STOP pulizia etnica a Gaza. Più di 2000 operatori di solidarietà e cooperazione internazionale abbiamo scritto alla Presidente del Consiglio Meloni

Signora Presidente del Consiglio,

Noi operatrici e operatori della solidarietà e della cooperazione internazionale, che a diverso titolo professionale o volontario prestiamo o abbiamo prestato servizio presso la Direzione Generale per la Cooperazione allo Sviluppo del Ministero degli Affari Esteri (oggi MAECI), presso l’Agenzia Italiana di Cooperazione allo Sviluppo (AICS), nelle altre Istituzioni pubbliche, nelle organizzazioni della società civile, nelle imprese o come liberi professionisti,

che dedichiamo o abbiamo dedicato la vita alla solidarietà e alla cooperazione internazionale, a sostegno delle popolazioni svantaggiate e in difficoltà, per la piena realizzazione dei diritti umani fondamentali, la promozione della pace e della giustizia, e lo sviluppo umano e sostenibile, uniamo la nostra voce alla lettera aperta dei diplomatici italiani non più in servizio del 27 luglio 2025. Siamo sensibili alle parole del Presidente della Repubblica alla cerimonia del Ventaglio del 30 luglio, e condividiamo l’appello di un numero crescente di persone e collettività che si esprimono, troppo spesso nel silenzio mediatico, esigendo un’azione risoluta del Governo per la immediata cessazione della pulizia etnica in atto a Gaza e delle violazioni dei diritti civili e umani dei palestinesi in Cisgiordania.

Condanniamo l’atroce raid del 7 ottobre 2023 compiuto da Hamas, così come ogni forma di antisemitismo e di violenza contro civili e auspichiamo il rilascio immediato degli ostaggi israeliani da parte di Hamas e la contemporanea liberazione dei prigionieri palestinesi da parte di Israele. 

Condanniamo altresì fermamente le criminali operazioni militari israeliane nella Striscia di Gaza, l’occupazione illegale del territorio e le violenze dei coloni in Cisgiordania, che colpiscono principalmente civili inermi, in violazione di ogni legalità internazionale e del diritto umanitario, con un’efferatezza oltre ogni limite di umanità.

Sentiamo nostro dovere umano, civile e professionale adoperarci per fermare questa crisi umanitaria senza precedenti che colpisce più di due milioni di persone e per chi riuscirà a sopravvivere, implicherà danni fisici, mentali e morali irreparabili, e conseguenze sanitarie, sociali, economiche e ambientali che perdureranno per generazioni.

Nell’auspicio che si attivino con ogni mezzo per la cessazione immediata delle ostilità contro Gaza e la Cisgiordania, il rilascio di tutti gli ostaggi e la liberazione dei prigionieri palestinesi, il ripristino dell’integrità territoriale della Cisgiordania⁠ e lo stop a nuovi insediamenti in Cisgiordania ed il graduale rientro, con un calendario certo, dei coloni in Israele,

chiediamo al Governo e al Parlamento italiani e, per vostro tramite, alle competenti istituzioni europee:

–      la sospensione di ogni accordo con lo Stato di Israele, istituzionale, commerciale e di cooperazione, riconducibile direttamente o indirettamente al settore militare e della difesa;

–      la sospensione dell’accordo di associazione UE- Israele;

–      il sostegno al ruolo internazionale e operativo delle Nazioni Unite e delle sue agenzie, e a Gaza e in Cisgiordania dell’UNRWA nel suo mandato di supporto ai palestinesi, assicurando anche l’ingresso senza limiti degli aiuti umanitari;

–      il massimo sostegno alla popolazione palestinese nelle Striscia di Gaza, per il ripristino della dignità umana, l’immediata risposta ai bisogni primari e la ricostruzione;

–      l’immediato riconoscimento dello Stato di Palestina, unendoci agli altri 140 paesi che già lo hanno fatto e coloro che hanno annunciato di farlo prossimamente.

Per aggiungere la tua firma: https://chng.it/H6wG72JGZN

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La sfida della ricostruzione del sistema sanitario di Gaza: Una rassegna narrativa verso la sostenibilità

Di fronte al dramma di Gaza con Kasturi Sen, collega dell’Università di Oxford, ci siamo voluti interrogare sulla sfida della costruzione di un futuro sistema sanitario. In qualche modo, il nostro lavoro di ricerca (presentato già in aprile ma pubblicato solo il 29 di luglio dopo il rigoroso processo di peer-review) nella forma di quella che in gergo si chiama una revisione narrativa – ovvero una panoramica critica della letteratura scientifica – vuole essere un messaggio di denuncia e di speranza, nonché un richiamo alla comunità internazionale in particolare quella dei medici e degli altri operatori sanitari ad esprimersi a sostegno del popolo di Gaza e unirsi alla condanna del genocidio in atto.

Il retroscena: la guerra ininterrotta

Da quando Hamas è stato eletto al potere a Gaza nel 2006, ci sono state otto guerre tra il 2008 e il 2023, insieme a un blocco totale che ha reso la sopravvivenza quotidiana nella Strisica di Gaza una enorme sfida.

La guerra del 2008 è durata 23 giorni, quella del 2012 otto giorni, quella del 2014 cinquanta giorni e quella del 2018 ha comportato una sparatoria di massa al confine settentrionale, uccidendo e ferendo centinaia di persone che protestavano contro il blocco. La guerra del 2021 è durata 11 giorni.

Ora siamo all’ottava guerra. Ogni guerra ha causato morti, feriti e distruzione di infrastrutture sanitarie e residenziali. La guerra iniziata nel 2023 e cui ancora non si pone fine, ha prodotto la sistematica devastazione quasi totale di vite, salute, infrastrutture e ambiente. Il bilancio è sconcertante, tanto che molte agenzie multilaterali, tra cui l’ONU, hanno definito la situazione un genocidio.

Gli operatori sul campo e la raccolta delle informazioni

È difficile ottenere cifre precise nella maggior parte delle zone di conflitto, ma le stime suggerivano oltre 49.000 morti alla fine di marzo 2025, soprattutto donne e bambini (70%), 110.000 feriti e 30.000 dispersi.

Oltre l’80% delle abitazioni distrutte, il 60% degli ospedali non funzionanti e i restanti a malapena operativi.

Numeri che crescono incessantemente.

Gravi carenze di medicinali e di ossigeno. Le agenzie delle Nazioni Unite, tra cui l’Ufficio per il Coordinamento dell’Assistenza Umanitaria (OCHA), l’Agenzia delle Nazioni Unite per il Soccorso e l’Occupazione della Palestina (UNRWA), e l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), forniscono aggiornamenti settimanali, documentando la crisi umanitaria e l’immensa sfida della ricostruzione di Gaza.

La ricostruzione del sistema sanitario di Gaza deve tenere conto del conflitto in corso, che causa un grave logoramento a livello individuale, collettivo e ambientale. Ogni guerra peggiora la mortalità, la morbilità, la perdita di infrastrutture e la distruzione ambientale. Con l’aumento dell’intensità della guerra, aumentano morti e sofferenza, nonché la distruzione delle infrastrutture.

La documentazione esistente è per lo più descrittiva e basata su dati che privilegiano la raccolta rapida di dati rispetto all’analisi approfondita in una crisi dinamica. I rapporti compilati dalle organizzazioni umanitarie multilaterali più vicine al territorio in collaborazione con il Ministero della Sanità di Gaza documentano i morti, i feriti e la perdita di infrastrutture. I rapporti evidenziano la grave carenza di medicinali, ossigeno e attrezzature, mentre riferiscono e condannano gli attacchi agli operatori e alle strutture sanitarie. E ora anche la carestia. Tutte le agenzie chiedono un cessate il fuoco urgente e la ripresa degli aiuti umanitari.

Le agenzie multilaterali devono affrontare due preoccupazioni fondamentali. Innanzitutto, garantire un cessate il fuoco duraturo, visto che in passato sono stati uccisi in modo mirato gli operatori umanitari. Sono anche preoccupate per la necessità immediata di potenziare in modo massiccio le catene di approvvigionamento di cibo, carburante, medicinali e acqua, che la guerra ha interrotto.

Diverse agenzie delle Nazioni Unite hanno evidenziato i problemi sollevati nel loro lavoro quotidiano dagli attacchi alle infrastrutture sanitarie e dall’uccisione degli operatori sanitari. Finora sono stati uccisi quasi 300 operatori sanitari dell’ONU/OMS e molti altri sono rimasti feriti.

Si mette in evidenza l’impatto devastante del conflitto sui bambini e sulle donne incinte, unitamente all’impossibilità di lavorare senza un cessate il fuoco umanitario e con le forniture interrotte. Nonostante fin dall’inizio del conflitto nel novembre 2023, si sia sollecitato un cessate il fuoco umanitario, il conflitto è continuato senza sosta. Una sfida importante per le agenzie è la capacità di coordinare gli sforzi umanitari. La scarsità di risorse, vincoli politici e logistici oltre e conflitto obbligano spesso ad un lavoro frammentario. Sarebbe indispesnabie mettere in comune le risorse finanziarie e umane tra i vari settori.

È anche evidente che la collaborazione delle comunità locali non può che essere limitata per una popolazione che ha sopportato lesioni estreme, morti e fame. Le priorità delle comunità variano in base alla posizione, ai danni e alle perdite personali. L’assedio di Gaza, un processo geopolitico trascurato, mina l’assistenza sanitaria attraverso il controllo della catena di approvvigionamento e la destabilizzazione del sistema. L’assedio rende deliberatamente la popolazione prigioniera, impedendo un sistema sanitario funzionale. Le infrastrutture di Gaza sono state continuamente spogliate di ogni risorsa, obbligando i residenti alla dipendenza da Israele, dagli organismi internazionali e dagli aiuti.

Nonostante l’assedio, non mancano però gli sforzi locali per contrastare il collasso del sistema sanitario. Postazioni mediche, simili a rudimentali cliniche mobili, operano in 28 aree, fornendo assistenza primaria e gestione dei traumi alle popolazioni sfollate. Anche se sistematicamente bombardate, le postazioni hanno continuato a esistere nonostante la grave carenza di medicinali, attrezzature e personale dovuta al controllo della catena di approvvigionamento e alle perdite di operatori sanitari. La sostituzione degli operatori sanitari rimane una sfida importante, che mette a rischio le popolazioni vulnerabili, aumentando le morti prevenibili e ostacolando le risposte ai bisogni sanitari acuti e cronici. Diverse studi auspicano soluzioni innovative come la telemedicina e l’espansione delle cliniche mobili, mentre chiedono un’azione internazionale urgente per garantire un’assistenza sanitaria d’emergenza sostenibile.

La distruzione delle infrastrutture sanitarie

Nel novembre 2023, due terzi degli ospedali di Gaza e metà delle strutture educative gestite dall’UNRWA, utilizzate come rifugi, sono stati distrutti. Anche le ambulanze che trasportavano pazienti gravemente malati in Egitto sono state messe fuori uso dai bombardamenti. Nel febbraio 2024, è stato riferito che “ogni ospedale di Gaza è danneggiato, distrutto o fuori servizio per mancanza di carburante”.

I ripetuti attacchi hanno lasciato la maggior parte degli ospedali, delle cliniche e dei centri di assistenza sanitaria primaria senza la capacità di funzionare efficacemente a fronte di un bisogno drammatico. I 17 anni di assedio, e i ripetuti attacchi anche prima dell’attuale conflitto hanno lasciato l’infrastruttura sanitaria frammentata, priva di servizi sub-specialistici e incapace di importare attrezzature mediche essenziali. Prima dell’ottobre 2023, solo 35 ospedali con 3412 posti letto servivano oltre 2 milioni di persone.

La paralisi del sistema sanitario di Gaza ha avuto un forte impatto anche sulle persone affette da patologie croniche, come il diabete e le malattie cardiache, che richiedono cure e farmaci continui. All’inizio dell’attuale conflitto, circa 350.000 persone soffrivano di patologie croniche, tra cui cancro, diabete, insufficienza renale cronica e insufficienza cardiaca, mentre quasi 50.000 donne incinte non disponevano di cure essenziali. La necessità di una fornitura continua di farmaci e di attrezzature sarà un fattore importante di morbilità e mortalità prevenibili in futuro. L’incapacità di fornire farmaci vitali, insieme alla carenza di carburante e alla mancanza di elettricità, porterà semplicemente ad altre morti. Quasi il 95% della popolazione di Gaza non ha acqua potabile e oltre l’85% vive in povertà. Dal 7 ottobre, l’embargo totale imposto da Israele ha interrotto la fornitura di carburante, energia elettrica, cibo e acqua potabile.

La comunità medica internazionale che avrebbe il dovere morale di esprimersi per la fine del conflitto, è rimasta per lo più in silenzio. Israele ha violato ogni norma del Diritto Internazionale Umanitario a tutela degli operatori e delle infrastrutture sanitarie. Solo un cessate il fuoco duraturo può consentire una ricostruzione sostenibile. È indispensabile l’applicazione urgente delle leggi internazionali.
Le malattie, la sofferenza

A sei settimane dall’inizio del conflitto, il bilancio delle vittime di Gaza aveva già superato gli 11.000 morti, di cui oltre un terzo bambini. Più di 27.000 sono stati i feriti. Mentre le operazioni militari israeliane hanno preso di mira il nord e Gaza City, il 70% dei 2,2 milioni di residenti di Gaza è stato costretto a spostarsi a sud, ma anche coloro che sono in fuga o già sfollati non sono risparmiati dal tiro dell’esercito israeliano.

Le malattie infettive si diffondono rapidamente a causa della distruzione mirata delle infrastrutture idriche, igieniche ed elettriche. I ripetuti spostamenti e della mancanza di alloggi, facilitano la diffusione di scabbia, pidocchi, varicella, malattie diarroiche ed epatite. I dati pubblicati di recente evidenziano i numeri sconcertanti di casi. Dall’inizio del conflitto, sono stati registrati 40.000 casi di epatite, quasi un milione di infezioni acute del tratto respiratorio, mezzo milione di casi di diarrea acuta e oltre 10.000 casi di ittero. In un’area densamente popolata e con la popolazione ripetutamente sfollata, è probabile che queste cifre siano sottostimate. La mancanza di forniture e attrezzature mediche significa che molte infezioni rimarranno non trattate e creeranno ulteriori complicazioni sanitarie. L’incessante bombardamento e l’ordine da parte di Israele di interrompere le attività sanitarie o di evacuare strutture sanitarie impediscono ai pazienti di accedere alle cure tanto necessarie e agli operatori sanitari di fornirle.

Particolarmente preoccupante è il riemergere della poliomielite, precedentemente dichiarata eradicata dal Ministero della Salute di Gaza dal 1999. La situazione è stata esacerbata dal collasso dei programmi di vaccinazione e soprattutto dalla perdita del sistema igienico-sanitario, con la polio rilevata nelle acque reflue all’inizio del conflitto. Diversi autori chiedono un’azione immediata per prevenire disabilità a vita nei bambini e la fornitura di attrezzature per individuare e prevenire l’ulteriore diffusione del virus. Sottolineano la necessità di proteggere le postazioni mediche nonostante le risorse limitate per intraprendere questo lavoro. Il programma di vaccinazione d’emergenza dell’OMS, lanciato nel luglio 2024, si rivolge a 600.000 bambini nell’ambito di un cessate il fuoco temporaneo. Tuttavia, secondo l’OMS, gli spostamenti ripetuti in corso ostacolano gli sforzi di per controllare la polio. Secondo le stime, circa 7.000-10.000 bambini in aree difficili da raggiungere sono a rischio di paralisi e disabilità a lungo termine.

La restrizione dell’accesso umanitario, anche ai servizi di salute mentale e ai farmaci, sostiene, aggrava le sofferenze, soprattutto per coloro che hanno condizioni psichiatriche preesistenti. Esiste un’urgente necessità di supporto psicosociale e di salute mentale. La prevenzione delle disabilità a lungo termine sarà fondamentale per la ricostruzione del sistema sanitario di Gaza.
È indispensabile fornire una prospettiva per la ricostruzione

Nonostante la grave situazione crisi, è indispensabile fornire una prospettiva per la ricostruzione del sistema sanitario di Gaza, ripartendo dai bisogni immediati, a medio e lungo termine in fasi successive.

È stato proposto un approccio nazionale inclusivo ai servizi sanitari in tutta la Palestina. Un “piano di ripresa dalla crisi” con una collaborazione internazionale, regionale e nazionale per la pianificazione e il finanziamento. La priorità immediata è una valutazione completa dei bisogni, e quindi degli aiuti umanitari e del supporto medico necessari. Nel contempo bisogna assicurare la sopravvivenza e accettabili condizioni di vita della popolazione; riscostruire i servizi pubblici, compreso quelli sanitari.

Ci vorranno almeno 10 anni, per una ricostruzione del sistema sanitario di Gaza a livello degli standard minimi dell’OMS e integrata nei più ampi sforzi di ripresa nazionale. Tuttavia, un cessate il fuoco permanente è essenziale per qualsiasi azione.

Il conflitto ha creato una prolungata emergenza sanitaria a causa della mancanza di accesso alle necessità essenziali per salvare la vita, comprese le forniture mediche e le cure di qualità. Sebbene tutta la popolazione sia colpita, secondo questo punto di vista i bambini sono quelli più gravemente colpiti da traumi e sfollamenti.

È indispensabile esercitare pressioni politiche su Israele per riaprire le catene di approvvigionamento. La salute e la sanità sono le prime vittime del conflitto ivi incluse centinaia di attacchi a pazienti, personale medico e ambulanze dall’inizio di quest’anno.

Tra carenze e bombardamenti incessanti, l’OMS si trova ad affrontare sfide importanti per fornire assistenza sanitaria. dando priorità ai bisogni immediati, affrontando i traumi fisici e mentali attraverso cliniche mobili e teleconsulti dovendo sostenere anche il benessere mentale e fisico degli operatori sanitari, spesso gravemente traumatizzati.

La salute pubblica è una questione di benessere sia fisico che mentale. L’occupazione delle terre palestinesi da parte di Israele ha negato a Gaza tutti gli aspetti della salute pubblica da quando è iniziato l’assedio 17 anni fa. L’assedio, insieme a una politica di impoverimento, ha limitato il lavoro, il commercio e la produzione, con un grave impatto sulla vita a Gaza.

Otto guerre e invasioni dal 2008 al 2023 hanno causato uccisioni, distruzione e violenza diffusa, danneggiando la salute fisica e psicologica degli abitanti. È indispensabile comprendere i determinanti sociali e politici della salute, a Gaza l’occupazione israeliana è il principale determinante. È necessario considerare la “qualità della vita” – al di là delle morti e delle privazioni – inclusa la salute mentale, come parte integrante di qualsiasi recupero. Il punto di partenza per la vita a Gaza inizia con l’interruzione dell’occupazione che è alla base della crisi a lungo termine che è stata amplificata dall’attuale conflitto.

I bisogni immediati riguardano acqua pulita, servizi igienici e la riapertura delle catene di approvvigionamento di cibo, medicine e ossigeno. Sono indispensabili spazi sicuri e un cessate il fuoco duraturo. Nel complesso mostrano a che l’entità dei bisogni è enorme. Molti, compresi i rapporti delle Nazioni Unite, sottolineano l’urgente necessità di servizi di salute mentale, soprattutto per i bambini feriti, orfani e sfollati; tuttavia, questo aspetto non viene affrontato in modo coerente. Si riscontrano alti tassi di disturbi mentali a causa delle violenze in corso e dello sfollamento, con lacune nell’assistenza, poiché le lesioni fisiche hanno la priorità. Tuttavia, si trascura l’impatto sproporzionato della salute mentale sulle donne e sugli operatori sanitari. Il supporto per gli operatori sanitari traumatizzati non può essere trascurato poiché nel futuro ci sarà un’esplosione del bisogno di assistenza sanitaria con una forza lavoro fortemente impoverita.

La maggior parte dei lavori scientifici trascura il ruolo essenziale della sicurezza, che è fondamentale per ricostruire il sistema sanitario di Gaza. Con personale sanitario e finanze limitate, è necessaria una maggiore collaborazione tra ONU, ONG, e Stato per una ripresa complessiva. Pochi lavori sottolineano la valutazione delle priorità delle popolazioni sfollate e traumatizzate attraverso la consultazione delle comunità locali. Nonostante i ripetuti conflitti, a Gaza esistono gruppi locali che si occupano dei bisogni più urgenti attraverso la collaborazione e il sostegno della comunità. Sembra che l’attuale conflitto miri a cancellare luoghi, appartenenze e memorie più di qualsiasi altro in precedenza. Collaborare con le organizzazioni locali è la chiave per una ricostruzione sostenibile, dando priorità alle persone per promuovere l’appartenenza alla comunità e la gestione futura, nonostante le sfide.

Pensare un sistema sanitario

La fine dell’occupazione è essenziale per l’autodeterminazione e la libertà di movimento. Fermare la guerra, ritirare le forze di occupazione, togliere l’assedio e garantire la circolazione sono prerequisiti per qualsiasi intervento sanitario efficace. Nella figura illustriamo gli interventi necessari utilizzando l’approccio proposto dall’OMS per “blocchi” del sistema sanitario (Fig.1).

Il governo – la governance – del sistema

Il diritto internazionale non è riuscito a fermare le ostilità e a ripristinare gli aiuti umanitari, entrambi cruciali per la normalità. Anche gli attori della sanità globale hanno faticato ad affrontare la crisi. La gestione e la governance del processo di ricostruzione è una sfida importante e sarà essenziale uno sforzo internazionale coordinato, con l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e altre agenzie delle Nazioni Unite a svolgere un ruolo di primo piano, assicurando che le autorità palestinesi e il Ministero della Sanità di Gaza abbiano la piena titolarità del processo. Occorre stabilire ruoli chiari sia a livello locale che internazionale per garantire l’allineamento e l’armonizzazione degli aiuti, evitare duplicazioni e massimizzare l’efficienza.

Il finanziamento

In termini di finanziamento, è necessario un aumento su larga scala dei fondi internazionali per affrontare i bisogni sanitari immediati e ripristinare il sistema sanitario, con la rimozione delle restrizioni alla consegna degli aiuti per le forniture essenziali. Un fondo internazionale congiunto faciliterebbe l’allineamento e l’armonizzazione degli aiuti, eviterebbe le duplicazioni e massimizzerebbe l’efficienza. Il sostegno finanziario incondizionato, logistico e di esperti dovrebbe concentrarsi sulla ricostruzione delle infrastrutture sanitarie e sulla creazione di un sistema sanitario sostenibile, non limitandosi a rispondere ai bisogni immediati. Gli aiuti a breve termine non possono risolvere le debolezze di lunga data del sistema sanitario di Gaza. Per garantire l’equità nell’accesso all’assistenza sanitaria, l’obiettivo dovrebbe essere lo sviluppo di un sistema sanitario universalistico, evitando l’acquisto di servizi pagati direttamente dalle persone che vi accedono. Gli sforzi dovrebbero concentrarsi sulla creazione di un quadro equo e sostenibile, riducendo la dipendenza dal sostegno esterno.

La fornitura dei servizi. Assicurare l’offerta, prevenire la domanda

La gestione della salute della popolazione, un approccio proattivo per le popolazioni a rischio come Gaza, comporta interventi organizzativi, culturali e individuali. Gli elementi chiave includono la riorganizzazione dei modelli di cura, la responsabilizzazione delle comunità, il rafforzamento della governance, l’integrazione dei servizi e la creazione di un ambiente favorevole.

Nella crisi umanitaria senza precedenti di Gaza, la risposta ai bisogni di base come cibo, riparo, sicurezza, acqua e servizi igienici deve essere allineata alla fornitura di servizi e alla riorganizzazione del sistema sanitario. Un approccio intersettoriale cooperativo e approvato dalle autorità sanitarie palestinesi, è fondamentale, considerando le oltre 60 agenzie che ad oggi forniscono servizi sanitari. Gli interventi coordinati delle organizzazioni internazionali, delle ONG, dei governi locali e delle comunità sono essenziali per le risposte immediate e a lungo termine. Per assicurare l’impatto a lungo termine delle politiche nutrizionali, in particolare per i più vulnerabili, come i bambini, i neonati e le madri che allattano, è indispensabile intervenire subito con programmi alimentari di emergenza per far fronte alla carestia in atto.

La devastazione causata dai bombardamenti danneggia anche l’ambiente, e le risorse naturali mettendo a rischio la sostenibilità della regione, aggravando la crisi sanitaria e aumentando le esigenze di assistenza sanitaria, con impatti ecologici a lungo termine. Con l’80% delle infrastrutture distrutte, il ripristino di acqua, servizi igienici e habitat naturali è fondamentale per prevenire ulteriori crisi sanitarie e ambientali. Senza acqua, servizi igienici ed elettricità funzionanti, nessun sistema sanitario può essere sostenibile. La gestione sostenibile delle risorse è fondamentale per preservare le risorse naturali di Gaza, compresa l’energia solare decentralizzata, la purificazione dell’acqua e i sistemi di gestione dei rifiuti. Oltre alle infrastrutture, le iniziative educative dovrebbero mettere la popolazione di Gaza in condizione di adottare pratiche sostenibili come il riciclo e il compostaggio .

Il coinvolgimento della comunità è essenziale in tutte le fasi, dalla valutazione dei bisogni all’implementazione. Aiuta a rispondere a esigenze trascurate, come la sepoltura adeguata dei familiari, che può aiutare ad elaborare il lutto e alleviare l’enorme trauma sofferto.

La ricostruzione delle infrastrutture è improbabile nel breve termine, ma le cliniche mobili, già presenti, devono essere protette e aumentate di numero per affrontare i traumi fisici e mentali, le malattie infettive e le condizioni croniche. L’attenzione dovrebbe essere rivolta a cure primarie, enfatizzando la prevenzione, i servizi di comunità e l’assistenza di primo livello per ridurre il carico ospedaliero e migliorare l’adattabilità del sistema. L’integrazione di un’assistenza alla salute mentale culturalmente competente, una volta attiva, nei servizi primari sarà fondamentale per il recupero a lungo termine, insieme al rafforzamento della formazione locale di medici e operatori sanitari.

L’informazione sanitaria

I sistemi informativi sanitari sono vitali per la pianificazione dei servizi, ma è impegnativo assicurarne un funzionamento nelle aree di conflitto. A Gaza, la maggior parte delle cartelle cliniche è stata distrutta e quindi sarà essenziale capire come ripristinare una parvenza di sistema informativo sanitario, compresa la gestione della sorveglianza epidemiologica di base. La tecnologia mobile può supportare lo scambio di dati, le funzioni gestionali e l’orientamento delle cure. L’efficacia del supporto telemedico è evidenziata dal lavoro dell’iniziativa globale di telemedicina per l’assistenza ai traumi in circostanze estremamente impegnative e con impatti positivi. La sostenibilità richiede anche la produzione locale di farmaci e attrezzature essenziali.

La ricostruzione del sistema sanitario di Gaza deve essere guidata da una visione trasformativa, riconoscendo la salute come una questione politica. I sistemi di educazione mobile implementati per affrontare la deprivazione educativa della popolazione giovane di Gaza possono anche trasmettere un’educazione sanitaria di supporto.

Conclusioni

Il conflitto in corso è un conflitto senza precedenti, ormai ampiamente accettato come pulizia etnica e genocidio attuata da Israele. Non è iniziato nell’ottobre 2023, ma diversi decenni prima per l’intera regione. Da oltre 17 anni si è intensificato a Gaza, sottoposta a un assedio soffocante. Ora, come evidenzia questa narrazione, gran parte di Gaza è stata ridotta in macerie, il suolo e le fonti d’acqua avvelenati da intensi bombardamenti e distruzione, insieme a una catastrofe ambientale e a sofferenze umane inimmaginabili. Il conflitto ha infranto anche le regole della Convenzione di Ginevra e il Diritto Internazionale Umanitario sulla protezione dei civili e degli operatori sanitari. Questo pone una grave sfida non solo per la Palestina o la Striscia di Gaza, ma per il mondo intero, indebolendo ulteriormente il sistema multilaterale istituito dopo la Seconda Guerra Mondiale, aumentando drammaticamente il rischio di un nuovo conflitto mondiale e rendendo il mondo un luogo non sicuro per tutta l’umanità.

* * *

Abbiamo voluto immaginare un percorso per un possibile futuro sistema sanitario a Gaza. Tuttavia, senza un cessate il fuoco immediato e duraturo e l’autonomia del popolo palestinese, si potrà fare ben poco. Per questo è indispensabile l’impegno di tutte le donne e gli uomini di buona volontà, il destino di Gaza appartiene a tutta l’umanità.

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Regolamenti Sanitari Internazionali. L’Italia dice no agli emendamenti (e forse ha fatto bene)…

Il 19 di luglio 2025 scadeva il termine per rigettare o presentare riserve agli emendamenti adottati il 1 giugno 2024 dall’Assemblea Mondiale della Sanità (A77/A/CONF./14). Il Governo italiano ha scelto di rigettare in toto il pacchetto di emendamenti. Dall’opposizione si è gridato allo scandalo suggerendo che la scelta sia stata fatta per seguire gli Stati Uniti d’America (ed eventualmente Israele) che hanno preceduto l’Italia nel rigettare il provvedimento. Io vorrei sperare (ma temo che solo di speranza si tratti) che il Governo abbia scelto autonomamente dopo aver studiato approfonditamente il testo dei Regolamenti Sanitari Internazionali (2005) e gli emendamenti approvati.

Or bene, ci sono buone ragioni per obiettare agli emendamenti così come per astenersi (insieme ad altri 10 paesi) dall’Accordo Pandemico, approvato il 20 maggio scorso dall’Assemblea Mondiale della Sanità (vedi post del 21 aprile). Soprattutto ci sarebbero buone ragioni per essere più presenti nell’OMS (che l’Italia ha contribuito a definanziare negli ultimi dieci anni a vantaggio di partenariati pubblico-privato come l’Alleanza GAVI e il Fondo Globale per la loatta all’HIV/Aids, la tubercolosi e la malaria e la finanziarizzazione della sanità globale a vantaggio delle imprese transnazionali) e battersi per liberare l’OMS dalla “cattura” esercitata da attori economici privati (ivi inclusi quelli che si definiscono filantropi) (per approfondimento leggi il libro Geopolitica della salute. Covid-19, OMS e la sfida pandemica)

Purtroppo, si sta facendo una gran bagarre sul rigetto degli emendamenti IHR, però mi chiedo quanto di quelli che protestano per questa scelta del governo hanno letto il testo e approfondito le conseguenze. D’altra parte anche chi ha rifiutato gli emendamenti ha usato argomenti che vanno al di là di ciò che è scritto, e quindi travisando il testo.

Il vero problema è che ormai esistono solo posizioni predefinite (bianco o nero, novax o vax, …) con l’incapacità di confrontarsi sulle prove addotte dagli uni e dagli altri seriamente e serenamente, accettando di potersi essere sbagliati nelle valutazioni o nelle ipotesi e quindi arrivare a conclusioni non ideologicamente preconfezionate (e quindi mai messe in discussione). Questo vale per il mondo politico, come per quello scientifico o quello mediatico che ne amplifica le posizioni, molti dei rappresentanti di quei mondi piuttosto che mettersi in discussione scelgono di non “guardare nel cannocchiale” usando una metafora galileiana.

NOTA: Gli emendamenti approvati il 1 di giugno 2024 entreranno in vigore il 19 settembre 2025 per gli Stati membri dell’OMS che non li abbiano rigettati entro il 19 di luglio 2025. Entreranno invece in vigore il 19 settembre 2026 per gli Stati membri (Iran, Paesi Bassi, Nuova Zelanda e Slovacchia) che abbiano rigettato gli emendamenti approvati dall’Assemblea Mondiale della Sanità nel 2022 (WHA75.12) – che modificarono i tempi di rigetto ed entrata in vigore rispettivamente da 24 a 12 mesi e da 18 a 10 mesi. Quegli stessi paesi hanno tempo fino al 19 marzo 2026 per esprimere riserve o rigettare i nuovi emendamenti.

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19 di luglio 1979. Un anniversario tradito e triste

….l’attuale regime “orteguista” ha perso ogni contatto con l’esperienza politica e soprattutto sociale e culturale di prima del 1990 e soprattutto di quei primi anni del Nicaragua rivoluzionario che ho avuto il privilegio di vivere e che in questo libro racconto come li ho vissuti.

Dalla quarta di copertina di “Misa Campesina”:

Quando in uno dei miei viaggi in città incontrai l’allora Ministro della Cultura, il poeta e frate trappista Ernesto Cardenal alla mia domanda se non vi fosse contraddizione tra cristianesimo e rivoluzione rispose: “La Rivoluzione è lavorare per il prossimo e lavorare per il prossimo significa benessere, dare da mangiare all’affamato, vestire gli ignudi, insegnare a colui che non sa, curare i malati: queste sono le opere evangeliche e sono la pratica dell’amore”. Oggi, in una poesia inedita “Con la puerta cerrada” Cardenal denuncia:

“La revolución perdida
en el actual régimen de terror y mentira la familia ha deforestado el país indefensos en la globalización”.

Il presidente Ortega e sua moglie, la vicepresidente Rosario Murillo, governano infatti con il “terrore e la menzogna” piegando le istituzioni al proprio servizio personale, una mutazione che si intuiva già nel 2001. Come ricordo nel libro, allora di ritorno in Nicaragua per la prima volta, incontrai Dora Maria Tellez. L’ex comandante “uno” della rivoluzione sandinista condannava senza mezzi termini il tradimento “dell’etica rivoluzionaria po- sta al servizio della costruzione di un’utopia” dell’ex-compagno di lotta, oggi nuovamente al potere e motiva- to solo da quello. La repressione è tornata in Nicaragua.

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Una nuova recensione di “Dialogo sullo scautismo”

di Antonio Scalini, Centro Studi AGESCI, Sicilia

“Questo libro non è il classico libro sullo scautismo, è un libro PER lo scautismo.”
– 
Luigi Perollo

Una conversazione intorno al fuoco

Il titolo del libro non mente: “Dialogo sullo scautismo” è davvero un dialogo, e non solo nel senso stilistico. Missoni e Benard si confrontano come due vecchi scout che, seduti attorno a un fuoco di bivacco, si scambiano idee, esperienze, dubbi e intuizioni. La forma colloquiale non riduce la profondità dei temi trattati: anzi, li rende più accessibili, più veri, più “vissuti”.

Tre grandi capitoli per una grande chiacchierata

Il libro si articola in tre sezioni:

  1. Il Metodo – con riflessioni sui fondamenti pedagogici dello scautismo e le sue applicazioni concrete.
  2. Il Movimento – dove si affrontano dinamiche culturali, spirituali ed educative, con un occhio critico al rischio che lo scautismo si trasformi in mera organizzazione.
  3. L’Organizzazione – con analisi lucide sulle strutture associative a livello nazionale e mondiale.

Questa suddivisione permette ai lettori di attraversare lo scautismo non solo come metodo educativo, ma come visione del mondo e modello organizzativo.

Un libro per chi vuole pensare (e agire)

Il valore di questo testo sta soprattutto nella sua intenzionalità trasformativa. Gli autori non vogliono difendere lo scautismo “perché si è sempre fatto così”, ma invitano a ripensarlo in profondità, senza nostalgia, alla luce delle sfide educative di oggi. Offrono intuizioni originali (come l’interessante applicazione del concetto di olone), spunti di etica politica e riflessioni su un’organizzazione più “autoapprendente”, partecipata, radicata nella base e meno verticistica.

Il paragone con il corpo umano è eloquente: se il sistema immunitario dovesse attendere il permesso del cervello per reagire a un’infezione, il corpo collasserebbe. È un monito contro organizzazioni rigide e accentrate, che faticano a rispondere alle esigenze reali dei territori.

Tra pedagogia, politica e spiritualità

Non mancano riflessioni significative sul contributo dello scautismo alla pedagogia generale: un ponte possibile (e auspicabile) tra il Metodo scout e altre esperienze educative. È interessante anche il modo in cui viene affrontato il tema della religiosità scout, con prospettive originali che mettono in discussione approcci consolidati.

Ben argomentato anche il capitolo sull’organizzazione “3G” (gruppo, gente, generazioni), con esempi che toccano da vicino realtà associative come l’AGESCI. Da segnalare la denuncia del pericolo di derive educative “pseudo-militaristiche”, che rischiano di svuotare il Metodo della sua anima liberante.

Il mondo, la federazione e i limiti del presente

Per chi ama la dimensione internazionale dello scautismo, il libro è una miniera. Si parla apertamente di WOSM e delle sue resistenze verso modelli federativi; si propone una visione alternativa, in cui i gruppi scout possano esprimere direttamente idee e proposte, senza il filtro paralizzante dei livelli intermedi.

Il capitolo sul licenziamento del 2007 è la “ciliegina sulla torta” per chi conosce la storia recente del movimento mondiale e ne coglie gli intrecci ancora attuali.

Con uno sguardo al futuro

Il libro lancia una sfida: come può una rete di mezzo milione di gruppi nel mondo essere davvero interattiva, partecipata e autoformante? E come conciliare questa ambizione con la fatica quotidiana dell’impegno educativo locale, che già oggi fatica a sostenere i livelli di zona e regione?

Missoni e Benard non offrono ricette facili. Offrono però strumenti, idee illuminate (come misurare il reale impatto delle partenze, ripensare la presenza scout nei processi democratici, valorizzare le realtà indipendenti…), e soprattutto un metodo per pensare criticamente lo scautismo, senza rinnegarlo.

In sintesi

“Dialogo sullo scautismo” è un libro vivo, scritto per lo scautismo e non solo sullo scautismo. Un testo per capi educatori, responsabili, formatori e per tutti quelli che amano lo scautismo abbastanza da volerlo anche cambiare, per restare fedeli al suo spirito più autentico.

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Poco tempo ancora per rifiutare gli  emendamenti ai RSI e a maggio l’Assemblea Mondiale della Sanità potrebbe approvare un Trattato Pandemico

Nel mio post del primo maggio dello scorso anno avevo messo in evidenza l’accelerazione impressa dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) al processo di negoziazione  di un nuovo “Trattato pandemico”  e di un pacchetto di emendamenti ai Regolamenti di Sanità Internazionale  (RSI 2005), per assicurarne l’approvazione dell’Assemblea Mondiale della Sanità (AMS), che si sarebbe tenuta da lì a tre settimane. Sottolineavo come i testi da approvare non fossero ancora disponibili in versione finale; un fatto che di per sé infrangeva le regole vincolanti previste dagli RSI 2005, che all’articolo 55 prevede che “Il testo di ogni proposta di emendamento dovrà essere comunicato a tutti gli Stati Parte dal Direttore Generale almeno quattro mesi prima dell’Assemblea della Salute in cui viene posto in discussione.”

Ciononostante, con una decisione considerata “storica” dal Direttore Generale dell’OMS – Tedros Adhanom Ghebreyesus-  gli emendamenti ai RSI sono stati approvati l’ultimo giorno dell’AMS, il 1 giugno del 2024, senza grandi variazioni alla bozza resa disponibile appena il 17 aprile 2024

Gli emendamenti ai Regolamenti di Sanità Internazionale

Nonostante che la maggior parte delle modifiche agli RSI previste nelle bozze precedenti e contestate dalla Commissione Medico-scientifica indipendente (CMSI) siano sparite dal testo approvato,  alcuni di quegli emendamenti presentano ancora delle criticità.  Quelle nuove norme di carattere vincolante entreranno in vigore – per “silenzio assenso” – per  tutti quegli Stati Membri dell’OMS che non le rigettino o esprimano riserve tempestivamente.

Il periodo previsto per il rifiuto o l’espressione di riserva degli emendamenti approvati è di 10 mesi dalla data di notifica da parte del Direttore generale, avvenuta il 19 settembre 2024, quindi entro il 19 luglio 2025. Trattandosi di norme vincolanti per gli Stati Membri è indispensabile assicurare il dibattito parlamentare e pubblico prima della scadenza dei termini.

Oltre alla già ricordata mancanza di trasparenza nel processo che aveva condotto all’approvazione, impedendo così un controllo pubblico e accademico e il fatto che la bozza non fosse stata presentata con i necessari quattro mesi di anticipo, alcuni degli emendamenti approvati appaiono particolarmente critici e ne suggerirebbero il rigetto. In particolare, quelli che prevedono per ogni Stato Membro l’obbligo di sviluppare, rafforzare e mantenere il  “controllo della disinformazione e la cattiva informazione”. In assenza di un confronto scientifico tra ricercatori liberi da conflitti d’interesse, si configura il rischio di censura dell’informazione non allineata, già sperimentato nel corso della pandemia di Covid-19.

Il Trattato o Accordo Pandemico

Insieme all’approvazione degli emendamenti agli RSI, il 1 giugno scorso è stato annunciata anche la decisione dell’AMS di protrarre i termini per concludere le negoziazioni del Trattato Pandemico in modo da poterlo approvare nel corso della 28ma AMS che si terrà dal 19 al 27 maggio 2025.  

Ed ecco che il 16 aprile u.s. il Direttore Generale dell’OMS,  ha nuovamente annunciato, con rinnovata retorica, un altro passaggio storico: “Le nazioni del mondo hanno fatto la storia oggi a Ginevra”. Dopo più di tre anni di negoziazioni vede la luce una bozza concordata del “Accordo Pandemico”. Sarà la prossima AMS a decidere se adottare l’Accordo in base all’articolo 19 della Costituzione dell’OMS, apportando eventualmente ulteriori correzioni.

In questo caso, in base a quell’articolo, l’approvazione richiederà una maggioranza qualificata di  2/3 dei voti dell’Assemblea. Anche se approvato, affinché possa entrare in vigore bisognerà attendere la ratifica di almeno 60 paesi, ed entrerà in vigore solo per quei Paesi che abbiano formalmente accettato l’Accordo internazionale in conformità con le proprie procedure costituzionali. In Italia per la ratifica dei Trattati internazionali che prevedono – come in questo caso oneri finanziari – la Costituzione prevede l’approvazione delle Camere (art. 80) e la firma del Presidente della Repubblica (art. 87).

Il possibile ruolo dell’Unione Europea

D’altra parte la bozza di Accordo pandemico prevede la possibilità che anche le “Organizzazioni di integrazione economica” – in pratica si tratta dell’Unione Europea – possano ratificare l’Accordo e dipenderà dagli accordi interni all’Unione se la semplice ratifica da parte dell’UE vincolerà tutti gli Stati appartenenti all’Unione. Si tratta di un punto piuttosto rilevante e che richiederà un attento approfondimento del principio di sussidiarietà che ha in genere riservato agli Stati – e in Italia in massima parte alle Regioni – le competenze in sanità, ma che nel caso di  pandemia prefigurerebbero proprio le condizioni per legittimare l’intervento dell’Unione se gli obiettivi di un’azione non possono essere conseguiti in misura sufficiente dagli Stati membri ma possono, “a motivo della portata o degli effetti dell’azione in questione”, essere conseguiti meglio a livello di Unione.

Come già ricordato la proposta di un Trattato o Accordo pandemico internazionale, non venne dall’OMS, ma fu avanzata per la prima volta proprio dal Presidente della Commissione Europea, Charles Michel, nel 2020 e integrata nella successiva dichiarazione dei leader del Gruppo dei 7 del 19 febbraio 2021, e finalmente tradotta nell’impegno assunto dal Consiglio dell’UE a lavorare su un trattato internazionale sulle pandemie nel quadro dell’OMS.

Di seguito torno ad esaminare alcuni degli aspetti più controversi del testo della bozza di Accordo/Trattato.

Il potere conferito alla OMS e il trasferimento di sovranità

La bozza di accordo sulla quale i Paesi hanno trovato un consenso di massima allontana i dubbi, sollevati da più parti, circa la possibilità che il Trattato abbia lo scopo di sottrarre sovranità sanitaria agli Stati per conferirla alla OMS.

La sovranità degli Stati è indicata come uno dei principi di riferimento dell’Accordo (art.3 della bozza) ed è menzionata ripetutamente. Non è previsto alcun obbligo per i Paesi parte (ovvero quelli che ratificheranno l’Accordo) che non sia compatibile con le leggi nazionali.

All’art. 24 della bozza si mantiene che:

Nulla nell’Accordo Pandemico OMS deve essere interpretata nel senso di conferire al Segretariato dell’OMS, compreso il Direttore Generale dell’OMS, alcuna autorità di dirigere, ordinare, modificare o altrimenti prescrivere le leggi o le politiche nazionali e/o domestiche, […] o di imporre alle Parti l’obbligo di intraprendere azioni specifiche, come ad esempio respingere o accettare viaggiatori, imporre mandati di vaccinazione o misure terapeutiche o diagnostiche o attuare misure di lock down.”

Ogni volta che un articolo prevede l’assistenza della OMS, si ribadisce che essa può essere fornita solo “su richiesta” dei Paesi interessati; come d’altra parte previsto dalla Costituzione della stessa OMS (art.2, lettere c e d).

La bozza prevede che il Segretariato dell’OMS funga da Segretariato dell’Accordo Pandemico e

che oltre alle funzioni previste dall’Accordo possa svolgerne altre che potranno essere stabilite dalla Conferenza delle Parti, che ne supervisionerà l’operato.

La Conferenza delle Parti

Come osservato in passato, la corsa verso un Trattato pandemico – uno strumento vincolante aggiuntivo rispetto agli esistenti RSI 2005 – continua a sollevare diverse perplessità anche in quanto prevede l’istituzione di nuovi e costosi organi di direzione, organi sussidiari e meccanismi finanziari, che comunque con gli RSI 2005 dovranno coordinarsi.

L’articolo 21 (della bozza) prevede la costituzione della Conferenza della Parti (COP) cui spetterebbe valutare l’avanzamento nell’attuazione dell’Accordo e rivederne il funzionamento ogni cinque anni, prendendo le decisioni necessarie per promuoverne l’effettiva attuazione. Le modalità di funzionamento e finanziamento della COP verrebbero però decise “per consenso” (ovvero in assenza di voto e manifestazione di disaccordo) solo nella prima riunione della medesima, entro un anno dal varo del Trattato. La COP potrà costituire a sua volta degli organi sussidiari e soprattutto dovrà prendere in considerazione e approvare l’istituzione di un meccanismo – di fatto il braccio operativo della COP – per facilitare e rafforzare l’effettiva applicazione delle disposizioni dell’Accordo. Al meccanismo – diverso da quello che si presenta in seguito –  spetterà tra l’altro fare “raccomandazioni non vincolanti” alle Parti dell’Accordo.

Il meccanismo finanziario di coordinamento (Il Meccanismo)

Per assicurare la “sostenibilità finanziaria” dell’accordo (art. 20 della bozza) le Parti dovranno potenziare il finanziamento domestico per l’attuazione “inclusiva e trasparente” dell’Accordo. In questo senso, nei limiti consentiti dalle leggi e le risorse nazionali, dovranno tra l’altro aumentare i fondi destinati alla prevenzione, preparazione e risposta alle pandemie a livello nazionale, nonché promuovere la mobilizzazione di risorse a dono a supporto dei Paesi in via di sviluppo, anche “incoraggiando […] esistenti entità di finanziamento esistenti”. Questo aspetto, sembrerebbe un assist ai potenti partenariati pubblico-privato globali come GAVI, il Fondo Globale per la lotta all’Aids, la tubercolosi e la malaria, o il più recente CEPI  e i meccanismi finanziari innovativi che gestiscono. Tanto più che il testo della bozza prevede che il Meccanismo potrebbe essere supportato da una o più “entità internazionali”. Laddove il concetto stesso di internazionale è stato da tempo surrettiziamente esteso a quei partenariati transnazionali che affiancano governi e soggetti privati.

Anche per il Meccanismo finanziario, che l’Accordo pandemico istituirebbe, è previsto che i termini di riferimento per assicurarne governo e operatività siano decisi in seguito.

Il Sistema PABS (Pathogen Access and Benefit-Sharing System)

Un altro strumento – lungamente discusso nel corso dei negoziati – che verrebbe creato dall’Accordo  è il Sistema PABS per l’accesso “sicuro, trasparente e responsabile”  ai patogeni (materiali e sequenze genetiche) e la condivisione dei benefici che ne possano derivare (art. 12 della bozza).

Ancora una volta i provvedimenti che governeranno il sistema, comprese le definizioni di agenti patogeni con potenziale pandemico, materiali sequenze PABS, nonché le modalità, la natura giuridica, i termini e le condizioni, e le dimensioni operative, sono rimandate alla elaborazione di un Allegato che potrà essere approvato dalla COP ed entrare in vigore anche dopo l’eventuale entrata in vigore dell’Accordo (artt. 29 e 30 della bozza).

Approccio Una Salute (One Health)

Il riferimento all’approccio Una Salute (art. 5 della bozza) – il cui inserimento nell’Accordo è visto da alcuni settori conservatori come la volontà dell’OMS di imporsi al governo globale anche oltre la sanità – trova nella nuova bozza una maggiore definizione e va letto anche in coordinamento con l’articolo 17 (della bozza) relativo all’approccio “integrale” di governo e società (whole-of-government, whole-of-society).

Il riconoscimento dello stretto legame tra salute umana, salute animale e ambiente è indiscutibile, così come lo è il potenziale pandemico di alcune zoonosi.  Quindi sembra corretto che ogni Paese consideri questo particolare aspetto nell’organizzare il proprio piano pandemico.  

Approccio “integrale” di governo e società (whole-of-government, whole-of-society)

Anche le preoccupazioni di alcuni settori conservatori per un governo totale, una “dittatura sanitaria” dell’OMS attraverso l’approccio “integrale” di governo e società possono essere messe tranquillamente da parte. L’articolo 17 (della bozza) è piuttosto una raccomandazione a predisporre a livello nazionale politiche intersettoriali che assicurino la partecipazione delle comunità nelle decisioni, nella prevenzione, preparazione e risposta alle pandemie, nonché la mitigazione dell’impatto sociale ed economico delle pandemie e delle emergenze di sanità pubblica. Nello specifico articolo l’OMS non viene neppure menzionata.

Comunicazione e consapevolezza pubblica

Restano le perplessità circa aspetti legati alla gestione dell’informazione pubblica, sotto la bandiera del rafforzamento della scienza, la sanità pubblica e l’alfabetizzazione pandemica della popolazione”. Sappiamo, infatti, come si stata costruita una narrativa unilaterale “sulle pandemie, le loro cause, impatto e determinanti, nonché sulla efficacia e la sicurezza dei prodotti sanitari relativi alla pandemia” durante la pandemia Covid-19 (e anche precedentemente), non sempre “trasparente, tempestiva, accurata, basata sulla scienza e sulle prove” come prevederebbe l’art.18 (della bozza). Per le stesse ragioni l’obbligo – che si contrarrebbe con l’adesione all’Accordo – di adottare politiche relative a fattori che nel corso di una pandemia limitano l’adesione alle misure sociali e di sanità pubblica e la fuducia nella scienza e nelle istituzioni, potrebbero configurasi come una giustificazione di ulteriori future censure del pensiero critico e del dissenso, nonché di prove che mettano in discussione la narrativa ufficiale.

Prodotti pandemici e coinvolgimento degli Stakeholders

Tutto il testo della bozza dei Accordo è attraversato dal forte accento sullo sviluppo, la produzione e la distribuzione dei “prodotti pandemici”, nonché da molteplici richiami al coinvoglimento di stakeholders rilevanti, che in relazione a quei prodotti sono rappresentati fondamentalmente dall’industria bio-farmaceutica. Due aspetti che rappresentano un ulteriore aspetto meritevole di attenzione e attenta valutazione, che mi propongo di analizzare in qualche dettaglio in una futura riflessione. Si tratta infatti dell’ambito che maggiormente si presta al conflitto di interessi. Come ricordava la ex Direttrice Generale dell’OMS nel 2013: “Il potere del mercato si traduce facilmente in potere politico”

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Il mio presepe. Santo Natale 2024

Ho fatto il presepe anche quest’anno con le stesse figurine di gesso con cui lo allestivo da bambino. Quando ho messo il Bambino “avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia”, ho sentito freddo, il freddo dell’Umanità travolta dall’odio e la violenza del potere e del denaro di cui è stata resa avida. Il freddo della guerra, di tutte le guerre. Il freddo della Natura martoriata e saccheggiata. Il freddo della sofferenza. Allora ho coperto il Bambino con una copertina di solidarietà con la sua terra e il suo popolo, oggi però simbolo di solidarietà con tutta l’umanità sofferente. Quel Bambino nato povero in Palestina ieri come oggi, ci chiede pace e giustizia.

Pace per l’umanità, Pace con la Natura, Pace nei nostri cuori.

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Il Fuoco dello Scautismo Italiano

Credo nella fondamentale importanza di un Movimento Scout e Guide unito a livello mondiale capace davvero di costruire un mondo migliore, almeno “un po’ migliore di come lo abbiamo trovato”.

Come sa chi mi segue anche solo occasionalmente sulle reti sociali sul tema della pedagogia e dell’organizzazione dello Scautismo ho riflettuto con il mio amico e fratello Scout Dominique Bénard, trasferendo poi i risultati di quella riflessione nel libro Dialogo sullo Scautismo. Pedagogia e Organizzazione.

Parte di quella riflessione faceva riferimento alla frammentazione del Movimento Scout, in molti paesi come a livello mondiale.

Oggi in Italia esistono almeno un centinaio di associazioni Scout, persino con diversi riferimenti a livello internazionale; a volte sembra difficile riconoscere che si tratti di un solo Movimento. Questi innumerevoli frammenti sono impegnati ad affermare e caratterizzare ognuno la propria forma, piuttosto che la sostanza che le unisce.

Al contrario,valorizzare la diversità, nella costruzione di un Movimento unitario non può che tradursi in un vicendevole arricchimento, invece di accentuare la divisione.

Si sente forte la necessità di una iniziativa che vada in quella direzione.

Con un gruppo di sorelle e fratelli Scout che, indipendentemente dalla loro provenienza associativa, attraverso la Promessa e la Legge Scout si riconoscono parte di un solo grande Movimento educativo mondiale, interculturale, interconfessionale e intergenerazionale, ci siamo impegnati ad avviare, a livello nazionale, lo sviluppo di un nuovo modello organizzativo in grado di realizzare e garantire nel tempo l’unità dello Scautismo e superando l’attuale frammentazione.

Un nuovo modello operativo che, nella condivisione dei valori e del Metodo Scout, incoraggi e favorisca l’unità nel rispetto della libertà di espressione di ciascuno e delle scelte rispondenti al proprio contesto locale e alla propria comunità di appartenenza.

Per costruire un simile modello proponiamo di ritrovarci intorno ad un ideale Fuoco dello Scautismo italiano, un cerchio ideale in cui ritrovarci come sorelle e fratelli Scout che come tali dialogano e si esprimono non solo rispettando le differenze culturali, religiose, locali, ma disposti ad imparare gli uni dagli altri, in atteggiamento di sincero ed attivo ascolto di esperienze e punti di vista diversi. Un dialogo costruttivo fondato sul riconoscimento di pari dignità; su processi decisionali che coinvolgano in modo appropiato giovani adulti e anziani “giovani” di tutte le età; sulla partecipazione attiva e cooperativa per la costruzione condivisa delle soluzioni ed il rispetto delle minoranze.

Immaginiamo un Movimento Scout indipendente da ogni condizionamento da parte di forze economiche e ideologie politiche o religiose, impegnato piuttosto nella costruzione della pacifica convivenza tra i popoli e l’armonia con la Natura e il Pianeta.

Crediamo che un “mondo migliore” può derivare solo da uno slancio ideale e da un’azione costante. Uno sforzo ispirato ai valori e all’etica Scout, a cui ci siamo impegnati con la Promessa, ma che deve tradursi progressivamente – attraverso il gioco, l’avventura e il servizio – in una consapevolezza adulta e in un confronto individuale e collettivo con le sfide della vita e del mondo.

Ecco dunque la proposta: un primo appuntamento il 23, 24 e 25 maggio 2025 per accendere insieme il Fuoco dello Scautismo italiano, e avviare un processo che speriamo ci permetta di fare molta Strada insieme, parafrasando B.-P., per ricostruire l’idea, l’ideale e il Movimento ed evitare che resti solo un’organizzazione, o peggio un puzzle di decine o centinaia di organizzazioni. Per amggiori informazioni e partecipare clicca QUI

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OMS e la sfida pandemica: Quanta fretta, ma dove corri dove vai?!

Come ho più volte sottolineato, anche nel mio più recente intervento pubblico nel corso dell’evento organizzato a Roma dalla Commissione Medico-Scientifica Indipendente, la principale ragione per non fidarsi dell’OMS – in particolare per quanto riguarda le indicazioni per la gestione delle pandemie –  è la “cattura” di quella organizzazione da parte di attori e interessi privati, attraverso meccanismi complessi ma ben studiati, secondo un approccio “multistakeholder”, che insiste sul coinvolgimento degli attori privati nella governance della sanità pubblica e più in generale delle politiche globali.

Sotto la spinta di Big Pharma e di filantrocapitalisti ad essa strettamente collegati, da anni assistiamo ad una crescente tendenza dell’OMS, ad un approccio mercificato e centralizzato nella risposta alle epidemie, che sembra aver perso di vista ogni enfasi sui determinanti della salute, le cure primarie e la partecipazione comunitaria che hanno caratterizato gli anni d’oro di quella Organizzazione.

Dagli anni 1980 il bilancio regolare dell’OMS (formato dai contributi obbligatori degli Stati Membri) è congelato; ormai, priorità e funzionamento dell’Organizzazione sono determinati in massima parte dagli obiettivi cui attori pubblici e privati vincolano i propri contributi volontari. Anche questi sono ancora in massima parte di origine governativa o intergovernativa, e quindi costituiti da fondi pubblici, cionondimeno costituiscono uno dei principali, visibili e quantificabili, strumenti di “cattura” dell’OMS da parte di poche entità private, prima fra tutte la Fondazione Bill e Melinda Gates, seconda solo agli Stati Uniti d’America in quanto a finanziamento dell’OMS. Gli altri strumenti di “cattura” sono meno visibili, ma sistemici: controllo della ricerca, influenza sulle risorse umane, controllo dei media, sostegno a iniziative multistakeholder che marginalizzano l’OMS, lobby a tutti i livelli; senza parlare di meno visibili dinamiche corruttive.

Ora l’OMS sembra molto preoccupata di assicurare che la prossima Assemblea Mondiale della Sanità (27 maggio – 1 giugno) approvi un nuovo “Trattato pandemico”  e un pacchetto di emendamenti ai vigenti Regolamenti di Sanità Internazionale  (RSI 2005), senza peraltro che i testi da approvare siano ancora disponibili in versione finale. Già questo, infrange le regole vincolanti previste dagli RSI 2005, che all’articolo 55 prevede che “Il testo di ogni proposta di emendamento dovrà essere comunicato a tutti gli Stati Parte dal Direttore Generale almeno quattro mesi prima dell’Assemblea della Salute in cui viene posto in discussione.”

Anche pensare di far approvare un qualsiasi accordo internazionale senza averlo presentato con debito anticipo agli Stati membri è quanto meno un’eresia nell’ambito dei procedimenti internazionali. Ricordo come praticamente ad ogni riunione dell’OMS i delegati protestavano per lo scarso anticipo con cui alcuni documenti erano stati fatti circolare. E si trattava spesso di documenti tecnici di limitata rilevanza se confrontati con quelli oggetto di questa analisi!.   

Il testo emendato dei RSI è apparso in rete solo il 17 aprile u.s. (A/WGIHR/8 ), per la prima volta dal 6 febbraio del 2023, dopo quattordici mesi di negoziati a porte sostanzialmente chiuse.  L’ultima bozza del Trattato pandemico è circolata il 22 aprile (A/INB/9/3 Rev.1). In entrambi i casi sembrerebbe che molti dei punti critici che con la CMSI avevamo evidenziato in ottobre siano stati rivisti. Purtuttavia, an accurata analisi delle nuove versioni dei documenti suggerisce ancora l’inopportunità di una loro affrettata approvazione; non c’è nessuna ragione che obblighi ad approvarli alla prossima Assemblea Mondiale, se non la ricerca di visibilità politica di un “evento storico” e la probabile pressione di interessi diversi.

Quindi il primo motivo per rigettare entrambi gli strumenti è proprio quella pressione esercitata su governi e opinione pubblica per una loro affrettata approvazione di fronte alla persistente mancanza di consenso tra i negoziatori e la scarsa definizione di diversi aspetti, in effetti rimandata a future decisioni a Trattato approvato (“la gatta frettolosa fa i gattini ciechi”, recita un antico proverbio).

Il Trattato pandemico

A scanso di equivoci, è bene ricordare che la proposta di un Trattato pandemico, non viene dal segretariato dell’OMS o dal suo Direttore Generale, ma fu avanzata per la prima volta dal Presidente della Commissione Europea, Charles Michel, nel 2020 e integrata nella successiva dichiarazione dei leader del Gruppo dei 7 del 19 febbraio 2021, e finalmente tradotta nell’impegno assunto dal Consiglio dell’UE a lavorare su un trattato internazionale sulle pandemie nel quadro dell’OMS.

Come noi, diversi autori insistono da tempo sulla sua inutilità in assenza di un vuoto giuridico che lo giustifichi. Infatti esistono i RSI 2005, che sono uno strumento parimenti vincolante, il cui perfezionamento potrebbe essere giustificato se basato su di un’analisi imparziale sulle prove, punto per punto,  di cosa non ha funzionato fin qui (ma il processo attuale segue altre logiche e comunque i tempi non sono maturi).

Il Trattato, costituirebbe uno strumento del tutto nuovo, di complessa attuazione: con l’istituzione di nuovi e costosi organi di direzione (Conferenza delle Parti, COP) e organi sussidiari (art. 21); un aggravio di burocrazia, funzioni e costi della stessa OMS che funzionerebbe da segretariato (art.24), con nuovi meccanismi finanziari, tutti da definire in seguito (art.20); un ripetuto richiamo al coinvolgimento di molteplici stakeholders, che non è difficile identificare principalmente nell’industria, anche per l’insistenza del testo del Trattato sui prodotti pandemici  e il loro sviluppo, produzione e distribuzione.

Sotto la bandiera della “alfabetizzazione scientifica, sanitaria e pandemica” e sull’accesso a “informazioni trasparenti, accurate, basate sulla scienza e sulle prove” che  le Parti dovranno rafforzare (art. 18), si può nascondere ancora il desiderio di censura di qualsiasi espressione di dissenso o di prove che mettano in discussione la narrativa ufficiale.

Ma al tavolo del negoziato questi aspetti sembrano non preoccupare. Piuttosto, le principali controversie ruotano ancora attorno al tema dell’equità nella distribuzione di costi e benefici tra i paesi ad alto reddito e i paesi più poveri. In particolare riguardo all’accesso agli agenti patogeni isolati nei Paesi; l’accesso ai prodotti pandemici, come i vaccini prodotti a partire dalle sequenze genetiche di quei patogeni; la distribuzione equa non solo di test, trattamenti e vaccini contro la pandemia, ma anche dei mezzi per produrli e quindi i finanziamenti. Ma la trattazione di alcuni di quei temi controversi – in particolare le modalità di funzionamento di un nuovo sistema OMS di accesso agli agenti patogeni e ai benefici che ne derivino (Pathogen Access and Benefit-Sharing System, PABS) – viene peraltro rimandata momenti successivi all’approvazione del Trattato (al 2026) (art. 12). Allo stesso modo per la definizione delle modalità operative dell’approccio Una Salute (One Health) si rimanda alla elaborazione di uno strumento che si colleghi alle prescrizioni dei RSI e dovrebbe divenire operativo nel 2026 (art. 5).

Per allontanare i dubbi, sollevati da più parti, circa la possibilità che il Trattato avesse lo scopo di sottrarre sovranità sanitaria agli Stati per conferirla alla OMS i negoziatori si sono premurati di inserire nel testo la frase: “Nessuna disposizione dell’Accordo OMS sulle pandemie deve essere interpretata nel senso di conferire al Segretariato dell’OMS, compreso il Direttore Generale dell’OMS, l’autorità di dirigere, ordinare, modificare o prescrivere in altro modo le leggi o le politiche nazionali e/o domestiche, a seconda dei casi, di qualsiasi Parte, o di imporre alle Parti l’obbligo di intraprendere azioni specifiche, come ad esempio vietare o accettare i viaggiatori, imporre mandati di vaccinazione o misure terapeutiche o diagnostiche o attuare misure di lock down.” (art. 24).

In realtà, invece di rafforzare l’OMS – che invece mantiene la responsabilità dell’attuazione dei RSI –  il Trattato aumenterebbe la frammentazione dell’azione di preparazione e risposta alle pandemie, in un quadro di governance globale della sanità già di per sé estremamente  frammentato.

Gli emendamenti ai RSI 2005

Ma veniamo alle ragioni per cui anche l’attuale proposta di emendamenti ai RSI 2005 dovrebbe essere rigettata. Il primo motivo è ancora l’ingiustificabile fretta per approvare uno strumento ancora in discussione, e la già ricordata intenzione di presentarlo mediante un sotterfugio in violazione della già citata norma di quegli stessi Regolamenti che ne prevede la presentazione con quattro mesi di anticipo (art.55).

Anche in questo caso i passaggi che avevano destato maggiore preoccupazione sono stati rimossi o modificati con la probabile intenzione di renderli più digeribili agli osservatori più critici. Ad esempio è stato rimosso l’emendamento che cassando il “non vincolanti” voleva rendere obbligatoria l’esecuzione delle raccomandazioni dell’OMS (una contraddizione in termini, peraltro) (art. 1). Allo stesso modo è stato cancellato quell’oltraggioso emendamento che pretendeva di cassare nei principi il riferimento al “pieno rispetto della dignità, dei diritti umani e delle libertà fondamentali delle persone” aggiungendo piuttosto il richiamo ad un condivisibile dovere di “equità e solidarietà tra gli Stati” (art. 3). Vale la pena ricordare che per la Repubblica Italiana la solidarietà è un “inderogabile dovere” (art. 2 della Costituzione).

Tra le nostre osservazioni alla vecchia bozza sottolineavamo il pericolo della sostituzione di “organizzazioni intergovernative” tra i destinatari delle informazioni dell’OMS con un più generico “organizzazioni internazionali”, motivando la nostra obiezione con la genericità del termine che potrebbe includere organizzazioni private (filantropie globali, ONG internazionali, organizzazioni pubblico-private), che non sono firmatarie, né direttamente soggette ai RSI. Purtroppo la preoccupazione rimane: “organizzazioni intergovernative” è stata sostituita con “enti internazionali”, che si presta ugualmente a varie interpretazioni, sempre nell’ottica di quel deleterio multistakeholderismo che si vorrebbe come nuova forma di governance globale.

Anche gli emendamenti all’art 13 che prevedevano più stringenti condizioni di cessione di sovranità degli Stati membri, sono stati in gran parte eliminati. Però quello che era un “dovrebbero” (should)  rimane comunque emendato in un “devono” (shall) e quindi nell’obbligo degli Stati Membri di fornire, su richiesta dell’OMS “supporto alle attività di risposta coordinate dall’OMS” e ciò “nella massima misura possibile nell’ambito dei mezzi e delle risorse a loro disposizione” (par. 5, art.13). Aspetto che viene ripreso poco più avanti (par.7, art. 13)  dove si richiama il “dovere” degli Stati Parte, su richiesta di altri Stati Parte o dell’OMS, di “collaborare tra loro e sostenere le attività di risposta coordinate dall’OMS” “nella maggior misura possibile, in base alle leggi nazionali e alle risorse disponibili.

Molto attenuati, ma non scomparsi (sistemati nell’Annesso 1) i richiami alla necessità di rafforzare a diversi livelli (nazionale, intermedio e locale) le capacità degli Stati Parte ivi incluso per “contrastare la cattiva informazione e la disinformazione”.

La facilitazione dell’accesso ai “prodotti sanitari” (nel Trattato si parla di prodotti “pandemici”, ma i RSI sono nati per far fronte a ogni tipo di emergenza sanitaria – anche, per esempio, derivante da conflitti o disastri nucleari – e quindi il termine usato è necessariamente più inclusivo) si ritrova inserito in più punti della proposta di emendamenti. Tale accesso – che poi significa favorire lo sviluppo, acquisto e distribuzione dei prodotti – dovrebbe prevedere meccanismi coordinati dall’OMS (art. 44). Ma sappiamo, dall’esperienza della pandemia Covid 19, come quel ruolo sia stato del tutto secondario, con meccanismi (per esempio COVAX) diretti da organizzazioni pubblico-private come l’Alleanza GAVI e la CEPI, a loro volta fortemente influenzate dal settore commerciale e dai soliti filantrocapitalisti.

Per quanto riguarda infine il sostegno finanziario alle attività di preparazione e risposta alle emergenze sanitarie, un articolato emendamento indica il dovere degli stati Parte di mobilitare risorse anche attraverso “i meccanismi di finanziamento bilaterali, subregionali, regionali e multilaterali esistenti e futuri”; in particolare “attraverso meccanismi di coordinamento e/o di finanziamento che potranno essere stabiliti in futuri Accordi Internazionali relativi alla prevenzione, alla preparazione e alla risposta alle pandemie” (art.44). Si tratta di fatto del collegamento con il Trattato pandemico, e a meccanismi finanziari la cui definizione è stata rimandata a momenti successivi all’approvazione del Trattato.

Perché dunque tanta fretta? Meglio fermarsi a riflettere. D’altra parte non sono gli strumenti vincolanti già a disposizione – in particolare i RSI 2005 – che non hanno funzionato nel far fronte alla pandemia Covid 19. Piuttosto è mancato il rispetto delle regole che i RSI sanciscono e sono prevalse le regole degli interessi geopolitici e quelli privati a tutti i livelli del sistema globale.

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Dialogo sullo scautismo. Pedagogia e organizzazione

Con Dominique Bénard, possiamo annunciare con orgoglio la pubblicazione del nostro libro “Dialoghi sullo scoutismo” ora anche in italiano! (seguiranno oltre alla versione elettronica, anche le versioni in lingua francese e spagnolo).

L’idea del libro è nata durante un’escursione nelle Alpi dello Chablais, vicino a dove Dominique vive nelle Alpi francesi. Abbiamo discusso dei pochi riferimenti al Metodo Scout nei libri di pedagogia e della relativa mancanza di conoscenza e interazione con altri metodi pedagogici nello scautismo. Partendo da questa conversazione e da ulteriori riflessioni sul contesto organizzativo dello scautismo e su come le organizzazioni possano servire meglio la loro missione e i valori su cui sono state fondate, abbiamo intrapreso un dialogo scritto sulla nostra esperienza scout e sul suo impatto sul nostro sviluppo personale e professionale. In seguito abbiamo deciso di organizzare queste riflessioni in un libro.

Potete ordinare il libro qui

Attendiamo i vostri commenti e speriamo in una vivace discussione in molti gruppi Scout e Associazioni Scout nazionali.

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