"Faccio del mio meglio per lasciare il mondo un po' migliore di come l'ho trovato" – "I am doing my best to leave the world a little better than I found it" – "Hago lo que de mi dependa para dejar el mundo un poco mejor"
Il 19 di luglio 2025 scadeva il termine per rigettare o presentare riserve agli emendamenti adottati il 1 giugno 2024 dall’Assemblea Mondiale della Sanità (A77/A/CONF./14). Il Governo italiano ha scelto di rigettare in toto il pacchetto di emendamenti. Dall’opposizione si è gridato allo scandalo suggerendo che la scelta sia stata fatta per seguire gli Stati Uniti d’America (ed eventualmente Israele) che hanno preceduto l’Italia nel rigettare il provvedimento. Io vorrei sperare (ma temo che solo di speranza si tratti) che il Governo abbia scelto autonomamente dopo aver studiato approfonditamente il testo dei Regolamenti Sanitari Internazionali (2005) e gli emendamenti approvati.
Or bene, ci sono buone ragioni per obiettare agli emendamenti così come per astenersi (insieme ad altri 10 paesi) dall’Accordo Pandemico, approvato il 20 maggio scorso dall’Assemblea Mondiale della Sanità (vedi post del 21 aprile). Soprattutto ci sarebbero buone ragioni per essere più presenti nell’OMS (che l’Italia ha contribuito a definanziare negli ultimi dieci anni a vantaggio di partenariati pubblico-privato come l’Alleanza GAVI e il Fondo Globale per la loatta all’HIV/Aids, la tubercolosi e la malaria e la finanziarizzazione della sanità globale a vantaggio delle imprese transnazionali) e battersi per liberare l’OMS dalla “cattura” esercitata da attori economici privati (ivi inclusi quelli che si definiscono filantropi) (per approfondimento leggi il libro Geopolitica della salute. Covid-19, OMS e la sfida pandemica)
Purtroppo, si sta facendo una gran bagarre sul rigetto degli emendamenti IHR, però mi chiedo quanto di quelli che protestano per questa scelta del governo hanno letto il testo e approfondito le conseguenze. D’altra parte anche chi ha rifiutato gli emendamenti ha usato argomenti che vanno al di là di ciò che è scritto, e quindi travisando il testo.
Il vero problema è che ormai esistono solo posizioni predefinite (bianco o nero, novax o vax, …) con l’incapacità di confrontarsi sulle prove addotte dagli uni e dagli altri seriamente e serenamente, accettando di potersi essere sbagliati nelle valutazioni o nelle ipotesi e quindi arrivare a conclusioni non ideologicamente preconfezionate (e quindi mai messe in discussione). Questo vale per il mondo politico, come per quello scientifico o quello mediatico che ne amplifica le posizioni, molti dei rappresentanti di quei mondi piuttosto che mettersi in discussione scelgono di non “guardare nel cannocchiale” usando una metafora galileiana.
NOTA: Gli emendamenti approvati il 1 di giugno 2024 entreranno in vigore il 19 settembre 2025 per gli Stati membri dell’OMS che non li abbiano rigettati entro il 19 di luglio 2025. Entreranno invece in vigore il 19 settembre 2026 per gli Stati membri (Iran, Paesi Bassi, Nuova Zelanda e Slovacchia) che abbiano rigettato gli emendamenti approvati dall’Assemblea Mondiale della Sanità nel 2022 (WHA75.12) – che modificarono i tempi di rigetto ed entrata in vigore rispettivamente da 24 a 12 mesi e da 18 a 10 mesi. Quegli stessi paesi hanno tempo fino al 19 marzo 2026 per esprimere riserve o rigettare i nuovi emendamenti.
….l’attuale regime “orteguista” ha perso ogni contatto con l’esperienza politica e soprattutto sociale e culturale di prima del 1990 e soprattutto di quei primi anni del Nicaragua rivoluzionario che ho avuto il privilegio di vivere e che in questo libro racconto come li ho vissuti.
Quando in uno dei miei viaggi in città incontrai l’allora Ministro della Cultura, il poeta e frate trappista Ernesto Cardenal alla mia domanda se non vi fosse contraddizione tra cristianesimo e rivoluzione rispose: “La Rivoluzione è lavorare per il prossimo e lavorare per il prossimo significa benessere, dare da mangiare all’affamato, vestire gli ignudi, insegnare a colui che non sa, curare i malati: queste sono le opere evangeliche e sono la pratica dell’amore”. Oggi, in una poesia inedita “Con la puerta cerrada” Cardenal denuncia:
“La revolución perdida en el actual régimen de terror y mentira la familia ha deforestado el país indefensos en la globalización”.
Il presidente Ortega e sua moglie, la vicepresidente Rosario Murillo, governano infatti con il “terrore e la menzogna” piegando le istituzioni al proprio servizio personale, una mutazione che si intuiva già nel 2001. Come ricordo nel libro, allora di ritorno in Nicaragua per la prima volta, incontrai Dora Maria Tellez. L’ex comandante “uno” della rivoluzione sandinista condannava senza mezzi termini il tradimento “dell’etica rivoluzionaria po- sta al servizio della costruzione di un’utopia” dell’ex-compagno di lotta, oggi nuovamente al potere e motiva- to solo da quello. La repressione è tornata in Nicaragua.
“Questo libro non è il classico libro sullo scautismo, è un libro PER lo scautismo.” – Luigi Perollo
Una conversazione intorno al fuoco
Il titolo del libro non mente: “Dialogo sullo scautismo” è davvero un dialogo, e non solo nel senso stilistico. Missoni e Benard si confrontano come due vecchi scout che, seduti attorno a un fuoco di bivacco, si scambiano idee, esperienze, dubbi e intuizioni. La forma colloquiale non riduce la profondità dei temi trattati: anzi, li rende più accessibili, più veri, più “vissuti”.
Tre grandi capitoli per una grande chiacchierata
Il libro si articola in tre sezioni:
Il Metodo – con riflessioni sui fondamenti pedagogici dello scautismo e le sue applicazioni concrete.
Il Movimento – dove si affrontano dinamiche culturali, spirituali ed educative, con un occhio critico al rischio che lo scautismo si trasformi in mera organizzazione.
L’Organizzazione – con analisi lucide sulle strutture associative a livello nazionale e mondiale.
Questa suddivisione permette ai lettori di attraversare lo scautismo non solo come metodo educativo, ma come visione del mondo e modello organizzativo.
Un libro per chi vuole pensare (e agire)
Il valore di questo testo sta soprattutto nella sua intenzionalità trasformativa. Gli autori non vogliono difendere lo scautismo “perché si è sempre fatto così”, ma invitano a ripensarlo in profondità, senza nostalgia, alla luce delle sfide educative di oggi. Offrono intuizioni originali (come l’interessante applicazione del concetto di olone), spunti di etica politica e riflessioni su un’organizzazione più “autoapprendente”, partecipata, radicata nella base e meno verticistica.
Il paragone con il corpo umano è eloquente: se il sistema immunitario dovesse attendere il permesso del cervello per reagire a un’infezione, il corpo collasserebbe. È un monito contro organizzazioni rigide e accentrate, che faticano a rispondere alle esigenze reali dei territori.
Tra pedagogia, politica e spiritualità
Non mancano riflessioni significative sul contributo dello scautismo alla pedagogia generale: un ponte possibile (e auspicabile) tra il Metodo scout e altre esperienze educative. È interessante anche il modo in cui viene affrontato il tema della religiosità scout, con prospettive originali che mettono in discussione approcci consolidati.
Ben argomentato anche il capitolo sull’organizzazione “3G” (gruppo, gente, generazioni), con esempi che toccano da vicino realtà associative come l’AGESCI. Da segnalare la denuncia del pericolo di derive educative “pseudo-militaristiche”, che rischiano di svuotare il Metodo della sua anima liberante.
Il mondo, la federazione e i limiti del presente
Per chi ama la dimensione internazionale dello scautismo, il libro è una miniera. Si parla apertamente di WOSM e delle sue resistenze verso modelli federativi; si propone una visione alternativa, in cui i gruppi scout possano esprimere direttamente idee e proposte, senza il filtro paralizzante dei livelli intermedi.
Il capitolo sul licenziamento del 2007 è la “ciliegina sulla torta” per chi conosce la storia recente del movimento mondiale e ne coglie gli intrecci ancora attuali.
Con uno sguardo al futuro
Il libro lancia una sfida: come può una rete di mezzo milione di gruppi nel mondo essere davvero interattiva, partecipata e autoformante? E come conciliare questa ambizione con la fatica quotidiana dell’impegno educativo locale, che già oggi fatica a sostenere i livelli di zona e regione?
Missoni e Benard non offrono ricette facili. Offrono però strumenti, idee illuminate (come misurare il reale impatto delle partenze, ripensare la presenza scout nei processi democratici, valorizzare le realtà indipendenti…), e soprattutto un metodo per pensare criticamente lo scautismo, senza rinnegarlo.
In sintesi
“Dialogo sullo scautismo” è un libro vivo, scritto per lo scautismo e non solo sullo scautismo. Un testo per capi educatori, responsabili, formatori e per tutti quelli che amano lo scautismo abbastanza da volerlo anche cambiare, per restare fedeli al suo spirito più autentico.
Nel mio post del primo maggio dello scorso anno avevo messo in evidenza l’accelerazione impressa dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) al processo di negoziazione di un nuovo “Trattato pandemico” e di un pacchetto di emendamenti ai Regolamenti di Sanità Internazionale (RSI 2005), per assicurarne l’approvazione dell’Assemblea Mondiale della Sanità (AMS), che si sarebbe tenuta da lì a tre settimane. Sottolineavo come i testi da approvare non fossero ancora disponibili in versione finale; un fatto che di per sé infrangeva le regole vincolanti previste dagli RSI 2005, che all’articolo 55 prevede che “Il testo di ogni proposta di emendamento dovrà essere comunicato a tutti gli Stati Parte dal Direttore Generale almeno quattro mesi prima dell’Assemblea della Salute in cui viene posto in discussione.”
Gli emendamenti ai Regolamenti di Sanità Internazionale
Nonostante che la maggior parte delle modifiche agli RSI previste nelle bozze precedenti e contestate dalla Commissione Medico-scientifica indipendente (CMSI) siano sparite dal testo approvato, alcuni di quegli emendamenti presentano ancora delle criticità. Quelle nuove norme di carattere vincolante entreranno in vigore – per “silenzio assenso” – per tutti quegli Stati Membri dell’OMS che non le rigettino o esprimano riserve tempestivamente.
Il periodo previsto per il rifiuto o l’espressione di riserva degli emendamenti approvati è di 10 mesi dalla data di notifica da parte del Direttore generale, avvenuta il 19 settembre 2024, quindi entro il 19 luglio 2025. Trattandosi di norme vincolanti per gli Stati Membri è indispensabile assicurare il dibattito parlamentare e pubblico prima della scadenza dei termini.
Oltre alla già ricordata mancanza di trasparenza nel processo che aveva condotto all’approvazione, impedendo così un controllo pubblico e accademico e il fatto che la bozza non fosse stata presentata con i necessari quattro mesi di anticipo, alcuni degli emendamenti approvati appaiono particolarmente critici e ne suggerirebbero il rigetto. In particolare, quelli che prevedono per ogni Stato Membro l’obbligo di sviluppare, rafforzare e mantenere il “controllo della disinformazione e la cattiva informazione”. In assenza di un confronto scientifico tra ricercatori liberi da conflitti d’interesse, si configura il rischio di censura dell’informazione non allineata, già sperimentato nel corso della pandemia di Covid-19.
Il Trattato o Accordo Pandemico
Insieme all’approvazione degli emendamenti agli RSI, il 1 giugno scorso è stato annunciata anche la decisione dell’AMS di protrarre i termini per concludere le negoziazioni del Trattato Pandemico in modo da poterlo approvare nel corso della 28ma AMS che si terrà dal 19 al 27 maggio 2025.
In questo caso, in base a quell’articolo, l’approvazione richiederà una maggioranza qualificata di 2/3 dei voti dell’Assemblea. Anche se approvato, affinché possa entrare in vigore bisognerà attendere la ratifica di almeno 60 paesi, ed entrerà in vigore solo per quei Paesi che abbiano formalmente accettato l’Accordo internazionale in conformità con le proprie procedure costituzionali. In Italia per la ratifica dei Trattati internazionali che prevedono – come in questo caso oneri finanziari – la Costituzione prevede l’approvazione delle Camere (art. 80) e la firma del Presidente della Repubblica (art. 87).
Il possibile ruolo dell’Unione Europea
D’altra parte la bozza di Accordo pandemico prevede la possibilità che anche le “Organizzazioni di integrazione economica” – in pratica si tratta dell’Unione Europea – possano ratificare l’Accordo e dipenderà dagli accordi interni all’Unione se la semplice ratifica da parte dell’UE vincolerà tutti gli Stati appartenenti all’Unione. Si tratta di un punto piuttosto rilevante e che richiederà un attento approfondimento del principio di sussidiarietà che ha in genere riservato agli Stati – e in Italia in massima parte alle Regioni – le competenze in sanità, ma che nel caso di pandemia prefigurerebbero proprio le condizioni per legittimare l’intervento dell’Unione se gli obiettivi di un’azione non possono essere conseguiti in misura sufficiente dagli Stati membri ma possono, “a motivo della portata o degli effetti dell’azione in questione”, essere conseguiti meglio a livello di Unione.
Come già ricordato la proposta di un Trattato o Accordo pandemico internazionale, non venne dall’OMS, ma fu avanzata per la prima volta proprio dal Presidente della Commissione Europea, Charles Michel, nel 2020 e integrata nella successiva dichiarazione dei leader del Gruppo dei 7 del 19 febbraio 2021, e finalmente tradotta nell’impegno assunto dal Consiglio dell’UE a lavorare su un trattato internazionale sulle pandemie nel quadro dell’OMS.
Di seguito torno ad esaminare alcuni degli aspetti più controversi del testo della bozza di Accordo/Trattato.
Il potere conferito alla OMS e il trasferimento di sovranità
La sovranità degli Stati è indicata come uno dei principi di riferimento dell’Accordo (art.3 della bozza) ed è menzionata ripetutamente. Non è previsto alcun obbligo per i Paesi parte (ovvero quelli che ratificheranno l’Accordo) che non sia compatibile con le leggi nazionali.
All’art. 24 della bozza si mantiene che:
“Nulla nell’Accordo Pandemico OMS deve essere interpretata nel senso di conferire al Segretariato dell’OMS, compreso il Direttore Generale dell’OMS, alcuna autorità di dirigere, ordinare, modificare o altrimenti prescrivere le leggi o le politiche nazionali e/o domestiche, […] o di imporre alle Parti l’obbligo di intraprendere azioni specifiche, come ad esempio respingere o accettare viaggiatori, imporre mandati di vaccinazione o misure terapeutiche o diagnostiche o attuare misure di lock down.”
Ogni volta che un articolo prevede l’assistenza della OMS, si ribadisce che essa può essere fornita solo “su richiesta” dei Paesi interessati; come d’altra parte previsto dalla Costituzione della stessa OMS (art.2, lettere c e d).
La bozza prevede che il Segretariato dell’OMS funga da Segretariato dell’Accordo Pandemico e
che oltre alle funzioni previste dall’Accordo possa svolgerne altre che potranno essere stabilite dalla Conferenza delle Parti, che ne supervisionerà l’operato.
La Conferenza delle Parti
Come osservato in passato, la corsa verso un Trattato pandemico – uno strumento vincolante aggiuntivo rispetto agli esistenti RSI 2005 – continua a sollevare diverse perplessità anche in quanto prevede l’istituzione di nuovi e costosi organi di direzione, organi sussidiari e meccanismi finanziari, che comunque con gli RSI 2005 dovranno coordinarsi.
L’articolo 21 (della bozza) prevede la costituzione della Conferenza della Parti (COP) cui spetterebbe valutare l’avanzamento nell’attuazione dell’Accordo e rivederne il funzionamento ogni cinque anni, prendendo le decisioni necessarie per promuoverne l’effettiva attuazione. Le modalità di funzionamento e finanziamento della COP verrebbero però decise “per consenso” (ovvero in assenza di voto e manifestazione di disaccordo) solo nella prima riunione della medesima, entro un anno dal varo del Trattato. La COP potrà costituire a sua volta degli organi sussidiari e soprattutto dovrà prendere in considerazione e approvare l’istituzione di unmeccanismo – di fatto il braccio operativo della COP – per facilitare e rafforzare l’effettiva applicazione delle disposizioni dell’Accordo. Al meccanismo – diverso da quello che si presenta in seguito – spetterà tra l’altro fare “raccomandazioni non vincolanti” alle Parti dell’Accordo.
Il meccanismo finanziario di coordinamento (Il Meccanismo)
Per assicurare la “sostenibilità finanziaria” dell’accordo (art. 20 della bozza) le Parti dovranno potenziare il finanziamento domestico per l’attuazione “inclusiva e trasparente” dell’Accordo. In questo senso, nei limiti consentiti dalle leggi e le risorse nazionali, dovranno tra l’altro aumentare i fondi destinati alla prevenzione, preparazione e risposta alle pandemie a livello nazionale, nonché promuovere la mobilizzazione di risorse a dono a supporto dei Paesi in via di sviluppo, anche “incoraggiando […] esistenti entità di finanziamento esistenti”. Questo aspetto, sembrerebbe un assist ai potenti partenariati pubblico-privato globali come GAVI, il Fondo Globale per la lotta all’Aids, la tubercolosi e la malaria, o il più recente CEPI e i meccanismi finanziari innovativi che gestiscono. Tanto più che il testo della bozza prevede che il Meccanismo potrebbe essere supportato da una o più “entità internazionali”. Laddove il concetto stesso di internazionale è stato da tempo surrettiziamente esteso a quei partenariati transnazionali che affiancano governi e soggetti privati.
Anche per il Meccanismo finanziario, che l’Accordo pandemico istituirebbe, è previsto che i termini di riferimento per assicurarne governo e operatività siano decisi in seguito.
Il Sistema PABS (Pathogen Access and Benefit-Sharing System)
Un altro strumento – lungamente discusso nel corso dei negoziati – che verrebbe creato dall’Accordo è il Sistema PABS per l’accesso “sicuro, trasparente e responsabile” ai patogeni (materiali e sequenze genetiche) e la condivisione dei benefici che ne possano derivare (art. 12 della bozza).
Ancora una volta i provvedimenti che governeranno il sistema, comprese le definizioni di agenti patogeni con potenziale pandemico, materiali sequenze PABS, nonché le modalità, la natura giuridica, i termini e le condizioni, e le dimensioni operative, sono rimandate alla elaborazione di un Allegato che potrà essere approvato dalla COP ed entrare in vigore anche dopo l’eventuale entrata in vigore dell’Accordo (artt. 29 e 30 della bozza).
Approccio Una Salute (One Health)
Il riferimento all’approccio Una Salute (art. 5 della bozza) – il cui inserimento nell’Accordo è visto da alcuni settori conservatori come la volontà dell’OMS di imporsi al governo globale anche oltre la sanità – trova nella nuova bozza una maggiore definizione e va letto anche in coordinamento con l’articolo 17 (della bozza) relativo all’approccio “integrale” di governo e società (whole-of-government, whole-of-society).
Il riconoscimento dello stretto legame tra salute umana, salute animale e ambiente è indiscutibile, così come lo è il potenziale pandemico di alcune zoonosi. Quindi sembra corretto che ogni Paese consideri questo particolare aspetto nell’organizzare il proprio piano pandemico.
Approccio “integrale” di governo e società (whole-of-government, whole-of-society)
Anche le preoccupazioni di alcuni settori conservatori per un governo totale, una “dittatura sanitaria” dell’OMS attraverso l’approccio “integrale” di governo e società possono essere messe tranquillamente da parte. L’articolo 17 (della bozza) è piuttosto una raccomandazione a predisporre a livello nazionale politiche intersettoriali che assicurino la partecipazione delle comunità nelle decisioni, nella prevenzione, preparazione e risposta alle pandemie, nonché la mitigazione dell’impatto sociale ed economico delle pandemie e delle emergenze di sanità pubblica. Nello specifico articolo l’OMS non viene neppure menzionata.
Comunicazione e consapevolezza pubblica
Restano le perplessità circa aspetti legati alla gestione dell’informazione pubblica, sotto la bandiera del rafforzamento della scienza, la sanità pubblica e l’alfabetizzazione pandemica della popolazione”. Sappiamo, infatti, come si stata costruita una narrativa unilaterale “sulle pandemie, le loro cause, impatto e determinanti, nonché sulla efficacia e la sicurezza dei prodotti sanitari relativi alla pandemia” durante la pandemia Covid-19 (e anche precedentemente), non sempre “trasparente, tempestiva, accurata, basata sulla scienza e sulle prove” come prevederebbe l’art.18 (della bozza). Per le stesse ragioni l’obbligo – che si contrarrebbe con l’adesione all’Accordo – di adottare politiche relative a fattori che nel corso di una pandemia limitano l’adesione alle misure sociali e di sanità pubblica e la fuducia nella scienza e nelle istituzioni, potrebbero configurasi come una giustificazione di ulteriori future censure del pensiero critico e del dissenso, nonché di prove che mettano in discussione la narrativa ufficiale.
Prodotti pandemici e coinvolgimento degli Stakeholders
Tutto il testo della bozza dei Accordo è attraversato dal forte accento sullo sviluppo, la produzione e la distribuzione dei “prodotti pandemici”, nonché da molteplici richiami al coinvoglimento di stakeholders rilevanti, che in relazione a quei prodotti sono rappresentati fondamentalmente dall’industria bio-farmaceutica. Due aspetti che rappresentano un ulteriore aspetto meritevole di attenzione e attenta valutazione, che mi propongo di analizzare in qualche dettaglio in una futura riflessione. Si tratta infatti dell’ambito che maggiormente si presta al conflitto di interessi. Come ricordava la ex Direttrice Generale dell’OMS nel 2013: “Il potere del mercato si traduce facilmente in potere politico”
Ho fatto il presepe anche quest’anno con le stesse figurine di gesso con cui lo allestivo da bambino. Quando ho messo il Bambino “avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia”, ho sentito freddo, il freddo dell’Umanità travolta dall’odio e la violenza del potere e del denaro di cui è stata resa avida. Il freddo della guerra, di tutte le guerre. Il freddo della Natura martoriata e saccheggiata. Il freddo della sofferenza. Allora ho coperto il Bambino con una copertina di solidarietà con la sua terra e il suo popolo, oggi però simbolo di solidarietà con tutta l’umanità sofferente. Quel Bambino nato povero in Palestina ieri come oggi, ci chiede pace e giustizia.
Pace per l’umanità, Pace con la Natura, Pace nei nostri cuori.
Credo nella fondamentale importanza di un Movimento Scout e Guide unito a livello mondiale capace davvero di costruire un mondo migliore, almeno “un po’ migliore di come lo abbiamo trovato”.
Come sa chi mi segue anche solo occasionalmente sulle reti sociali sul tema della pedagogia e dell’organizzazione dello Scautismo ho riflettuto con il mio amico e fratello Scout Dominique Bénard, trasferendo poi i risultati di quella riflessione nel libro Dialogo sullo Scautismo. Pedagogia e Organizzazione.
Parte di quella riflessione faceva riferimento alla frammentazione del Movimento Scout, in molti paesi come a livello mondiale.
Oggi in Italia esistono almeno un centinaio di associazioni Scout, persino con diversi riferimenti a livello internazionale; a volte sembra difficile riconoscere che si tratti di un solo Movimento. Questi innumerevoli frammenti sono impegnati ad affermare e caratterizzare ognuno la propria forma, piuttosto che la sostanza che le unisce.
Al contrario,valorizzare la diversità, nella costruzione di un Movimento unitario non può che tradursi in un vicendevole arricchimento, invece di accentuare la divisione.
Si sente forte la necessità di una iniziativa che vada in quella direzione.
Con un gruppo di sorelle e fratelli Scout che, indipendentemente dalla loro provenienza associativa, attraverso la Promessa e la Legge Scout si riconoscono parte di un solo grande Movimento educativo mondiale, interculturale, interconfessionale e intergenerazionale, ci siamo impegnati ad avviare, a livello nazionale, lo sviluppo di un nuovo modello organizzativo in grado di realizzare e garantire nel tempo l’unità dello Scautismo e superando l’attuale frammentazione.
Un nuovo modellooperativo che, nella condivisione dei valori e del Metodo Scout, incoraggi e favorisca l’unità nel rispetto della libertà di espressione di ciascuno e delle scelte rispondenti al proprio contesto locale e alla propria comunità di appartenenza.
Per costruire un simile modello proponiamo di ritrovarci intorno ad un ideale Fuoco dello Scautismo italiano, un cerchio ideale in cui ritrovarci come sorelle e fratelli Scout che come tali dialogano e si esprimono non solo rispettando le differenze culturali, religiose, locali, ma disposti ad imparare gli uni dagli altri, in atteggiamento di sincero ed attivo ascolto di esperienze e punti di vista diversi. Un dialogo costruttivo fondato sul riconoscimento di pari dignità; su processi decisionali che coinvolgano in modo appropiato giovani adulti e anziani “giovani” di tutte le età; sulla partecipazione attiva e cooperativa per la costruzione condivisa delle soluzioni ed il rispetto delle minoranze.
Immaginiamo un Movimento Scout indipendente da ogni condizionamento da parte di forze economiche e ideologie politiche o religiose, impegnato piuttosto nella costruzione della pacifica convivenza tra i popoli e l’armonia con la Natura e il Pianeta.
Crediamo che un “mondo migliore” può derivare solo da uno slancio ideale e da un’azione costante. Uno sforzo ispirato ai valori e all’etica Scout, a cui ci siamo impegnati con la Promessa, ma che deve tradursi progressivamente – attraverso il gioco, l’avventura e il servizio – in una consapevolezza adulta e in un confronto individuale e collettivo con le sfide della vita e del mondo.
Ecco dunque la proposta: un primo appuntamento il 23, 24 e 25 maggio 2025 per accendere insieme il Fuoco dello Scautismo italiano, e avviare un processo che speriamo ci permetta di fare molta Strada insieme, parafrasando B.-P., per ricostruire l’idea, l’ideale e il Movimento ed evitare che resti solo un’organizzazione, o peggio un puzzle di decine o centinaia di organizzazioni. Per amggiori informazioni e partecipare clicca QUI
Sotto la spinta di Big Pharma e di filantrocapitalisti ad essa strettamente collegati, da anni assistiamo ad una crescente tendenza dell’OMS, ad un approccio mercificato e centralizzato nella risposta alle epidemie, che sembra aver perso di vista ogni enfasi sui determinanti della salute, le cure primarie e la partecipazione comunitaria che hanno caratterizato gli anni d’oro di quella Organizzazione.
Dagli anni 1980 il bilancio regolare dell’OMS (formato dai contributi obbligatori degli Stati Membri) è congelato; ormai, priorità e funzionamento dell’Organizzazione sono determinati in massima parte dagli obiettivi cui attori pubblici e privati vincolano i propri contributi volontari. Anche questi sono ancora in massima parte di origine governativa o intergovernativa, e quindi costituiti da fondi pubblici, cionondimeno costituiscono uno dei principali, visibili e quantificabili, strumenti di “cattura” dell’OMS da parte di poche entità private, prima fra tutte la Fondazione Bill e Melinda Gates, seconda solo agli Stati Uniti d’America in quanto a finanziamento dell’OMS. Gli altri strumenti di “cattura” sono meno visibili, ma sistemici: controllo della ricerca, influenza sulle risorse umane, controllo dei media, sostegno a iniziative multistakeholder che marginalizzano l’OMS, lobby a tutti i livelli; senza parlare di meno visibili dinamiche corruttive.
Ora l’OMS sembra molto preoccupata di assicurare che la prossima Assemblea Mondiale della Sanità (27 maggio – 1 giugno) approvi un nuovo “Trattato pandemico” e un pacchetto di emendamenti ai vigenti Regolamenti di Sanità Internazionale (RSI 2005), senza peraltro che i testi da approvare siano ancora disponibili in versione finale. Già questo, infrange le regole vincolanti previste dagli RSI 2005, che all’articolo 55 prevede che “Il testo di ogni proposta di emendamento dovrà essere comunicato a tutti gli Stati Parte dal Direttore Generale almeno quattro mesi prima dell’Assemblea della Salute in cui viene posto in discussione.”
Anche pensare di far approvare un qualsiasi accordo internazionale senza averlo presentato con debito anticipo agli Stati membri è quanto meno un’eresia nell’ambito dei procedimenti internazionali. Ricordo come praticamente ad ogni riunione dell’OMS i delegati protestavano per lo scarso anticipo con cui alcuni documenti erano stati fatti circolare. E si trattava spesso di documenti tecnici di limitata rilevanza se confrontati con quelli oggetto di questa analisi!.
Il testo emendato dei RSI è apparso in rete solo il 17 aprile u.s. (A/WGIHR/8 ), per la prima volta dal 6 febbraio del 2023, dopo quattordici mesi di negoziati a porte sostanzialmente chiuse. L’ultima bozza del Trattato pandemico è circolata il 22 aprile (A/INB/9/3 Rev.1). In entrambi i casi sembrerebbe che molti dei punti critici che con la CMSI avevamo evidenziato in ottobre siano stati rivisti. Purtuttavia, an accurata analisi delle nuove versioni dei documenti suggerisce ancora l’inopportunità di una loro affrettata approvazione; non c’è nessuna ragione che obblighi ad approvarli alla prossima Assemblea Mondiale, se non la ricerca di visibilità politica di un “evento storico” e la probabile pressione di interessi diversi.
Quindi il primo motivo per rigettare entrambi gli strumenti è proprio quella pressione esercitata su governi e opinione pubblica per una loro affrettata approvazione di fronte alla persistente mancanza di consenso tra i negoziatori e la scarsa definizione di diversi aspetti, in effetti rimandata a future decisioni a Trattato approvato (“la gatta frettolosa fa i gattini ciechi”, recita un antico proverbio).
Il Trattato pandemico
A scanso di equivoci, è bene ricordare che la proposta di un Trattato pandemico, non viene dal segretariato dell’OMS o dal suo Direttore Generale, ma fu avanzata per la prima volta dal Presidente della Commissione Europea, Charles Michel, nel 2020 e integrata nella successiva dichiarazione dei leader del Gruppo dei 7 del 19 febbraio 2021, e finalmente tradotta nell’impegno assunto dal Consiglio dell’UE a lavorare su un trattato internazionale sulle pandemie nel quadro dell’OMS.
Come noi, diversi autori insistono da tempo sulla sua inutilità in assenza di un vuoto giuridico che lo giustifichi. Infatti esistono i RSI 2005, che sono uno strumento parimenti vincolante, il cui perfezionamento potrebbe essere giustificato se basato su di un’analisi imparziale sulle prove, punto per punto, di cosa non ha funzionato fin qui (ma il processo attuale segue altre logiche e comunque i tempi non sono maturi).
Il Trattato, costituirebbe uno strumento del tutto nuovo, di complessa attuazione: con l’istituzione di nuovi e costosi organi di direzione (Conferenza delle Parti, COP) e organi sussidiari (art. 21); un aggravio di burocrazia, funzioni e costi della stessa OMS che funzionerebbe da segretariato (art.24), con nuovi meccanismi finanziari, tutti da definire in seguito (art.20); un ripetuto richiamo al coinvolgimento di molteplici stakeholders, che non è difficile identificare principalmente nell’industria, anche per l’insistenza del testo del Trattato sui prodotti pandemici e il loro sviluppo, produzione e distribuzione.
Sotto la bandiera della “alfabetizzazione scientifica, sanitaria e pandemica” e sull’accesso a “informazioni trasparenti, accurate, basate sulla scienza e sulle prove” che le Parti dovranno rafforzare (art. 18), si può nascondere ancora il desiderio di censura di qualsiasi espressione di dissenso o di prove che mettano in discussione la narrativa ufficiale.
Ma al tavolo del negoziato questi aspetti sembrano non preoccupare. Piuttosto, le principali controversie ruotano ancora attorno al tema dell’equità nella distribuzione di costi e benefici tra i paesi ad alto reddito e i paesi più poveri. In particolare riguardo all’accesso agli agenti patogeni isolati nei Paesi; l’accesso ai prodotti pandemici, come i vaccini prodotti a partire dalle sequenze genetiche di quei patogeni; la distribuzione equa non solo di test, trattamenti e vaccini contro la pandemia, ma anche dei mezzi per produrli e quindi i finanziamenti. Ma la trattazione di alcuni di quei temi controversi – in particolare le modalità di funzionamento di un nuovo sistema OMS di accesso agli agenti patogeni e ai benefici che ne derivino (Pathogen Access and Benefit-Sharing System, PABS) – viene peraltro rimandata momenti successivi all’approvazione del Trattato (al 2026) (art. 12). Allo stesso modo per la definizione delle modalità operative dell’approccio Una Salute (One Health) si rimanda alla elaborazione di uno strumento che si colleghi alle prescrizioni dei RSI e dovrebbe divenire operativo nel 2026 (art. 5).
Per allontanare i dubbi, sollevati da più parti, circa la possibilità che il Trattato avesse lo scopo di sottrarre sovranità sanitaria agli Stati per conferirla alla OMS i negoziatori si sono premurati di inserire nel testo la frase: “Nessuna disposizione dell’Accordo OMS sulle pandemie deve essere interpretata nel senso di conferire al Segretariato dell’OMS, compreso il Direttore Generale dell’OMS, l’autorità di dirigere, ordinare, modificare o prescrivere in altro modo le leggi o le politiche nazionali e/o domestiche, a seconda dei casi, di qualsiasi Parte, o di imporre alle Parti l’obbligo di intraprendere azioni specifiche, come ad esempio vietare o accettare i viaggiatori, imporre mandati di vaccinazione o misure terapeutiche o diagnostiche o attuare misure di lock down.” (art. 24).
In realtà, invece di rafforzare l’OMS – che invece mantiene la responsabilità dell’attuazione dei RSI – il Trattato aumenterebbe la frammentazione dell’azione di preparazione e risposta alle pandemie, in un quadro di governance globale della sanità già di per sé estremamente frammentato.
Gli emendamenti ai RSI 2005
Ma veniamo alle ragioni per cui anche l’attuale proposta di emendamenti ai RSI 2005 dovrebbe essere rigettata. Il primo motivo è ancora l’ingiustificabile fretta per approvare uno strumento ancora in discussione, e la già ricordata intenzione di presentarlo mediante un sotterfugio in violazione della già citata norma di quegli stessi Regolamenti che ne prevede la presentazione con quattro mesi di anticipo (art.55).
Anche in questo caso i passaggi che avevano destato maggiore preoccupazione sono stati rimossi o modificati con la probabile intenzione di renderli più digeribili agli osservatori più critici. Ad esempio è stato rimosso l’emendamento che cassando il “non vincolanti” voleva rendere obbligatoria l’esecuzione delle raccomandazioni dell’OMS (una contraddizione in termini, peraltro) (art. 1). Allo stesso modo è stato cancellato quell’oltraggioso emendamento che pretendeva di cassare nei principi il riferimento al “pieno rispetto della dignità, dei diritti umani e delle libertà fondamentali delle persone” aggiungendo piuttosto il richiamo ad un condivisibile dovere di “equità e solidarietà tra gli Stati” (art. 3). Vale la pena ricordare che per la Repubblica Italiana la solidarietà è un “inderogabile dovere” (art. 2 della Costituzione).
Tra le nostre osservazioni alla vecchia bozza sottolineavamo il pericolo della sostituzione di “organizzazioni intergovernative” tra i destinatari delle informazioni dell’OMS con un più generico “organizzazioni internazionali”, motivando la nostra obiezione con la genericità del termine che potrebbe includere organizzazioni private (filantropie globali, ONG internazionali, organizzazioni pubblico-private), che non sono firmatarie, né direttamente soggette ai RSI. Purtroppo la preoccupazione rimane: “organizzazioni intergovernative” è stata sostituita con “enti internazionali”, che si presta ugualmente a varie interpretazioni, sempre nell’ottica di quel deleterio multistakeholderismo che si vorrebbe come nuova forma di governance globale.
Anche gli emendamenti all’art 13 che prevedevano più stringenti condizioni di cessione di sovranità degli Stati membri, sono stati in gran parte eliminati. Però quello che era un “dovrebbero” (should) rimane comunque emendato in un “devono” (shall) e quindi nell’obbligo degli Stati Membri di fornire, su richiesta dell’OMS “supporto alle attività di risposta coordinate dall’OMS” e ciò “nella massima misura possibile nell’ambito dei mezzi e delle risorse a loro disposizione” (par. 5, art.13). Aspetto che viene ripreso poco più avanti (par.7, art. 13) dove si richiama il “dovere” degli Stati Parte, su richiesta di altri Stati Parte o dell’OMS, di “collaborare tra loro e sostenere le attività di risposta coordinate dall’OMS” “nella maggior misura possibile, in base alle leggi nazionali e alle risorse disponibili.”
Molto attenuati, ma non scomparsi (sistemati nell’Annesso 1) i richiami alla necessità di rafforzare a diversi livelli (nazionale, intermedio e locale) le capacità degli Stati Parte ivi incluso per “contrastare la cattiva informazione e la disinformazione”.
La facilitazione dell’accesso ai “prodotti sanitari” (nel Trattato si parla di prodotti “pandemici”, ma i RSI sono nati per far fronte a ogni tipo di emergenza sanitaria – anche, per esempio, derivante da conflitti o disastri nucleari – e quindi il termine usato è necessariamente più inclusivo) si ritrova inserito in più punti della proposta di emendamenti. Tale accesso – che poi significa favorire lo sviluppo, acquisto e distribuzione dei prodotti – dovrebbe prevedere meccanismi coordinati dall’OMS (art. 44). Ma sappiamo, dall’esperienza della pandemia Covid 19, come quel ruolo sia stato del tutto secondario, con meccanismi (per esempio COVAX) diretti da organizzazioni pubblico-private come l’Alleanza GAVI e la CEPI, a loro volta fortemente influenzate dal settore commerciale e dai soliti filantrocapitalisti.
Per quanto riguarda infine il sostegno finanziario alle attività di preparazione e risposta alle emergenze sanitarie, un articolato emendamento indica il dovere degli stati Parte di mobilitare risorse anche attraverso “i meccanismi di finanziamento bilaterali, subregionali, regionali e multilaterali esistenti e futuri”; in particolare “attraverso meccanismi di coordinamento e/o di finanziamento che potranno essere stabiliti in futuri Accordi Internazionali relativi alla prevenzione, alla preparazione e alla risposta alle pandemie” (art.44). Si tratta di fatto del collegamento con il Trattato pandemico, e a meccanismi finanziari la cui definizione è stata rimandata a momenti successivi all’approvazione del Trattato.
Perché dunque tanta fretta? Meglio fermarsi a riflettere. D’altra parte non sono gli strumenti vincolanti già a disposizione – in particolare i RSI 2005 – che non hanno funzionato nel far fronte alla pandemia Covid 19. Piuttosto è mancato il rispetto delle regole che i RSI sanciscono e sono prevalse le regole degli interessi geopolitici e quelli privati a tutti i livelli del sistema globale.
Con Dominique Bénard, possiamo annunciare con orgoglio la pubblicazione del nostro libro “Dialoghi sullo scoutismo” ora anche in italiano! (seguiranno oltre alla versione elettronica, anche le versioni in lingua francese e spagnolo).
L’idea del libro è nata durante un’escursione nelle Alpi dello Chablais, vicino a dove Dominique vive nelle Alpi francesi. Abbiamo discusso dei pochi riferimenti al Metodo Scout nei libri di pedagogia e della relativa mancanza di conoscenza e interazione con altri metodi pedagogici nello scautismo. Partendo da questa conversazione e da ulteriori riflessioni sul contesto organizzativo dello scautismo e su come le organizzazioni possano servire meglio la loro missione e i valori su cui sono state fondate, abbiamo intrapreso un dialogo scritto sulla nostra esperienza scout e sul suo impatto sul nostro sviluppo personale e professionale. In seguito abbiamo deciso di organizzare queste riflessioni in un libro.
(Immagine: “Everyone Waiting On Me” by ipressthis)
L’industria del tabacco però reagì con ogni mezzo per non perdere i crescenti profitti di quel mercato. Con la “Dichiarazione di Frank ai fumatori di sigarette”, le aziende statunitensi del tabacco negavano il legame con il cancro: “Crediamo che i prodotti che produciamo non siano dannosi per la salute”. “Non c’è alcuna prova che il fumo di sigaretta sia una delle cause”. Tuttavia, le aziende produttrici di tabacco sapevano già dalla metà degli anni ’50 che i loro prodotti erano collegati al cancro e creavano dipendenza. Ancora nel 1964 l’industria continuava a negare pubblicamente i danni delle sigarette. La posizione di Philip Morris nel 1964 era: “Non accettiamo l’idea che il tabacco contenga agenti nocivi”.
Quando all’inizio degli anni 2000 l’Organizzazione Mondiale della Salute (OMS) lanciò i negoziati per giungere all’accordo internazionale conosciuto come Convenzione Quadro sul Controllo del Tabacco (FCTC) l’industria transnazionale del tabacco fece di tutto per impedirne l’approvazione. Finalmente nel maggio del 2003 la FCTC fu approvata dall’Assemblea Mondiale della Sanità, grazie ad una vasta alleanza tra OMS e organizzazioni della società civile e molti paesi del Sud del mondo. La Convenzione entrò in vigore nel febbraio 2005 quando venne raggiunto il numero previsto di 40 ratifiche da parte degli Stati membri. A tutt’oggi gli Stati Uniti sono tra i pochissimi paesi che non hanno ratificato l’accordo.
La FCTC rimane per il momento l’unico esempio di accordo internazionale in applicazione degli articoli 19 e 20 della Costituzione dell’OMS.
Come è noto però presso l’OMS si sta negoziando un nuovo Trattato internazionale cui per il momento ci si riferisce come “Accordo Pandemico” e dovrebbe essere presentato in maggio alla prossima Assemblea mondiale della Sanità. Per essere approvato sarà necessaria una maggioranza qualificata di 2/3 dei voti dei 194 Stati membri. In seguito ad un eventuale approvazione anche quell’accordo potrà entrare in vigore solo una volta raggiunto un numero sufficiente di ratifiche e sarà vincolante solo per gli Stati che l’avranno ratificato (approvato dai rispettivi organi legislativi). Ha ragione dunque il Direttore generale dell’OMS, Tedros Ghebreiesus, quando dice che l’accordo pandemico non porterà ad alcuna cessione di sovranità all’OMS da parte degli Stati e che quella tesi è solo il frutto di una “litania di bugie e teorie cospirative”?
Si, ha ragione affermando che sono gli Stati che stanno negoziando e che dovranno approvare l’accordo; sono gli Stati che se vorranno lo ratificheranno. Ma, i giochi non sono ancora conclusi, e sono gli Stati che potrebbero ancora decidere di trasferire maggiori responsabilità all’OMS. Sotto la pressione di potenti lobby, infatti, molti Stati sembrano rispondere al desiderio di controllo globale del capitalismo neoliberale in nome della biosicurezza che, guarda caso, si assicurerebbe con la produzione di biotecnologie innovative (li chiamano prodotti pandemici). Quei prodotti che dovranno essere resi accessibili universalmente – in nome dell’equità – comprandoli a caro prezzo, a pagamento anticipato, e in quantità superiori alle quantità considerate necessarie (come abbiamo già visto durante la pandemia di Covid-19) da quelle stesse industrie che sugli Stati esercitano pressioni, ma nei contratti si assicurano l’immunità di fronte ad ogni possibile conseguenza della loro somministrazione. Poche parole invece, e per lo più di convenienza, sulla necessità di rafforzare i servizi sanitari, che grazie a quelle stesse forze del capitalismo neoliberale sono stati progressivamente definanziati e privatizzati a beneficio dei soliti noti, e la cui debolezza è stata una delle principali cause della elevata mortalità da Covid-19.
Quel che è certo è che non c’è un vuoto giuridico da colmare che giustifichi un nuovo trattato. Infatti, esistono i Regolamenti Sanitari Internazionali 2005 (RSI 2005), uno strumento vincolante al pari di un Trattato. Prima di impegnarsi in un nuovo strumento legale o nella modifica di quello esistente, che fornisca all’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) nuove o più ampie responsabilità e agli Stati membri nuovi obblighi, dovrebbe essere analizzata attraverso un’indagine internazionale e indipendente l’intera gestione della pandemia dell’OMS (2020-2023) che presenta molti lati oscuri, per non parlare di quella di altre istituzioni internazionali o sovranazionali, come quella della Commissione in nome e per conto dell’Unione Europea.
È altresì certo che, oltre ad essere inutile, un nuovo Trattato introdurrebbe ulteriori processi e burocrazia, come la Conferenza delle Parti, il Segretariato, i sottocomitati, le reti o partenariati, ecc. e i relativi costi e oneri per la/e istituzione/i internazionale/i che fungerebbero da Segretariato (il testo attuale fa riferimento solo all’OMS, in precedenti bozze si ipotizzava il coinvolgimento di altre agenzie delle Nazioni Unite, es. FAO e UNEP).
Ma tornando a Tedros, forse è lui che non dice come stanno davvero le cose. Facendo per lo più riferimento al solo Accordo pandemico, evita di menzionare il negoziato che ancor più segretamente va avanti in parallelo: quello riguardante gli emendamenti ai Regolamenti Sanitari Internazionali (RSI 2005) che potrebbero essere approvati in sordina dall’Assemblea Mondiale della Sanità (AMS), con una maggioranza semplice e possibilmente senza nemmeno ricorrere alla votazione se si giungesse a procedere per consenso, come à abituale nel sistema delle Nazioni Unite. Una volta approvati dall’AMS, quegli emendamenti diverrebbero vincolanti per tutti gli Stati Membri ad eccezione di quelli che formalmente li rigettino entro 10 mesi dall’approvazione. Anche qui tutto procede in estrema segretezza.
Come si può vedere, una bella differenza con il processo che 20 anni fa portò al varo dell’FCTC, l’accordo internazionale contro il tabacco e gli interessi di quell’industria. Questa volta invece di promuovere un ampio coinvolgimento della società civile, i negoziati si svolgono per lo più in segreto. I resoconti delle riunioni non riportano con precisione gli accordi raggiunti su ciascun articolo degli strumenti in discussione. È stato persino trovato un escamotage evitare di trasmettere ai governi il testo finale con l’anticipo di quattro mesi previsti dall’articolo 55 dei RSI 2005 (vigenti).
L’OMS un tempo affidabile e in alcune occasioni – come per esempio sotto la direzione di Hafdan Mahler – anche capace di contrastare le pressioni degli Stati membri più potenti, che da sempre ne hanno determinato le sorti, oggi cede non solo agli Stati più influenti, ma alle poderose forze del Mercato dai cui contributi in buona parte dipende ed è altrimenti catturata.
Dal multilateralismo che, con tutti i possibili difetti, consentiva un confronto tra governi più o meno rappresentativi dei loro popoli, siamo giunto alla sfrenata e costante riproposizione del multistakeholderismo, ovvero della legitimazione del coinvolgimneto nella governance globale delle società transnazionali, l’affermazione di quel capitalismo multistakeholder tanto caro al patron di Davos e del Foro Economico Mondiale.
Il rischio non è la cessione di sovranità alla OMS, ma la cessione dei diritti umani fondamentali al settore privato. Ecco perché si temono le voci libere. Ecco perché fin dall’inizio della pandemia di Covid-19 l’OMS ha collaborato con aziende di ricerca e media come Facebook, Google, Pinterest, Tencent, Twitter, TikTok, YouTube e altri per contrastare la diffusione di informazioni non allineate.
Dichiarazione universale dei diritti umani – Articolo 19
Ogni individuo ha diritto alla libertà di opinione e di espressione incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere.
Ora sul portale del bilancio della OMS i dati sono stati aggiornati al dicembre 2023, ed è quindi possibile avere un’idea complessiva del bilancio consuntivo del biennio (2022-2023) che dovrà essere approvato dall’Assemblea Mondiale a maggio. Però non tornerò sull’analisi dei contributi obbligatori e volontari e il peso dei contribuenti pubblici e privati, perché in sostanza i dati dell’ultimo mese non hanno modificato la situazione. Mi ero ripromesso invece di analizzare più da vicino come vengono utilizzati i fondi dell’OMS, in particolare la rilevanza delle destinazione rispetto al panorama epidemiologico globale e quello che viene definito “carico globale di malattia”, ovvero le principali cause di malattia e mortalità nel mondo. Questo è l’obbiettivo di questo nuovo scritto.
Considerando che i bienni 2020-2021 e 2022-2023 sono stati fortemente condizionati dall’evento eccezionale della pandemia Covid-19 e che la struttura del bilancio dell’OMS è stata modificata (nel 2020) non consentendo un’agile collegamento tra uso dei fondi e condizioni patologiche, credo sia conveniente dedicare maggiore attenzione al biennio immediatamente precedente e quindi dai dati di morbosità e mortalità disponibili nel 2019 e alla destinazione dei fondi OMS nel biennio corrispondente. Per i primi mi affido studio sul “carico globale di malattia” che conduce da diversi anni una rete internazionale di ricercatori che collabora con il canadese Institute of Health Metrics and Evaluation(IHME). Riproduco qui sotto il grafico costruito sulla base di quelle informazioni e pubblicato da Our World in Data.
A livello mondiale il 74% delle cause di morte sono dovute a malattie croniche non trasmissibili, il 14% a malattie infettive, appena più del 4% a mortalità neonatale e materna, nonché alla denutrizione, e il restante 7,4 % a morti violente (Fig.1).
Fig. 1 – Cause di morte a livello globale nel 2019 (Fonte: Our World in Data e IHME)
Ora vediamo (Fig. 2) come in quello stesso periodo (biennio 2018-2019) vennero utilizzati i fondi dell’OMS (la fascia in grigio rappresenta la differenza tra il bilancio preventivo e quello consuntivo). Come possiamo notare, alle malattie prima causa di morte “Non communicable diseases” veniva destinata la parte minore dei fondi (5%) (escludendo i due programmi speciali – 2,3% – per la ricerca sulle malatttie tropicali e la ricerca in salute riproduttiva). Alle malattie infettive il 15,5% dei fondi, addirittura superando l’ammontare preventivato e senza contare un altro 18,6% dei fondi spesi destinati alla campagna di eradicazione della polio (finanziata in maggior parte dalla Fondazione Gates). Una corretta attenzione alla salute suggerirebbe anche di investire di più nella promozione della salute e nel funzionamento dei sistemi sanitari, cui invece venivano destinati rispettivamente il 5,5% e il 10,6% dei fondi spesi, oltre a un 33% dedicato alle emergenze e in generale ai piani di risposta umanitaria, per lo più rivolti a rischi epidemici.
Fig. 2 – Uso dei fondi OMS per temi programmatici, bilancio 2018-2019 (Fonte: OMS)
Se poi consideriamo che nella voce genericamente indicata come malattie non trasmissibili, sono compresi tra gli altri temi legati alla nutrizione e alla sicurezza alimentare, nonché le cause di morte violenta (Fig. 3) la ridotta attenzione verso questa componente del bilancio diventa davvero preoccupante.
Fig. 3 – Distribuzione percentuale delle risorse destinate dall’OMS al capitolo di bilancio “malattie non trasmissibili”, bilancio 2018-2019 (Fonte: OMS)
Viene spontaneo chiedersi quali siano le ragioni di questa disattenzione. Visto che sono soprattutto i contributi volontari (pubblici e privati) a definire le priorità di spesa e che, come abbiamo visto la spesa non segue i bisogni (anche se espressi in modo piuttosto semplicistico in base alla principali cause di morte) è lecito ipotizzare che altre siano le ragioni che spingono i contribuenti a privilegiare malattie infettive e emergenze. Da tempo si osserva la cosiddetta “securitization” della salute globale, ovvero la tendenza ad orientare le politiche sanitarie alla sicurezza sanitaria globale, intesa principalmente come controllo del rischio da agenti biologici (diffusi per cause naturali, accidentali o come parte dello sviluppo di armi biologiche). Questo approccio promuove soluzioni biomediche (vaccini e farmaci) mentre trascura il carico globale di malattie e i determinanti politici, economici, sociali e ambientali della crisi sanitaria globale. L’approccio biomedico e riduzionista è preferito dai grandi influencer della salute globale e maggiori contribuenti dell’OMS, in primis la Gates Foundation, che oltre ad essere convinti della soluzione tecnologica per ogni problema sanitario, hanno investito in biotecnologie e vogliono inconfessabili ritorni da quel settore.
Qualcuno potrebbe obiettare che gli interessi di BigPharma sono enormi anche nei trattamenti per le malattie non trasmissibili – non certo nella prevenzione primaria – un mercato globale in rapidissima e preoccupante crescita che la società del consumo e dell’inquinamento sostiene, e che l’industria farmaceutica ha tutto l’interesse a coltivare con farmaci da assumere anche da sani, il più a lungo possibile e possibilmente per tutta la vita. Dunque, se l’OMS prevede un aumento dei casi di cancro di un pauroso 77% entro il 2050, altri annunciano “vaccini” anche contro il cancro che, a parte quelli sviluppati contro agenti infettivi associati a neoplasie, vaccini non sono, ma – come i prodotti biologici usati contro il Covi19 – terapie geniche.
La prevenzione delle malattie croniche implica invece cambiamenti radicali concernenti i citati determinanti: controllo del sistema alimentare, riduzione delle industrie inquinanti, riduzione dei consumi. Temi che è meglio non toccare se non si vuole disturbare il manovratore, ovvero le grandi lobby alimentari, dell’agrobusiness, della chimica, molte della quali, guarda caso vedono tra il loro grandi azionisti quegli stessi influencer.
Meglio allora dedicare tutta l’attenzione a piani pandemici, magari coinvolgendo nei negoziati Big Pharma, l’industria del digitale e della comunicazione, e diversi altri attori del business transnazionale, secondo la pervasiva visione di un futuro prossimo capitalismo multistakeholder purché non si tocchino la proprietà intellettuale e i profitti certi delle imprese transnazionali e dei fondi di investimento che le controllano.