziatore dell’OMS) destina più dell’80% dei suoi contributi diretti all’OMS alla campagna antipolio, alla risposta a epidemie, pandemie e altre emergenze sanitarie, a farmaci e vaccini, ricerca e innovazione. Ciò senza contare il ruolo che gioca nell’Alleanza GAVI (quarto finanziatore) che ovviamente finalizza ai vaccini il suo contributo all’OMS.
Gli Stati Uniti d’America che dell’OMS che sono il primo finanziatore e da sempre il paese che più di ogni altro ha segnato le sorti dell’OMS, sembra avere le stesse priorità destinando il 63% dei contributi alle emergenze sanitarie, ivi incluse epidemie e pandemie, e il 15% al programma antipolio. La Germania, terzo finanziatore dopo gli Stati Uniti e la Fondazione Gates, sembra avere le stesse priorità (77% per varie configurazioni di emergenze e pandemie, e 8% per la Polio).
Certo, stiamo analizzando un biennio fortemente influenzato dalla pandemia di Covid-19, ma sapendo che almeno il 74% della mortalità a livello mondiale è causata da malattie croniche non trasmissibili (malattie cardiocircolatorie e respiratorie, cancro, neurodegenerative), sorprende scoprire quanti pochi fondi sono destinati al controllo di quelle malattie e ai loro determinanti.
Allora sorge il sospetto, non del tutto infondato, che epidemie e pandemie stuzzichino gli interessi della grande industria farmaceutica (BigPharma), che come è noto ricorre a qualsiasi mezzo affinché i Paesi s’impegnino nell’acquisto di farmaci e vaccini. Al contrario è noto che la prevenzione e il controllo delle malattie croniche si scontra con gli interessi dell’industria transnazionale alimentare (Big Food), dell’agrobusiness, dell’industria del tabacco, dell’industria estrattiva e delle molteplici altre industrie altamente contaminanti.
Dunque, per comprendere la dipendenza dell’OMS dai suoi donatori è importante capire il peso specifico di ciascuno di essi, ma conoscere la fruibilità di quei fondi e a quali attività sono destinati è altrettanto illuminante. Sarà interessante seguire ulteriormente questa pista.
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