Di fronte al dramma di Gaza con Kasturi Sen, collega dell’Università di Oxford, ci siamo voluti interrogare sulla sfida della costruzione di un futuro sistema sanitario. In qualche modo, il nostro lavoro di ricerca (presentato già in aprile ma pubblicato solo il 29 di luglio dopo il rigoroso processo di peer-review) nella forma di quella che in gergo si chiama una revisione narrativa – ovvero una panoramica critica della letteratura scientifica – vuole essere un messaggio di denuncia e di speranza, nonché un richiamo alla comunità internazionale in particolare quella dei medici e degli altri operatori sanitari ad esprimersi a sostegno del popolo di Gaza e unirsi alla condanna del genocidio in atto.
Il retroscena: la guerra ininterrotta
Da quando Hamas è stato eletto al potere a Gaza nel 2006, ci sono state otto guerre tra il 2008 e il 2023, insieme a un blocco totale che ha reso la sopravvivenza quotidiana nella Strisica di Gaza una enorme sfida.
La guerra del 2008 è durata 23 giorni, quella del 2012 otto giorni, quella del 2014 cinquanta giorni e quella del 2018 ha comportato una sparatoria di massa al confine settentrionale, uccidendo e ferendo centinaia di persone che protestavano contro il blocco. La guerra del 2021 è durata 11 giorni.
Ora siamo all’ottava guerra. Ogni guerra ha causato morti, feriti e distruzione di infrastrutture sanitarie e residenziali. La guerra iniziata nel 2023 e cui ancora non si pone fine, ha prodotto la sistematica devastazione quasi totale di vite, salute, infrastrutture e ambiente. Il bilancio è sconcertante, tanto che molte agenzie multilaterali, tra cui l’ONU, hanno definito la situazione un genocidio.
Gli operatori sul campo e la raccolta delle informazioni
È difficile ottenere cifre precise nella maggior parte delle zone di conflitto, ma le stime suggerivano oltre 49.000 morti alla fine di marzo 2025, soprattutto donne e bambini (70%), 110.000 feriti e 30.000 dispersi.
Oltre l’80% delle abitazioni distrutte, il 60% degli ospedali non funzionanti e i restanti a malapena operativi.
Numeri che crescono incessantemente.
Gravi carenze di medicinali e di ossigeno. Le agenzie delle Nazioni Unite, tra cui l’Ufficio per il Coordinamento dell’Assistenza Umanitaria (OCHA), l’Agenzia delle Nazioni Unite per il Soccorso e l’Occupazione della Palestina (UNRWA), e l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), forniscono aggiornamenti settimanali, documentando la crisi umanitaria e l’immensa sfida della ricostruzione di Gaza.
La ricostruzione del sistema sanitario di Gaza deve tenere conto del conflitto in corso, che causa un grave logoramento a livello individuale, collettivo e ambientale. Ogni guerra peggiora la mortalità, la morbilità, la perdita di infrastrutture e la distruzione ambientale. Con l’aumento dell’intensità della guerra, aumentano morti e sofferenza, nonché la distruzione delle infrastrutture.
La documentazione esistente è per lo più descrittiva e basata su dati che privilegiano la raccolta rapida di dati rispetto all’analisi approfondita in una crisi dinamica. I rapporti compilati dalle organizzazioni umanitarie multilaterali più vicine al territorio in collaborazione con il Ministero della Sanità di Gaza documentano i morti, i feriti e la perdita di infrastrutture. I rapporti evidenziano la grave carenza di medicinali, ossigeno e attrezzature, mentre riferiscono e condannano gli attacchi agli operatori e alle strutture sanitarie. E ora anche la carestia. Tutte le agenzie chiedono un cessate il fuoco urgente e la ripresa degli aiuti umanitari.
Le agenzie multilaterali devono affrontare due preoccupazioni fondamentali. Innanzitutto, garantire un cessate il fuoco duraturo, visto che in passato sono stati uccisi in modo mirato gli operatori umanitari. Sono anche preoccupate per la necessità immediata di potenziare in modo massiccio le catene di approvvigionamento di cibo, carburante, medicinali e acqua, che la guerra ha interrotto.
Diverse agenzie delle Nazioni Unite hanno evidenziato i problemi sollevati nel loro lavoro quotidiano dagli attacchi alle infrastrutture sanitarie e dall’uccisione degli operatori sanitari. Finora sono stati uccisi quasi 300 operatori sanitari dell’ONU/OMS e molti altri sono rimasti feriti.
Si mette in evidenza l’impatto devastante del conflitto sui bambini e sulle donne incinte, unitamente all’impossibilità di lavorare senza un cessate il fuoco umanitario e con le forniture interrotte. Nonostante fin dall’inizio del conflitto nel novembre 2023, si sia sollecitato un cessate il fuoco umanitario, il conflitto è continuato senza sosta. Una sfida importante per le agenzie è la capacità di coordinare gli sforzi umanitari. La scarsità di risorse, vincoli politici e logistici oltre e conflitto obbligano spesso ad un lavoro frammentario. Sarebbe indispesnabie mettere in comune le risorse finanziarie e umane tra i vari settori.
È anche evidente che la collaborazione delle comunità locali non può che essere limitata per una popolazione che ha sopportato lesioni estreme, morti e fame. Le priorità delle comunità variano in base alla posizione, ai danni e alle perdite personali. L’assedio di Gaza, un processo geopolitico trascurato, mina l’assistenza sanitaria attraverso il controllo della catena di approvvigionamento e la destabilizzazione del sistema. L’assedio rende deliberatamente la popolazione prigioniera, impedendo un sistema sanitario funzionale. Le infrastrutture di Gaza sono state continuamente spogliate di ogni risorsa, obbligando i residenti alla dipendenza da Israele, dagli organismi internazionali e dagli aiuti.
Nonostante l’assedio, non mancano però gli sforzi locali per contrastare il collasso del sistema sanitario. Postazioni mediche, simili a rudimentali cliniche mobili, operano in 28 aree, fornendo assistenza primaria e gestione dei traumi alle popolazioni sfollate. Anche se sistematicamente bombardate, le postazioni hanno continuato a esistere nonostante la grave carenza di medicinali, attrezzature e personale dovuta al controllo della catena di approvvigionamento e alle perdite di operatori sanitari. La sostituzione degli operatori sanitari rimane una sfida importante, che mette a rischio le popolazioni vulnerabili, aumentando le morti prevenibili e ostacolando le risposte ai bisogni sanitari acuti e cronici. Diverse studi auspicano soluzioni innovative come la telemedicina e l’espansione delle cliniche mobili, mentre chiedono un’azione internazionale urgente per garantire un’assistenza sanitaria d’emergenza sostenibile.
La distruzione delle infrastrutture sanitarie
Nel novembre 2023, due terzi degli ospedali di Gaza e metà delle strutture educative gestite dall’UNRWA, utilizzate come rifugi, sono stati distrutti. Anche le ambulanze che trasportavano pazienti gravemente malati in Egitto sono state messe fuori uso dai bombardamenti. Nel febbraio 2024, è stato riferito che “ogni ospedale di Gaza è danneggiato, distrutto o fuori servizio per mancanza di carburante”.
I ripetuti attacchi hanno lasciato la maggior parte degli ospedali, delle cliniche e dei centri di assistenza sanitaria primaria senza la capacità di funzionare efficacemente a fronte di un bisogno drammatico. I 17 anni di assedio, e i ripetuti attacchi anche prima dell’attuale conflitto hanno lasciato l’infrastruttura sanitaria frammentata, priva di servizi sub-specialistici e incapace di importare attrezzature mediche essenziali. Prima dell’ottobre 2023, solo 35 ospedali con 3412 posti letto servivano oltre 2 milioni di persone.
La paralisi del sistema sanitario di Gaza ha avuto un forte impatto anche sulle persone affette da patologie croniche, come il diabete e le malattie cardiache, che richiedono cure e farmaci continui. All’inizio dell’attuale conflitto, circa 350.000 persone soffrivano di patologie croniche, tra cui cancro, diabete, insufficienza renale cronica e insufficienza cardiaca, mentre quasi 50.000 donne incinte non disponevano di cure essenziali. La necessità di una fornitura continua di farmaci e di attrezzature sarà un fattore importante di morbilità e mortalità prevenibili in futuro. L’incapacità di fornire farmaci vitali, insieme alla carenza di carburante e alla mancanza di elettricità, porterà semplicemente ad altre morti. Quasi il 95% della popolazione di Gaza non ha acqua potabile e oltre l’85% vive in povertà. Dal 7 ottobre, l’embargo totale imposto da Israele ha interrotto la fornitura di carburante, energia elettrica, cibo e acqua potabile.
La comunità medica internazionale che avrebbe il dovere morale di esprimersi per la fine del conflitto, è rimasta per lo più in silenzio. Israele ha violato ogni norma del Diritto Internazionale Umanitario a tutela degli operatori e delle infrastrutture sanitarie. Solo un cessate il fuoco duraturo può consentire una ricostruzione sostenibile. È indispensabile l’applicazione urgente delle leggi internazionali.
Le malattie, la sofferenza
A sei settimane dall’inizio del conflitto, il bilancio delle vittime di Gaza aveva già superato gli 11.000 morti, di cui oltre un terzo bambini. Più di 27.000 sono stati i feriti. Mentre le operazioni militari israeliane hanno preso di mira il nord e Gaza City, il 70% dei 2,2 milioni di residenti di Gaza è stato costretto a spostarsi a sud, ma anche coloro che sono in fuga o già sfollati non sono risparmiati dal tiro dell’esercito israeliano.
Le malattie infettive si diffondono rapidamente a causa della distruzione mirata delle infrastrutture idriche, igieniche ed elettriche. I ripetuti spostamenti e della mancanza di alloggi, facilitano la diffusione di scabbia, pidocchi, varicella, malattie diarroiche ed epatite. I dati pubblicati di recente evidenziano i numeri sconcertanti di casi. Dall’inizio del conflitto, sono stati registrati 40.000 casi di epatite, quasi un milione di infezioni acute del tratto respiratorio, mezzo milione di casi di diarrea acuta e oltre 10.000 casi di ittero. In un’area densamente popolata e con la popolazione ripetutamente sfollata, è probabile che queste cifre siano sottostimate. La mancanza di forniture e attrezzature mediche significa che molte infezioni rimarranno non trattate e creeranno ulteriori complicazioni sanitarie. L’incessante bombardamento e l’ordine da parte di Israele di interrompere le attività sanitarie o di evacuare strutture sanitarie impediscono ai pazienti di accedere alle cure tanto necessarie e agli operatori sanitari di fornirle.
Particolarmente preoccupante è il riemergere della poliomielite, precedentemente dichiarata eradicata dal Ministero della Salute di Gaza dal 1999. La situazione è stata esacerbata dal collasso dei programmi di vaccinazione e soprattutto dalla perdita del sistema igienico-sanitario, con la polio rilevata nelle acque reflue all’inizio del conflitto. Diversi autori chiedono un’azione immediata per prevenire disabilità a vita nei bambini e la fornitura di attrezzature per individuare e prevenire l’ulteriore diffusione del virus. Sottolineano la necessità di proteggere le postazioni mediche nonostante le risorse limitate per intraprendere questo lavoro. Il programma di vaccinazione d’emergenza dell’OMS, lanciato nel luglio 2024, si rivolge a 600.000 bambini nell’ambito di un cessate il fuoco temporaneo. Tuttavia, secondo l’OMS, gli spostamenti ripetuti in corso ostacolano gli sforzi di per controllare la polio. Secondo le stime, circa 7.000-10.000 bambini in aree difficili da raggiungere sono a rischio di paralisi e disabilità a lungo termine.
La restrizione dell’accesso umanitario, anche ai servizi di salute mentale e ai farmaci, sostiene, aggrava le sofferenze, soprattutto per coloro che hanno condizioni psichiatriche preesistenti. Esiste un’urgente necessità di supporto psicosociale e di salute mentale. La prevenzione delle disabilità a lungo termine sarà fondamentale per la ricostruzione del sistema sanitario di Gaza.
È indispensabile fornire una prospettiva per la ricostruzione
Nonostante la grave situazione crisi, è indispensabile fornire una prospettiva per la ricostruzione del sistema sanitario di Gaza, ripartendo dai bisogni immediati, a medio e lungo termine in fasi successive.
È stato proposto un approccio nazionale inclusivo ai servizi sanitari in tutta la Palestina. Un “piano di ripresa dalla crisi” con una collaborazione internazionale, regionale e nazionale per la pianificazione e il finanziamento. La priorità immediata è una valutazione completa dei bisogni, e quindi degli aiuti umanitari e del supporto medico necessari. Nel contempo bisogna assicurare la sopravvivenza e accettabili condizioni di vita della popolazione; riscostruire i servizi pubblici, compreso quelli sanitari.
Ci vorranno almeno 10 anni, per una ricostruzione del sistema sanitario di Gaza a livello degli standard minimi dell’OMS e integrata nei più ampi sforzi di ripresa nazionale. Tuttavia, un cessate il fuoco permanente è essenziale per qualsiasi azione.
Il conflitto ha creato una prolungata emergenza sanitaria a causa della mancanza di accesso alle necessità essenziali per salvare la vita, comprese le forniture mediche e le cure di qualità. Sebbene tutta la popolazione sia colpita, secondo questo punto di vista i bambini sono quelli più gravemente colpiti da traumi e sfollamenti.
È indispensabile esercitare pressioni politiche su Israele per riaprire le catene di approvvigionamento. La salute e la sanità sono le prime vittime del conflitto ivi incluse centinaia di attacchi a pazienti, personale medico e ambulanze dall’inizio di quest’anno.
Tra carenze e bombardamenti incessanti, l’OMS si trova ad affrontare sfide importanti per fornire assistenza sanitaria. dando priorità ai bisogni immediati, affrontando i traumi fisici e mentali attraverso cliniche mobili e teleconsulti dovendo sostenere anche il benessere mentale e fisico degli operatori sanitari, spesso gravemente traumatizzati.
La salute pubblica è una questione di benessere sia fisico che mentale. L’occupazione delle terre palestinesi da parte di Israele ha negato a Gaza tutti gli aspetti della salute pubblica da quando è iniziato l’assedio 17 anni fa. L’assedio, insieme a una politica di impoverimento, ha limitato il lavoro, il commercio e la produzione, con un grave impatto sulla vita a Gaza.
Otto guerre e invasioni dal 2008 al 2023 hanno causato uccisioni, distruzione e violenza diffusa, danneggiando la salute fisica e psicologica degli abitanti. È indispensabile comprendere i determinanti sociali e politici della salute, a Gaza l’occupazione israeliana è il principale determinante. È necessario considerare la “qualità della vita” – al di là delle morti e delle privazioni – inclusa la salute mentale, come parte integrante di qualsiasi recupero. Il punto di partenza per la vita a Gaza inizia con l’interruzione dell’occupazione che è alla base della crisi a lungo termine che è stata amplificata dall’attuale conflitto.
I bisogni immediati riguardano acqua pulita, servizi igienici e la riapertura delle catene di approvvigionamento di cibo, medicine e ossigeno. Sono indispensabili spazi sicuri e un cessate il fuoco duraturo. Nel complesso mostrano a che l’entità dei bisogni è enorme. Molti, compresi i rapporti delle Nazioni Unite, sottolineano l’urgente necessità di servizi di salute mentale, soprattutto per i bambini feriti, orfani e sfollati; tuttavia, questo aspetto non viene affrontato in modo coerente. Si riscontrano alti tassi di disturbi mentali a causa delle violenze in corso e dello sfollamento, con lacune nell’assistenza, poiché le lesioni fisiche hanno la priorità. Tuttavia, si trascura l’impatto sproporzionato della salute mentale sulle donne e sugli operatori sanitari. Il supporto per gli operatori sanitari traumatizzati non può essere trascurato poiché nel futuro ci sarà un’esplosione del bisogno di assistenza sanitaria con una forza lavoro fortemente impoverita.
La maggior parte dei lavori scientifici trascura il ruolo essenziale della sicurezza, che è fondamentale per ricostruire il sistema sanitario di Gaza. Con personale sanitario e finanze limitate, è necessaria una maggiore collaborazione tra ONU, ONG, e Stato per una ripresa complessiva. Pochi lavori sottolineano la valutazione delle priorità delle popolazioni sfollate e traumatizzate attraverso la consultazione delle comunità locali. Nonostante i ripetuti conflitti, a Gaza esistono gruppi locali che si occupano dei bisogni più urgenti attraverso la collaborazione e il sostegno della comunità. Sembra che l’attuale conflitto miri a cancellare luoghi, appartenenze e memorie più di qualsiasi altro in precedenza. Collaborare con le organizzazioni locali è la chiave per una ricostruzione sostenibile, dando priorità alle persone per promuovere l’appartenenza alla comunità e la gestione futura, nonostante le sfide.
Pensare un sistema sanitario
La fine dell’occupazione è essenziale per l’autodeterminazione e la libertà di movimento. Fermare la guerra, ritirare le forze di occupazione, togliere l’assedio e garantire la circolazione sono prerequisiti per qualsiasi intervento sanitario efficace. Nella figura illustriamo gli interventi necessari utilizzando l’approccio proposto dall’OMS per “blocchi” del sistema sanitario (Fig.1).

Il governo – la governance – del sistema
Il diritto internazionale non è riuscito a fermare le ostilità e a ripristinare gli aiuti umanitari, entrambi cruciali per la normalità. Anche gli attori della sanità globale hanno faticato ad affrontare la crisi. La gestione e la governance del processo di ricostruzione è una sfida importante e sarà essenziale uno sforzo internazionale coordinato, con l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e altre agenzie delle Nazioni Unite a svolgere un ruolo di primo piano, assicurando che le autorità palestinesi e il Ministero della Sanità di Gaza abbiano la piena titolarità del processo. Occorre stabilire ruoli chiari sia a livello locale che internazionale per garantire l’allineamento e l’armonizzazione degli aiuti, evitare duplicazioni e massimizzare l’efficienza.
Il finanziamento
In termini di finanziamento, è necessario un aumento su larga scala dei fondi internazionali per affrontare i bisogni sanitari immediati e ripristinare il sistema sanitario, con la rimozione delle restrizioni alla consegna degli aiuti per le forniture essenziali. Un fondo internazionale congiunto faciliterebbe l’allineamento e l’armonizzazione degli aiuti, eviterebbe le duplicazioni e massimizzerebbe l’efficienza. Il sostegno finanziario incondizionato, logistico e di esperti dovrebbe concentrarsi sulla ricostruzione delle infrastrutture sanitarie e sulla creazione di un sistema sanitario sostenibile, non limitandosi a rispondere ai bisogni immediati. Gli aiuti a breve termine non possono risolvere le debolezze di lunga data del sistema sanitario di Gaza. Per garantire l’equità nell’accesso all’assistenza sanitaria, l’obiettivo dovrebbe essere lo sviluppo di un sistema sanitario universalistico, evitando l’acquisto di servizi pagati direttamente dalle persone che vi accedono. Gli sforzi dovrebbero concentrarsi sulla creazione di un quadro equo e sostenibile, riducendo la dipendenza dal sostegno esterno.
La fornitura dei servizi. Assicurare l’offerta, prevenire la domanda
La gestione della salute della popolazione, un approccio proattivo per le popolazioni a rischio come Gaza, comporta interventi organizzativi, culturali e individuali. Gli elementi chiave includono la riorganizzazione dei modelli di cura, la responsabilizzazione delle comunità, il rafforzamento della governance, l’integrazione dei servizi e la creazione di un ambiente favorevole.
Nella crisi umanitaria senza precedenti di Gaza, la risposta ai bisogni di base come cibo, riparo, sicurezza, acqua e servizi igienici deve essere allineata alla fornitura di servizi e alla riorganizzazione del sistema sanitario. Un approccio intersettoriale cooperativo e approvato dalle autorità sanitarie palestinesi, è fondamentale, considerando le oltre 60 agenzie che ad oggi forniscono servizi sanitari. Gli interventi coordinati delle organizzazioni internazionali, delle ONG, dei governi locali e delle comunità sono essenziali per le risposte immediate e a lungo termine. Per assicurare l’impatto a lungo termine delle politiche nutrizionali, in particolare per i più vulnerabili, come i bambini, i neonati e le madri che allattano, è indispensabile intervenire subito con programmi alimentari di emergenza per far fronte alla carestia in atto.
La devastazione causata dai bombardamenti danneggia anche l’ambiente, e le risorse naturali mettendo a rischio la sostenibilità della regione, aggravando la crisi sanitaria e aumentando le esigenze di assistenza sanitaria, con impatti ecologici a lungo termine. Con l’80% delle infrastrutture distrutte, il ripristino di acqua, servizi igienici e habitat naturali è fondamentale per prevenire ulteriori crisi sanitarie e ambientali. Senza acqua, servizi igienici ed elettricità funzionanti, nessun sistema sanitario può essere sostenibile. La gestione sostenibile delle risorse è fondamentale per preservare le risorse naturali di Gaza, compresa l’energia solare decentralizzata, la purificazione dell’acqua e i sistemi di gestione dei rifiuti. Oltre alle infrastrutture, le iniziative educative dovrebbero mettere la popolazione di Gaza in condizione di adottare pratiche sostenibili come il riciclo e il compostaggio .
Il coinvolgimento della comunità è essenziale in tutte le fasi, dalla valutazione dei bisogni all’implementazione. Aiuta a rispondere a esigenze trascurate, come la sepoltura adeguata dei familiari, che può aiutare ad elaborare il lutto e alleviare l’enorme trauma sofferto.
La ricostruzione delle infrastrutture è improbabile nel breve termine, ma le cliniche mobili, già presenti, devono essere protette e aumentate di numero per affrontare i traumi fisici e mentali, le malattie infettive e le condizioni croniche. L’attenzione dovrebbe essere rivolta a cure primarie, enfatizzando la prevenzione, i servizi di comunità e l’assistenza di primo livello per ridurre il carico ospedaliero e migliorare l’adattabilità del sistema. L’integrazione di un’assistenza alla salute mentale culturalmente competente, una volta attiva, nei servizi primari sarà fondamentale per il recupero a lungo termine, insieme al rafforzamento della formazione locale di medici e operatori sanitari.
L’informazione sanitaria
I sistemi informativi sanitari sono vitali per la pianificazione dei servizi, ma è impegnativo assicurarne un funzionamento nelle aree di conflitto. A Gaza, la maggior parte delle cartelle cliniche è stata distrutta e quindi sarà essenziale capire come ripristinare una parvenza di sistema informativo sanitario, compresa la gestione della sorveglianza epidemiologica di base. La tecnologia mobile può supportare lo scambio di dati, le funzioni gestionali e l’orientamento delle cure. L’efficacia del supporto telemedico è evidenziata dal lavoro dell’iniziativa globale di telemedicina per l’assistenza ai traumi in circostanze estremamente impegnative e con impatti positivi. La sostenibilità richiede anche la produzione locale di farmaci e attrezzature essenziali.
La ricostruzione del sistema sanitario di Gaza deve essere guidata da una visione trasformativa, riconoscendo la salute come una questione politica. I sistemi di educazione mobile implementati per affrontare la deprivazione educativa della popolazione giovane di Gaza possono anche trasmettere un’educazione sanitaria di supporto.
Conclusioni
Il conflitto in corso è un conflitto senza precedenti, ormai ampiamente accettato come pulizia etnica e genocidio attuata da Israele. Non è iniziato nell’ottobre 2023, ma diversi decenni prima per l’intera regione. Da oltre 17 anni si è intensificato a Gaza, sottoposta a un assedio soffocante. Ora, come evidenzia questa narrazione, gran parte di Gaza è stata ridotta in macerie, il suolo e le fonti d’acqua avvelenati da intensi bombardamenti e distruzione, insieme a una catastrofe ambientale e a sofferenze umane inimmaginabili. Il conflitto ha infranto anche le regole della Convenzione di Ginevra e il Diritto Internazionale Umanitario sulla protezione dei civili e degli operatori sanitari. Questo pone una grave sfida non solo per la Palestina o la Striscia di Gaza, ma per il mondo intero, indebolendo ulteriormente il sistema multilaterale istituito dopo la Seconda Guerra Mondiale, aumentando drammaticamente il rischio di un nuovo conflitto mondiale e rendendo il mondo un luogo non sicuro per tutta l’umanità.
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Abbiamo voluto immaginare un percorso per un possibile futuro sistema sanitario a Gaza. Tuttavia, senza un cessate il fuoco immediato e duraturo e l’autonomia del popolo palestinese, si potrà fare ben poco. Per questo è indispensabile l’impegno di tutte le donne e gli uomini di buona volontà, il destino di Gaza appartiene a tutta l’umanità.