OMS e la sfida pandemica: Quanta fretta, ma dove corri dove vai?!

Come ho più volte sottolineato, anche nel mio più recente intervento pubblico nel corso dell’evento organizzato a Roma dalla Commissione Medico-Scientifica Indipendente, la principale ragione per non fidarsi dell’OMS – in particolare per quanto riguarda le indicazioni per la gestione delle pandemie –  è la “cattura” di quella organizzazione da parte di attori e interessi privati, attraverso meccanismi complessi ma ben studiati, secondo un approccio “multistakeholder”, che insiste sul coinvolgimento degli attori privati nella governance della sanità pubblica e più in generale delle politiche globali.

Sotto la spinta di Big Pharma e di filantrocapitalisti ad essa strettamente collegati, da anni assistiamo ad una crescente tendenza dell’OMS, ad un approccio mercificato e centralizzato nella risposta alle epidemie, che sembra aver perso di vista ogni enfasi sui determinanti della salute, le cure primarie e la partecipazione comunitaria che hanno caratterizato gli anni d’oro di quella Organizzazione.

Dagli anni 1980 il bilancio regolare dell’OMS (formato dai contributi obbligatori degli Stati Membri) è congelato; ormai, priorità e funzionamento dell’Organizzazione sono determinati in massima parte dagli obiettivi cui attori pubblici e privati vincolano i propri contributi volontari. Anche questi sono ancora in massima parte di origine governativa o intergovernativa, e quindi costituiti da fondi pubblici, cionondimeno costituiscono uno dei principali, visibili e quantificabili, strumenti di “cattura” dell’OMS da parte di poche entità private, prima fra tutte la Fondazione Bill e Melinda Gates, seconda solo agli Stati Uniti d’America in quanto a finanziamento dell’OMS. Gli altri strumenti di “cattura” sono meno visibili, ma sistemici: controllo della ricerca, influenza sulle risorse umane, controllo dei media, sostegno a iniziative multistakeholder che marginalizzano l’OMS, lobby a tutti i livelli; senza parlare di meno visibili dinamiche corruttive.

Ora l’OMS sembra molto preoccupata di assicurare che la prossima Assemblea Mondiale della Sanità (27 maggio – 1 giugno) approvi un nuovo “Trattato pandemico”  e un pacchetto di emendamenti ai vigenti Regolamenti di Sanità Internazionale  (RSI 2005), senza peraltro che i testi da approvare siano ancora disponibili in versione finale. Già questo, infrange le regole vincolanti previste dagli RSI 2005, che all’articolo 55 prevede che “Il testo di ogni proposta di emendamento dovrà essere comunicato a tutti gli Stati Parte dal Direttore Generale almeno quattro mesi prima dell’Assemblea della Salute in cui viene posto in discussione.”

Anche pensare di far approvare un qualsiasi accordo internazionale senza averlo presentato con debito anticipo agli Stati membri è quanto meno un’eresia nell’ambito dei procedimenti internazionali. Ricordo come praticamente ad ogni riunione dell’OMS i delegati protestavano per lo scarso anticipo con cui alcuni documenti erano stati fatti circolare. E si trattava spesso di documenti tecnici di limitata rilevanza se confrontati con quelli oggetto di questa analisi!.   

Il testo emendato dei RSI è apparso in rete solo il 17 aprile u.s. (A/WGIHR/8 ), per la prima volta dal 6 febbraio del 2023, dopo quattordici mesi di negoziati a porte sostanzialmente chiuse.  L’ultima bozza del Trattato pandemico è circolata il 22 aprile (A/INB/9/3 Rev.1). In entrambi i casi sembrerebbe che molti dei punti critici che con la CMSI avevamo evidenziato in ottobre siano stati rivisti. Purtuttavia, an accurata analisi delle nuove versioni dei documenti suggerisce ancora l’inopportunità di una loro affrettata approvazione; non c’è nessuna ragione che obblighi ad approvarli alla prossima Assemblea Mondiale, se non la ricerca di visibilità politica di un “evento storico” e la probabile pressione di interessi diversi.

Quindi il primo motivo per rigettare entrambi gli strumenti è proprio quella pressione esercitata su governi e opinione pubblica per una loro affrettata approvazione di fronte alla persistente mancanza di consenso tra i negoziatori e la scarsa definizione di diversi aspetti, in effetti rimandata a future decisioni a Trattato approvato (“la gatta frettolosa fa i gattini ciechi”, recita un antico proverbio).

Il Trattato pandemico

A scanso di equivoci, è bene ricordare che la proposta di un Trattato pandemico, non viene dal segretariato dell’OMS o dal suo Direttore Generale, ma fu avanzata per la prima volta dal Presidente della Commissione Europea, Charles Michel, nel 2020 e integrata nella successiva dichiarazione dei leader del Gruppo dei 7 del 19 febbraio 2021, e finalmente tradotta nell’impegno assunto dal Consiglio dell’UE a lavorare su un trattato internazionale sulle pandemie nel quadro dell’OMS.

Come noi, diversi autori insistono da tempo sulla sua inutilità in assenza di un vuoto giuridico che lo giustifichi. Infatti esistono i RSI 2005, che sono uno strumento parimenti vincolante, il cui perfezionamento potrebbe essere giustificato se basato su di un’analisi imparziale sulle prove, punto per punto,  di cosa non ha funzionato fin qui (ma il processo attuale segue altre logiche e comunque i tempi non sono maturi).

Il Trattato, costituirebbe uno strumento del tutto nuovo, di complessa attuazione: con l’istituzione di nuovi e costosi organi di direzione (Conferenza delle Parti, COP) e organi sussidiari (art. 21); un aggravio di burocrazia, funzioni e costi della stessa OMS che funzionerebbe da segretariato (art.24), con nuovi meccanismi finanziari, tutti da definire in seguito (art.20); un ripetuto richiamo al coinvolgimento di molteplici stakeholders, che non è difficile identificare principalmente nell’industria, anche per l’insistenza del testo del Trattato sui prodotti pandemici  e il loro sviluppo, produzione e distribuzione.

Sotto la bandiera della “alfabetizzazione scientifica, sanitaria e pandemica” e sull’accesso a “informazioni trasparenti, accurate, basate sulla scienza e sulle prove” che  le Parti dovranno rafforzare (art. 18), si può nascondere ancora il desiderio di censura di qualsiasi espressione di dissenso o di prove che mettano in discussione la narrativa ufficiale.

Ma al tavolo del negoziato questi aspetti sembrano non preoccupare. Piuttosto, le principali controversie ruotano ancora attorno al tema dell’equità nella distribuzione di costi e benefici tra i paesi ad alto reddito e i paesi più poveri. In particolare riguardo all’accesso agli agenti patogeni isolati nei Paesi; l’accesso ai prodotti pandemici, come i vaccini prodotti a partire dalle sequenze genetiche di quei patogeni; la distribuzione equa non solo di test, trattamenti e vaccini contro la pandemia, ma anche dei mezzi per produrli e quindi i finanziamenti. Ma la trattazione di alcuni di quei temi controversi – in particolare le modalità di funzionamento di un nuovo sistema OMS di accesso agli agenti patogeni e ai benefici che ne derivino (Pathogen Access and Benefit-Sharing System, PABS) – viene peraltro rimandata momenti successivi all’approvazione del Trattato (al 2026) (art. 12). Allo stesso modo per la definizione delle modalità operative dell’approccio Una Salute (One Health) si rimanda alla elaborazione di uno strumento che si colleghi alle prescrizioni dei RSI e dovrebbe divenire operativo nel 2026 (art. 5).

Per allontanare i dubbi, sollevati da più parti, circa la possibilità che il Trattato avesse lo scopo di sottrarre sovranità sanitaria agli Stati per conferirla alla OMS i negoziatori si sono premurati di inserire nel testo la frase: “Nessuna disposizione dell’Accordo OMS sulle pandemie deve essere interpretata nel senso di conferire al Segretariato dell’OMS, compreso il Direttore Generale dell’OMS, l’autorità di dirigere, ordinare, modificare o prescrivere in altro modo le leggi o le politiche nazionali e/o domestiche, a seconda dei casi, di qualsiasi Parte, o di imporre alle Parti l’obbligo di intraprendere azioni specifiche, come ad esempio vietare o accettare i viaggiatori, imporre mandati di vaccinazione o misure terapeutiche o diagnostiche o attuare misure di lock down.” (art. 24).

In realtà, invece di rafforzare l’OMS – che invece mantiene la responsabilità dell’attuazione dei RSI –  il Trattato aumenterebbe la frammentazione dell’azione di preparazione e risposta alle pandemie, in un quadro di governance globale della sanità già di per sé estremamente  frammentato.

Gli emendamenti ai RSI 2005

Ma veniamo alle ragioni per cui anche l’attuale proposta di emendamenti ai RSI 2005 dovrebbe essere rigettata. Il primo motivo è ancora l’ingiustificabile fretta per approvare uno strumento ancora in discussione, e la già ricordata intenzione di presentarlo mediante un sotterfugio in violazione della già citata norma di quegli stessi Regolamenti che ne prevede la presentazione con quattro mesi di anticipo (art.55).

Anche in questo caso i passaggi che avevano destato maggiore preoccupazione sono stati rimossi o modificati con la probabile intenzione di renderli più digeribili agli osservatori più critici. Ad esempio è stato rimosso l’emendamento che cassando il “non vincolanti” voleva rendere obbligatoria l’esecuzione delle raccomandazioni dell’OMS (una contraddizione in termini, peraltro) (art. 1). Allo stesso modo è stato cancellato quell’oltraggioso emendamento che pretendeva di cassare nei principi il riferimento al “pieno rispetto della dignità, dei diritti umani e delle libertà fondamentali delle persone” aggiungendo piuttosto il richiamo ad un condivisibile dovere di “equità e solidarietà tra gli Stati” (art. 3). Vale la pena ricordare che per la Repubblica Italiana la solidarietà è un “inderogabile dovere” (art. 2 della Costituzione).

Tra le nostre osservazioni alla vecchia bozza sottolineavamo il pericolo della sostituzione di “organizzazioni intergovernative” tra i destinatari delle informazioni dell’OMS con un più generico “organizzazioni internazionali”, motivando la nostra obiezione con la genericità del termine che potrebbe includere organizzazioni private (filantropie globali, ONG internazionali, organizzazioni pubblico-private), che non sono firmatarie, né direttamente soggette ai RSI. Purtroppo la preoccupazione rimane: “organizzazioni intergovernative” è stata sostituita con “enti internazionali”, che si presta ugualmente a varie interpretazioni, sempre nell’ottica di quel deleterio multistakeholderismo che si vorrebbe come nuova forma di governance globale.

Anche gli emendamenti all’art 13 che prevedevano più stringenti condizioni di cessione di sovranità degli Stati membri, sono stati in gran parte eliminati. Però quello che era un “dovrebbero” (should)  rimane comunque emendato in un “devono” (shall) e quindi nell’obbligo degli Stati Membri di fornire, su richiesta dell’OMS “supporto alle attività di risposta coordinate dall’OMS” e ciò “nella massima misura possibile nell’ambito dei mezzi e delle risorse a loro disposizione” (par. 5, art.13). Aspetto che viene ripreso poco più avanti (par.7, art. 13)  dove si richiama il “dovere” degli Stati Parte, su richiesta di altri Stati Parte o dell’OMS, di “collaborare tra loro e sostenere le attività di risposta coordinate dall’OMS” “nella maggior misura possibile, in base alle leggi nazionali e alle risorse disponibili.

Molto attenuati, ma non scomparsi (sistemati nell’Annesso 1) i richiami alla necessità di rafforzare a diversi livelli (nazionale, intermedio e locale) le capacità degli Stati Parte ivi incluso per “contrastare la cattiva informazione e la disinformazione”.

La facilitazione dell’accesso ai “prodotti sanitari” (nel Trattato si parla di prodotti “pandemici”, ma i RSI sono nati per far fronte a ogni tipo di emergenza sanitaria – anche, per esempio, derivante da conflitti o disastri nucleari – e quindi il termine usato è necessariamente più inclusivo) si ritrova inserito in più punti della proposta di emendamenti. Tale accesso – che poi significa favorire lo sviluppo, acquisto e distribuzione dei prodotti – dovrebbe prevedere meccanismi coordinati dall’OMS (art. 44). Ma sappiamo, dall’esperienza della pandemia Covid 19, come quel ruolo sia stato del tutto secondario, con meccanismi (per esempio COVAX) diretti da organizzazioni pubblico-private come l’Alleanza GAVI e la CEPI, a loro volta fortemente influenzate dal settore commerciale e dai soliti filantrocapitalisti.

Per quanto riguarda infine il sostegno finanziario alle attività di preparazione e risposta alle emergenze sanitarie, un articolato emendamento indica il dovere degli stati Parte di mobilitare risorse anche attraverso “i meccanismi di finanziamento bilaterali, subregionali, regionali e multilaterali esistenti e futuri”; in particolare “attraverso meccanismi di coordinamento e/o di finanziamento che potranno essere stabiliti in futuri Accordi Internazionali relativi alla prevenzione, alla preparazione e alla risposta alle pandemie” (art.44). Si tratta di fatto del collegamento con il Trattato pandemico, e a meccanismi finanziari la cui definizione è stata rimandata a momenti successivi all’approvazione del Trattato.

Perché dunque tanta fretta? Meglio fermarsi a riflettere. D’altra parte non sono gli strumenti vincolanti già a disposizione – in particolare i RSI 2005 – che non hanno funzionato nel far fronte alla pandemia Covid 19. Piuttosto è mancato il rispetto delle regole che i RSI sanciscono e sono prevalse le regole degli interessi geopolitici e quelli privati a tutti i livelli del sistema globale.

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