Il 13 febbraio 1954 il governo britannico annunciava la relazione causale tra il fumo di tabacco e il cancro. Con i loro studi, i ricercatori Doll e Hill avevano già provato la causalità due anni prima.
(Immagine: “Everyone Waiting On Me” by ipressthis)
L’industria del tabacco però reagì con ogni mezzo per non perdere i crescenti profitti di quel mercato. Con la “Dichiarazione di Frank ai fumatori di sigarette”, le aziende statunitensi del tabacco negavano il legame con il cancro: “Crediamo che i prodotti che produciamo non siano dannosi per la salute”. “Non c’è alcuna prova che il fumo di sigaretta sia una delle cause”. Tuttavia, le aziende produttrici di tabacco sapevano già dalla metà degli anni ’50 che i loro prodotti erano collegati al cancro e creavano dipendenza. Ancora nel 1964 l’industria continuava a negare pubblicamente i danni delle sigarette. La posizione di Philip Morris nel 1964 era: “Non accettiamo l’idea che il tabacco contenga agenti nocivi”.
Quando all’inizio degli anni 2000 l’Organizzazione Mondiale della Salute (OMS) lanciò i negoziati per giungere all’accordo internazionale conosciuto come Convenzione Quadro sul Controllo del Tabacco (FCTC) l’industria transnazionale del tabacco fece di tutto per impedirne l’approvazione. Finalmente nel maggio del 2003 la FCTC fu approvata dall’Assemblea Mondiale della Sanità, grazie ad una vasta alleanza tra OMS e organizzazioni della società civile e molti paesi del Sud del mondo. La Convenzione entrò in vigore nel febbraio 2005 quando venne raggiunto il numero previsto di 40 ratifiche da parte degli Stati membri. A tutt’oggi gli Stati Uniti sono tra i pochissimi paesi che non hanno ratificato l’accordo.
La FCTC rimane per il momento l’unico esempio di accordo internazionale in applicazione degli articoli 19 e 20 della Costituzione dell’OMS.
Come è noto però presso l’OMS si sta negoziando un nuovo Trattato internazionale cui per il momento ci si riferisce come “Accordo Pandemico” e dovrebbe essere presentato in maggio alla prossima Assemblea mondiale della Sanità. Per essere approvato sarà necessaria una maggioranza qualificata di 2/3 dei voti dei 194 Stati membri. In seguito ad un eventuale approvazione anche quell’accordo potrà entrare in vigore solo una volta raggiunto un numero sufficiente di ratifiche e sarà vincolante solo per gli Stati che l’avranno ratificato (approvato dai rispettivi organi legislativi). Ha ragione dunque il Direttore generale dell’OMS, Tedros Ghebreiesus, quando dice che l’accordo pandemico non porterà ad alcuna cessione di sovranità all’OMS da parte degli Stati e che quella tesi è solo il frutto di una “litania di bugie e teorie cospirative”?
Si, ha ragione affermando che sono gli Stati che stanno negoziando e che dovranno approvare l’accordo; sono gli Stati che se vorranno lo ratificheranno. Ma, i giochi non sono ancora conclusi, e sono gli Stati che potrebbero ancora decidere di trasferire maggiori responsabilità all’OMS. Sotto la pressione di potenti lobby, infatti, molti Stati sembrano rispondere al desiderio di controllo globale del capitalismo neoliberale in nome della biosicurezza che, guarda caso, si assicurerebbe con la produzione di biotecnologie innovative (li chiamano prodotti pandemici). Quei prodotti che dovranno essere resi accessibili universalmente – in nome dell’equità – comprandoli a caro prezzo, a pagamento anticipato, e in quantità superiori alle quantità considerate necessarie (come abbiamo già visto durante la pandemia di Covid-19) da quelle stesse industrie che sugli Stati esercitano pressioni, ma nei contratti si assicurano l’immunità di fronte ad ogni possibile conseguenza della loro somministrazione. Poche parole invece, e per lo più di convenienza, sulla necessità di rafforzare i servizi sanitari, che grazie a quelle stesse forze del capitalismo neoliberale sono stati progressivamente definanziati e privatizzati a beneficio dei soliti noti, e la cui debolezza è stata una delle principali cause della elevata mortalità da Covid-19.
Quel che è certo è che non c’è un vuoto giuridico da colmare che giustifichi un nuovo trattato. Infatti, esistono i Regolamenti Sanitari Internazionali 2005 (RSI 2005), uno strumento vincolante al pari di un Trattato. Prima di impegnarsi in un nuovo strumento legale o nella modifica di quello esistente, che fornisca all’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) nuove o più ampie responsabilità e agli Stati membri nuovi obblighi, dovrebbe essere analizzata attraverso un’indagine internazionale e indipendente l’intera gestione della pandemia dell’OMS (2020-2023) che presenta molti lati oscuri, per non parlare di quella di altre istituzioni internazionali o sovranazionali, come quella della Commissione in nome e per conto dell’Unione Europea.
È altresì certo che, oltre ad essere inutile, un nuovo Trattato introdurrebbe ulteriori processi e burocrazia, come la Conferenza delle Parti, il Segretariato, i sottocomitati, le reti o partenariati, ecc. e i relativi costi e oneri per la/e istituzione/i internazionale/i che fungerebbero da Segretariato (il testo attuale fa riferimento solo all’OMS, in precedenti bozze si ipotizzava il coinvolgimento di altre agenzie delle Nazioni Unite, es. FAO e UNEP).
Ma tornando a Tedros, forse è lui che non dice come stanno davvero le cose. Facendo per lo più riferimento al solo Accordo pandemico, evita di menzionare il negoziato che ancor più segretamente va avanti in parallelo: quello riguardante gli emendamenti ai Regolamenti Sanitari Internazionali (RSI 2005) che potrebbero essere approvati in sordina dall’Assemblea Mondiale della Sanità (AMS), con una maggioranza semplice e possibilmente senza nemmeno ricorrere alla votazione se si giungesse a procedere per consenso, come à abituale nel sistema delle Nazioni Unite. Una volta approvati dall’AMS, quegli emendamenti diverrebbero vincolanti per tutti gli Stati Membri ad eccezione di quelli che formalmente li rigettino entro 10 mesi dall’approvazione. Anche qui tutto procede in estrema segretezza.
Come si può vedere, una bella differenza con il processo che 20 anni fa portò al varo dell’FCTC, l’accordo internazionale contro il tabacco e gli interessi di quell’industria. Questa volta invece di promuovere un ampio coinvolgimento della società civile, i negoziati si svolgono per lo più in segreto. I resoconti delle riunioni non riportano con precisione gli accordi raggiunti su ciascun articolo degli strumenti in discussione. È stato persino trovato un escamotage evitare di trasmettere ai governi il testo finale con l’anticipo di quattro mesi previsti dall’articolo 55 dei RSI 2005 (vigenti).
L’OMS un tempo affidabile e in alcune occasioni – come per esempio sotto la direzione di Hafdan Mahler – anche capace di contrastare le pressioni degli Stati membri più potenti, che da sempre ne hanno determinato le sorti, oggi cede non solo agli Stati più influenti, ma alle poderose forze del Mercato dai cui contributi in buona parte dipende ed è altrimenti catturata.
Dal multilateralismo che, con tutti i possibili difetti, consentiva un confronto tra governi più o meno rappresentativi dei loro popoli, siamo giunto alla sfrenata e costante riproposizione del multistakeholderismo, ovvero della legitimazione del coinvolgimneto nella governance globale delle società transnazionali, l’affermazione di quel capitalismo multistakeholder tanto caro al patron di Davos e del Foro Economico Mondiale.
Il rischio non è la cessione di sovranità alla OMS, ma la cessione dei diritti umani fondamentali al settore privato. Ecco perché si temono le voci libere. Ecco perché fin dall’inizio della pandemia di Covid-19 l’OMS ha collaborato con aziende di ricerca e media come Facebook, Google, Pinterest, Tencent, Twitter, TikTok, YouTube e altri per contrastare la diffusione di informazioni non allineate.
Dichiarazione universale dei diritti umani – Articolo 19
Ogni individuo ha diritto alla libertà di opinione e di espressione incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere.
Eccellente disamina di cui condivido anche le virgole !